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Vincitori e vinti del nuovo commercio “tra amici”

Le preoccupazioni geopolitiche si riversano sul commercio internazionale e hanno portato all'emersione del “friendshoring”, ossia l'intensificazione degli scambi con i paesi amici e il distacco dai nemici. L'analisi di Roy Adkins di T. Rowe Price.

Le preoccupazioni geopolitiche continuano a riconfigurare i modelli commerciali globali. Tali cambiamenti genereranno vincitori e vinti, con chiare implicazioni per i portafogli. L’analisi di T. Rowe Price sui dati raccolti da McKinsey & Company rivela che, negli ultimi anni, l’intensità degli scambi è rimasta pressoché invariata. Tutto questo indica che sussistono scarse prove per cui i Paesi preferiscono produrre in patria ciò che prima si procacciavano all’estero e che, anzi, la distanza geografica tra i partner commerciali ha continuato a crescere. Tuttavia, l’aspetto cruciale è che, dalla nostra analisi, si evince che la distanza geopolitica tra i partner commerciali sta diminuendo, suggerendo che si sta verificando un “friendshoring”, ossia più attività commerciali con i paesi amici e meno con i nemici percepiti.

I “vuoti” geopolitici creano opportunità per i Paesi amici

Quali sono le aspettative di sviluppo di queste tendenze nei prossimi anni? Un modo per rispondere a questa domanda è la cosiddetta “analisi dei gap”, che cerca di individuare i divari tra ciò che i Paesi importano e ciò che i loro amici esportano, identificando le possibili variazioni future nei modelli commerciali. Mappando i flussi commerciali tra i Paesi e sovrapponendoli al concetto di distanza geopolitica, possiamo vedere quali Paesi ottengono ciò di cui hanno bisogno dai Paesi amici, piuttosto che da altri.

In generale, gli USA e paesi amici presentano un gap geopolitico nei metalli di base, mentre la Cina e i Paesi allineati hanno un gap nella proprietà intellettuale e nei servizi professionali. Ciò suggerisce che il commercio in questi settori potrebbe essere a rischio il che, a sua volta, potrebbe significare che gli Stati Uniti e i loro amici potrebbero dover accettare di avere meno metalli di base, mentre la Cina potrebbe doversi accontentare di meno proprietà intellettuale e servizi professionali.

Laddove ci fossero deficit che possono essere colmati da paesi amici, potrebbero insorgere delle opportunità. Ad esempio, il deficit dell’Occidente nel settore dell’elettronica potrebbe essere ripianato, almeno in parte, dalle esportazioni di partner amici. Allo stesso modo, il deficit della Cina nella produzione alimentare potrebbe essere parzialmente colmato dai suoi alleati. In questi casi, i Paesi amici potrebbero guadagnare quote sui mercati chiave.

Un’altra considerazione importante riguarda i flussi di investimenti diretti esteri (IDE). Uno dei maggiori sviluppi dopo la pandemia è stato il cambiamento dei modelli d’investimento greenfield, in cui una capogruppo costituisce una filiale in un Paese straniero e avvia le operazioni da zero. Dopo la pandemia, gli IDE greenfield sono crollati in Cina e Russia, ma sono cresciuti in Africa, Europa, Asia sviluppata e India. Ciò è coerente con la tendenza degli Stati Uniti e dei Paesi europei a commerciare di più con gli amici e meno con i nemici percepiti.

Tra i favoriti, l’Europa orientale e l’India

Inevitabilmente, tali cambiamenti produrranno vincitori e vinti sia a livello di singolo Paese sia di settore. A livello di paese, i vincitori saranno probabilmente i Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO), che beneficeranno dell’aumento dei flussi di IDE dai Paesi europei vicini e dalla Cina. Dalle indicazioni si evince che le imprese europee continueranno a spostare la loro produzione e le loro catene di valore in aree europee a più basso costo, soprattutto nei PECO e nei Balcani. Allo stesso tempo, le imprese cinesi hanno incrementato i loro investimenti nella regione nel tentativo di avvicinare la produzione di veicoli elettrici al mercato finale dell’Europa sviluppata. Tra il 2022 e il 2023, i produttori cinesi di batterie e componenti hanno annunciato investimenti per oltre 10 miliardi di euro solo negli stabilimenti ungheresi, e anche la Serbia è stata uno dei principali beneficiari.

La posizione geopolitica dell’India tra gli USA e la Cina, unitamente alla sua vicinanza ai mercati asiatici e al basso costo della manodopera, la rendono una destinazione attraente per i nuovi IDE e per la produzione riorientata dalla Cina.

L’impegno del governo indiano per gli investimenti infrastrutturali ha migliorato la crescita e mantenuto bassa l’inflazione, aumentando la fiducia degli investitori nella stabilità macroeconomica dell’India. Dalla pandemia, le multinazionali stanno trasferendo qui le loro attività di middle e back-office a causa dell’incremento dei costi del lavoro altrove, e ci aspettiamo che questa tendenza prosegua, facendo migliorare le partite correnti indiane nel lungo periodo.

Il Vietnam e altri Paesi dell’ASEAN stanno iniziando a esportare più computer portatili e telefoni cellulari verso gli USA, in quanto i produttori cercano di ridurre l’esposizione alla Cina. Finora si è trattato di un fenomeno in gran parte simbolico, in quanto la produzione delocalizzata nella regione è stata minima: gli USA stanno probabilmente importando più beni prodotti in Cina, ma dirottati in altri Paesi. Tuttavia, poiché le tensioni commerciali tra USA e Cina non accennano a diminuire, è possibile che gli USA investiranno maggiormente in capacità produttive nei paesi ASEAN, probabilmente a spese della Cina.

Nel complesso, la Cina sembra destinata a diventare uno dei maggiori Paesi sconfitti a seguito del cambiamento dei modelli commerciali. Infatti, sia i mutamenti nel panorama competitivo in Asia sia la tendenza globale al friendshoring stanno allontanando gli investimenti dal Paese. La Cina ha perso il suo vantaggio in termini di costi, considerato che il costo unitario del lavoro è più che raddoppiato, raggiungendo o superando quello di molti altri Paesi della regione, tra cui Corea del Sud, Taiwan e Thailandia.

Un’altra sconfitta sarà probabilmente la Russia. Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’impellente necessità dell’Europa di diversificare le proprie forniture energetiche ha generato un calo dell’80% degli scambi commerciali con l’Unione Europea. Non c’è alcuna prospettiva che l’Europa torni ad approvvigionarsi di petrolio e gas russi, e tutto questo costringerà la Russia a dirottare le sue esportazioni energetiche verso partner geopolitici più vicini, come la Cina e l’India.

Settori: vincitori e vinti del friendshoring

A livello settoriale, i produttori statunitensi di componenti originali per auto potrebbero essere tra i beneficiari di un quadro commerciale globale sempre più biforcato. Gli esportatori statunitensi di energia potrebbero trarre vantaggio dalla continua attenzione alla sicurezza energetica, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il conseguente riorientamento dei flussi commerciali.

Anche i prodotti farmaceutici e altri settori legati al comparto medico potrebbero beneficiare dei cambiamenti nei commerci globali. La maggior parte dei nuovi farmaci viene sviluppata negli Stati Uniti, in Europa occidentale e in Giappone. La Cina non è mai stata un importante centro di ricerca farmaceutica, ma potrebbe diventarlo, dato che sta investendo molto nelle industrie nazionali delle scienze della vita. Anche le aziende biofarmaceutiche statunitensi ed europee hanno iniziato ad aumentare la loro presenza in Cina per la ricerca e lo sviluppo e a concedere in licenza i farmaci scoperti in Cina.

I produttori europei di auto, in particolare quelli tedeschi, potrebbero essere tra i perdenti della spinta verso una maggiore vicinanza geopolitica tra i partner commerciali.

Appaiono a rischio anche i titoli industriali europei, che hanno un’esposizione relativamente maggiore alla Cina rispetto alle controparti statunitensi. Molte società gestiscono joint-venture in Cina, che potrebbero essere minacciate se le tensioni si intensificassero al punto da considerare politicamente inaccettabile detenere attività in Cina. Abbiamo già assistito a un incremento delle pressioni politiche sulle aziende che operano nella regione dello Xinjiang, tra cui Volkswagen e BASF, in seguito all’intensificarsi dei controlli internazionali sul lavoro forzato. Se questa dovesse essere la direzione di marcia, altre aziende europee potrebbero essere costrette a ripensare alle loro attività in Cina.

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