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Aiuti

Gualtieri sta già spendendo i miliardi del Recovery Fund che verrà?

L'articolo di Tino Oldani per ItaliaOggi

 

Abbiamo le risorse per ripartire», assicura il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Lo ha detto in tv domenica pomeriggio, intervistato da Lucia Annunziata, con il tono felpato di vuole sembrare rassicurante ad ogni costo, anche se sta annunciando il prossimo lockdown, con l’inevitabile caduta dell’economia rispetto alla ripresa estiva: «Persino se nel quarto trimestre ci fosse un calo del 4%, comunque non dovremmo cambiare la previsione del pil, perché calerebbe al 9%». Insomma, per lui il bicchiere è mezzo pieno, le risorse per ripartire ci sono. Ma quali risorse?

Finora la spesa pubblica veniva coperta per metà con le tasse e per l’altra metà con l’emissione di titoli di Stato, Bot e Btp in testa, capitolo in cui la Bce sta dando una grossa mano all’Italia. Ma quest’anno, a causa del lockdown di primavera e della crisi economica causata dalla pandemia, le entrate fiscali subiranno un calo notevole. Per contro, la spesa pubblica è fortemente aumentata, così come è aumentato il deficit pubblico in rapporto al pil, balzato dal 130 al 150%, con proiezioni future fino al 160%. E benché la Commissione Ue abbia sospeso il patto di stabilità, che impone il rispetto dei famosi paletti di Maastricht (3% per il deficit-pil e 60% per il debito-pil), e sebbene la durata di questa sospensione non sia mai stata fissata, è un fatto che le cosiddette «raccomandazioni paese», impartite da Bruxelles ogni anno, impongono ai paesi più indebitati, come lo è l’Italia, di non esagerare con la spesa pubblica, anzi di prepararsi al rientro dal debito appena la pandemia sarà finita, tra due o tre anni.

Piaccia o meno, questo criterio (aiuti solo in cambio di riduzione del debito) è basilare anche per la concessione dei prestiti del Recovery Fund. All’Italia, come è noto, sono stati assegnati aiuti per un totale di 209 miliardi di euro, di cui 127,4 miliardi come prestiti, e altri 81,4 miliardi a fondo perduto. Risorse soltanto teoriche, in quanto il Recovery Fund non è stato ancora approvato dal Parlamento europeo, né dai parlamenti dei 27 paesi Ue.

Eppure, anche se pochi se ne sono accorti, il ministro Gualtieri li sta già spendendo questi miliardi, impegnandoli sul bilancio dello Stato dei prossimi due anni con un artificio contabile svelato dall’economista Gustavo Piga in un’intervista a La Verità a commento della Nadef, la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, che il ministero dell’Economia ha inviato al parlamento.

«Nella Nadef emerge che i prestiti del Recovery Fund, non quelli a fondo perduto ma gli altri a tassi molto bassi, non saranno utilizzati per quello che ci aspetteremmo, e che servirebbe al paese, cioè gli investimenti», sostiene Piga. «Serviranno invece a finanziare le spese già previste che, in assenza degli aiuti europei, sarebbero state coperte da debito pubblico interno. C’è un effetto di sostituzione, come si dice in modo tecnico, cioè i soldi europei vengono utilizzati al posto di quelli del bilancio italiano; ma così l’effetto per l’economia è pari a zero. Tranne il piccolo risparmio per i minori interessi«.

In buona sostanza, i 127,4 miliardi di prestiti del Recovery Fund saranno utilizzati dal governo italiano nei prossimi anni per coprire alcune spese correnti del bilancio statale senza fare ricorso a Bot e Btp, con l’obiettivo di non aggravare il deficit, bensì di ridurlo, come impongono le condizionalità di Bruxelles, alla faccia della sospensione del patto di stabilità. E se la riduzione non sarà giudicata sufficiente dagli euroburocrati, il governo Conte-Gualtieri dovrà provvedere con aumenti di tasse, patrimoniale compresa. A conti fatti, gli aiuti europei all’Italia per gli investimenti sono costituiti soltanto dagli 81,4 miliardi a fondo perduto. Fondi che, se approvati insieme al bilancio Ue 2021-27, potranno arrivare diluiti nel corso degli anni, vincolati a un piano giudicato credibile e sostenibile da Bruxelles. Piano tuttora inesistente, che dovrebbe nascere dalla sintesi degli oltre 600 progetti elaborati dai ministeri e consegnati al ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola: un’impresa avvolta dal mistero.

Si profila poi un brutto rischio: l’allungamento dei tempi di approvazione del Recovery Fund, sommato all’aggravarsi della pandemia in tutta l’Ue, sta spingendo alcuni paesi a rivedere l’accordo di luglio sulla distribuzione dei fondi, che allora privilegiò Italia e Spagna, per consentire maggiori benefici anche ad altri paesi. Non solo. Secondo El Pais, la Spagna, viste le condizionalità, ha annunciato che non chiederà i prestiti del Recovery Fund (70 miliardi), ma soltanto i 72,7 miliardi a fondo perduto; altri paesi (Portogallo e Francia) pensano di fare altrettanto. Con il rischio che l’intero dossier degli aiuti europei possa essere rimodulato in base alle crescenti spese sanitarie per fare fronte alla pandemia.

Tema, quest’ultimo, diventato centrale nel corso del breve Consiglio europeo, informale e straordinario, tenutosi per via telematica la sera del 28 ottobre, con il varo di un piano in otto punti, che prevede 700 milioni di vaccinazioni in Europa, oltre alla messa in funzione di tutti gli strumenti finanziari già disponibili nell’Ue, a cominciare dal Mes sanitario. Per il governo Conte-Gualtieri un campanello d’allarme politico piuttosto serio, probabilmente mirato, viste le divisioni interne al governo giallorosso proprio sul ricorso al Mes.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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