Skip to content

trump dollaro

I mercati festeggeranno ancora Trump?

Le prime reazioni di borse e mercati all'elezione di Trump. Il commento di Massimo De Palma, Head of Multi Asset Team di Gam (Italia) sgr

La netta vittoria di Trump, priva di suspense, amplifica le reazioni di mercato: azionario, bitcoin, dollaro, settore bancario, small cap e Tesla registrano consistenti rialzi, mentre i tassi di interesse subiscono forti pressioni.

Il risultato elettorale conferisce al nuovo governo degli Stati Uniti un chiaro mandato, sebbene non sia ancora certo se i Repubblicani abbiano conquistato la maggioranza alla Camera come al Senato. Restano al momento sedici seggi da assegnare, e ne mancano quattro per garantire il quorum. I sondaggi non avevano previsto il voto popolare a favore di Trump, il cui secondo mandato potrebbe generare incertezze sia sull’evoluzione della globalizzazione sia in ambito geopolitico. È probabile un mix di protezionismo e deregolamentazione, che andrebbe a impattare il commercio internazionale a favore delle imprese domestiche.

L’introduzione di nuovi dazi inciderebbe soprattutto su Cina, Messico e Unione Europea, con Germania e Italia particolarmente colpite. Tuttavia, ciò che viene dichiarato in campagna elettorale può differire dalle decisioni prese una volta al potere, lasciando spazio a possibili negoziazioni commerciali. Trump ha inoltre promesso riduzioni fiscali per le società, deregolamentazione in settori come energia, banche e difesa, oltre a stimoli fiscali e misure per contenere l’immigrazione. Il programma così come descritto potrebbe essere inflazionistico; inoltre, ulteriori stimoli fiscali in un’economia già solida appaiono controproducenti. Una politica di bilancio non accorta, con un deficit in forte crescita e debito eccessivo, determinerebbe l’aumento dei tassi e renderebbe complicato il finanziamento per il Tesoro. Tali fattori potrebbero limitare i provvedimenti più radicali di Trump.

Rispetto alla sua prima vittoria del 2016, il contesto attuale è molto diverso. All’insediamento, lo Standard & Poor’s proveniva da un anno con guadagni del 9,5%, dopo aver chiuso il 2015 in negativo, e l’indice era scambiato 17 volte gli utili attesi. Il rendimento dei Treasury a 10 anni era al 2,5%, e i Fed funds allo 0,75%.

Oggi, l’azionario ha raggiunto massimi storici con valutazioni elevate, il P/E è a 23, il decennale rende il 4,3% e i Fed funds sono al 4,5%. L’amministrazione repubblicana sarà favorevole al mercato azionario, ma una parte del movimento è già avvenuto. È probabile una maggiore dispersione delle performance a livello settoriale: i finanziari beneficeranno della deregulation e di tassi più elevati, la tecnologia manterrà una tendenza positiva, e l’energia tradizionale riceverà sostegno grazie a sgravi fiscali e semplificazioni burocratiche. Restano incertezze sulle rinnovabili per le molteplici dichiarazioni in campagna elettorale. Saranno da valutare però le azioni concrete a gennaio dopo l’insediamento.

La prevista riduzione delle aliquote fiscali dal 21% al 15% sarà vantaggiosa per le imprese manifatturiere operanti negli Stati Uniti, con un impatto positivo soprattutto per le società di piccole dimensioni. Tuttavia, una recrudescenza inflattiva legata ai dazi potrebbe spingere la Fed a mantenere una politica restrittiva, penalizzando le aziende a bassa capitalizzazione che dipendono dal debito a tasso variabile. Quindi, viste le valutazioni più a buon mercato, continuiamo a vedere con favore le small cap ma seguiamo con attenzione l’evoluzione.

Come dicevamo, in una prima fase, si prevede positività per l’azionario; successivamente, saranno da valutare gli effetti delle decisioni di Trump. Se la politica tariffaria e le misure sull’immigrazione risultassero drastiche, si verificherebbe una pressione inflattiva, che porterebbe ad un rallentamento economico con il rischio di stagflazione. Al momento, però, questo scenario è prematuro e resta centrale il quadro attuale.

Il rialzo del dollaro post-elezione riflette l’aspettativa di politiche fiscali espansive che andrebbero a sostenere la crescita economica e ridurre la necessità di ulteriori tagli dei tassi da parte della Fed. Inoltre, l’orientamento protezionistico dell’amministrazione supporterebbe il dollaro limitando le importazioni e favorendo la domanda interna. La nostra posizione di sovrappeso sul biglietto verde si conferma valida, fungendo anche da copertura contro i rischi geopolitici. Attenzione al livello delicato di 1,05 da cui l’euro ha rimbalzato due volte nel 2023.

Osserviamo dove si sono verificate le più intense reazioni di mercato dopo la netta elezione di Trump. L’euforia ha innanzitutto riguardato il Bitcoin che ha superato per la prima volta gli 80mila dollari, grazie alle prospettive di un Congresso con legislatori favorevoli al successo e allo sviluppo delle criptovalute. Durante la campagna elettorale Trump ha promesso di rendere gli Stati Uniti leader dell’industria degli asset digitali, inclusa l’istituzione di una riserva strategica di Bitcoin.

E l’altra è Tesla. Il forte sostegno di Elon Musk alla campagna elettorale è stato premiato in termini di capitalizzazione, con un’impennata delle azioni di quasi il 29% la scorsa settimana. Gli investitori confidano in un’evoluzione positiva per la casa automobilistica sotto l’amministrazione Trump, rafforzata dall’elogio a Musk nel discorso di vittoria, dove il Presidente gli ha dedicato quasi quattro minuti, definendolo un “super genio.” Inoltre, Trump ha proposto Musk per il ruolo di Segretario per il taglio dei costi di spesa federale.

Nella riunione del 6-7 novembre, la Fed ha tagliato i tassi di 25 punti base, spostando il focus più sull’occupazione che sulla stabilità dei prezzi. Il FOMC ha votato all’unanimità per portare i Fed funds nel range di 4,50-4,75%. Un ulteriore taglio è previsto a dicembre. Powell ha ribadito che le elezioni non influenzeranno nel breve termine le scelte monetarie, anche se le politiche fiscali espansive di Trump potrebbero riflettersi nel prossimo dot plot. A fine 2025, si prevede che i tassi scendano al 3,5%. La Fed resta cauta sulle prospettive future e continuerà a monitorare inflazione e mercato del lavoro prima di ulteriori decisioni. Infine, alla domanda se si dimetterebbe su richiesta di Trump, Powell ha risposto con un secco no.

 

 

Torna su