Primi rivolgimenti nel top management del gruppo Tim dopo l’uscita di scena di Luigi Gubitosi, che si è dimesso nei giorni scorsi da amministratore delegato e direttore generale (è stato nominato Pietro Labriola come nuovo capo azienda).
È uscito dal gruppo Tim anche uno dei manager più vicini a Gubitosi.
Infatti Luciano Sale lascerà in via consensuale il proprio incarico di direttore Human Resources, Organization&Real Estate a far data da oggi. L’interim della direzione viene affidato a Giovanna Bellezza, attuale responsabile Human Resources, Business Partner & Labour Cost Planning di Tim.
A Luciano Sale, si legge in una nota di Tim, “va il ringraziamento per il significativo contributo manageriale assicurato in questi anni all’interno del gruppo e per i risultati raggiunti, cui si associa l’augurio per le prossime sfide professionali”.
Al manager (che risulta titolare di 245.146 azioni ordinarie Tim), si legge, sarà riconosciuto un trattamento di severance conforme con la politica di remunerazione approvata dall’Assemblea del 31 marzo 2021; l’assegnazione si qualifica pertanto come operazione con parte correlata esclusa, ai sensi dell’apposito Regolamento Consob.
ECCO IL CURRICULUM DI GIOVANNA BELLEZZA
DATI PERSONALI
Giovanna Bellezza
Nata a Crotone (KR) il 26 agosto 1968; coniugata
OCCUPAZIONE ATTUALE
Da agosto 2021: Responsabile Gestione del Personale Costo del Lavoro e Pianificazione del gruppo Tim
Da agosto 2018: Responsabile Relazioni Industriali di TIM S.p.A. e delle aziende del Gruppo TIM.
Il ruolo prevede la gestione dei rapporti informativi/partecipativi e negoziali con le Organizzazioni Sindacali di livello nazionale e territoriale, la rappresentanza del Gruppo TIM presso le associazioni di categoria (Confindustria, ASSTEL), la gestione applicativa delle norme che regolano il rapporto di lavoro e la previdenza, il contenzioso del lavoro, la sicurezza sul lavoro nonché la tutela della salute e dell’ambiente (Servizio di Prevenzione e Protezione).
Consigliere di Amministrazione in ASSIDA (associazione sanitaria per i dirigenti del Gruppo TIM) e in ASSILT (associazione sanitaria per i dipendenti del Gruppo TIM)
Consigliere di amministrazione della Società TIM Retail s.r.l.,
ESPERIENZE PROFESSIONALI
Da Novembre 2014 Responsabile Relazioni Sindacali del Gruppo TIM
Da Gennaio 2009 Responsabile Gestione Risorse Umane della funzione OPEN ACCESS di Telecom Italia.
Da Novembre 2007 Responsabile Gestione Sales e Customer Operation di Telecom Italia.
Da Maggio 2006 Responsabile Risorse Umane dell’Azienda TELECONTACT CENTER S.p.A. (circa 2600 dipendenti).
Da Marzo 2004 Responsabile Risorse Umane Italia centrale, presso TIM.
Da aprile 2001 Professional di Selezione e Gestione Risorse Umane presso TIM. 1999/2000 Professional di Sviluppo delle Risorse Umane presso TIM.
1994/1998 Professional di Relazioni Sindacali e Inquadramento presso Telecom Italia 1991/1992 Pratica legale presso uno studio professionale
TITOLI E STUDI
2018 Abilitazione al ruolo di consigliere di amministrazione dei Fondi Bilaterali di Previdenza Complementare (MEFOP: corso professionalizzante sulla Previdenza Complementare).
1994 Titolo di Procuratore Legale e iscrizione all’albo professionale
1992/1993 Master in Business Administration presso ISTAO (Istituto Adriano Olivetti) 1991 Laurea in Giurisprudenza, Università “La Sapienza” di Roma, votazione 110/110 e lode.
1986 Diploma di maturità scientifica, votazione 60/60
LINGUE STRANIERE
Inglese Upper Intermediate
Spagnolo Scolastico
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CHE COSA PENSA GIOVANNA BELLEZZA DELLO SMART WORKING
(estratto di un articolo tratto da I nuovi lavori; qui la versione integrale)
Con la dott.ssa Giovanna Bellezza, proviamo ad affrontare alcune di queste, senza aver la presunzione di individuare risposte risolutive ma anzi con l’obbiettivo di dare al dibattito in corso un orientamento più operativo, anche se problematico e senz’altro non declamatorio.
Secondo lei, in un’azienda altamente digitalizzata come TIM, quale potrebbe essere la percentuale, a regime, di lavoratori e lavoratrici che potrebbero lavorare stabilmente in modalità smart-working?
Prevediamo che a regime circa l’80% delle nostre persone lavorerà in modalità agile. Durante il periodo dell’emergenza legata al Covid il numero di lavoratori abilitati a operare da remoto è passato da 21.000 a 36.000 nel Gruppo TIM e la percentuale rimarrà sostanzialmente stabile in futuro.
Esiste una differenza tra le attività di staff e quelle di line che possono essere coinvolte nello smart-working? E se sì, quali sono le caratteristiche che le contraddistinguono?
Più che tra staff e line la distinzione è tra chi può realmente organizzarsi sulla base di obiettivi assegnati individualmente e chi gestisce attività legate a turni di presidio del servizio.
Per rispettare questa differenza, negli accordi sindacali che abbiamo sottoscritto lo scorso 4 agosto abbiamo individuato per il periodo a regime, alla fine dello stato di emergenza, due diverse percentuali di ricorso al lavoro agile nell’ambito dei nuovi modelli organizzativi di alternanza lavoro in sede e in agile.
Una percentuale del 50% riferita ad un “modello settimanale” (settimane alternate tra sede e agile a livello almeno mensile) per le attività operative che non hanno autonomia nella gestione dell’orario di presidio del servizio e nella pianificazione delle giornate di lavoro agile, ad esempio i Call center
Una percentuale del 40% riferita ad un “modello giornaliero” (2 giorni lavoro agile e 3 in sede a livello settimanale) per attività che possono essere svolte in autonomia lavorando per obiettivi e con flessibilità d’orario.
Quale modello di smart-working pensa possa prevalere? Esclusiva prestazione da remoto? Oppure modalità di richiamo periodico in ufficio? In questo secondo caso per quali attività da svolgere in azienda?
Ogni azienda, in base al proprio business e alla propria cultura, dovrebbe trovare il suo punto di equilibrio nell’alternanza tra giornate di lavoro svolto in sede, e quindi di condivisione e socialità, e giornate da remoto.
Provi ad individuare, in modo molto schematico, quali possono essere i tre maggiori vantaggi e i tre maggiori svantaggi dello smart-working per l’Azienda
Fra i vantaggi citerei: flessibilità dei processi, sviluppo delle competenze digitali, rafforzamento del rapporto fiduciario e della collaborazione, bilanciamento vita-lavoro.
Fra gli elementi su cui bisognerà concentrarsi maggiormente, direi senz’altro la gestione della disconnessione da un lato e dell’inclusione dall’altro, quest’ultimo aspetto anche con riferimento al genere e alla tutela dei lavoratori più fragili.
Credo che sia necessario individuare il giusto equilibrio per affrontare un nuovo modo di lavorare a regime. Per questo abbiamo iniziato a lavorare sul tema del diritto alla disconnessione e alla prevenzione di forme di isolamento professionale, dando particolare risalto alle questioni di genere e a coloro che affrontano situazioni di difficoltà familiare. Stiamo infatti promuovendo buone pratiche di gestione dei team che prevedono periodici momenti di interazione fra coordinatori e colleghi e grande attenzione all’inclusione per mantenere attivo l’importante aspetto relazionale anche da remoto.
Come si è proceduto ad individuare le professionalità da coinvolgere in questa nuova modalità di prestazione? Si è privilegiato il contenuto della prestazione o la misurabilità dei risultati?
Sin dalla prima sperimentazione, nel 2016, ci siamo focalizzati sul contenuto professionale della prestazione, privilegiando gli aspetti di carattere qualitativo e il livello di autonomia dei ruoli. Ampliando la platea delle figure autorizzate al lavoro agile abbiamo condiviso con le organizzazioni sindacali le misure progressive e le tutele necessarie per far fronte a tali esigenze anche su mestieri più operativi.
Poiché con lo smart-working cambiano profondamente anche i contenuti delle mansioni individuali, avete previsto specifici percorsi formativi sia per gli addetti coinvolti sia per le funzioni HR interessate?
Gli accordi sindacali del 4 agosto hanno previsto due percorsi distinti rivolti a:
responsabili e coordinatori – le iniziative formative sono focalizzate sul potenziamento delle soft skill e si propongono di accelerare il cambiamento culturale richiesto dal nuovo modello;
altro personale coinvolto nel lavoro agile – gli interventi sono finalizzati a semplificare l’accesso ad un nuovo modo di lavorare e di interagire, che è fatto non solo di nuovi software di produttività personale e di collaborazione, ma anche di nuove regole e di nuovi modi di relazionarsi.
Trasversalmente ai due percorsi si inserisce il progetto «Nessuno escluso», che si propone di supportare attivamente le persone più fragili con iniziative di affiancamento nella gestione degli adempimenti pratici e nell’uso delle nuove tecnologie.
È luogo comune che la produttività durante lo smart-working sia aumentata. È una evidenza empirica? oppure sostenuta da verifiche puntuali, riferite a indicatori (KPI) specificatamente individuati?
A partire dal 2016 abbiamo monitorato la produttività seguendo l’andamento del tasso di assenteismo, che in effetti si è ridotto progressivamente nel corso degli anni per chi lavora in modalità agile.
Nelle diverse survey fatte in questi anni i responsabili si sono sempre dichiarati soddisfatti del livello di produttività espresso dalle persone nelle giornate di lavoro da remoto e complessivamente hanno apprezzato il miglioramento del clima interno e la maggiore soddisfazione delle persone. Questi fattori, pur non essendo tecnicamente misurabili, incidono certamente sulla produttività complessiva dell’azienda.
Nel passaggio allo smart-working cosa viene modificato nella modalità della prestazione lavorativa? Quali sono gli aspetti della prestazione tradizionale che assumono minor importanza? (orari, ritmi, interazione con i colleghi etc etc).
L’elemento fiduciario e l’autonomia nel raggiungimento degli obiettivi acquistano un rilievo fondamentale, riconosciuto anche dalla legge, riducendo l’importanza dell’orario di inizio/fine giornata, o della quantità “prodotta” nel breve periodo. La flessibilità insita nel modello di lavoro comporta la possibilità di articolare più liberamente i momenti di lavoro e di pausa o magari di concentrare in alcuni orari le fasi di studio e in altri quelle di operatività.
Quali sono i diversi impatti di questa nuova prestazione lavorativa tra lavoratori e lavoratrici relativamente alle diverse esigenze di conciliazione tra vita e lavoro?
Non tutti amano lavorare da remoto ma ci sono casi in cui il lavoro svolto sempre in sede può compromettere la qualità della vita privata. Penso soprattutto ai pendolari, che hanno lunghe percorrenze giornaliere da fare. Non vedo invece differenze tra uomini e donne. Anche nell’esperienza TIM la richiesta di lavorare in modalità agile è equamente distribuita e non si concentra sulle donne come molti sono portati a pensare.
(estratto di un articolo tratto da I nuovi lavori; qui la versione integrale)