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Tim Down

FiberCop, ecco di cosa stanno discutendo Tim e Cdp

Fatti, nomi, numeri e indiscrezioni sull'operazione FiberCop fra Tim, Kkr e Cdp

 

Tim al 50,1% ma in minoranza nel cda, governance plurale e non soggetta al controllo dell’ex Telecom Italia per avere il sì di tutti gli operatori e l’ok dell’Antitrust Ue, oltre a candidarsi a ricevere una fetta delle risorse del Recovery Fund.

E’ questa l’idea intorno alla quale in primis Tim e la Cassa depositi e prestiti (Cdp) – che è azionista di Tim con il 9,89% – stanno lavorando all’assetto azionario di FiberCop, la nuova società in cui Tim farà confluire la rete di ultimo miglio e dove il fondo americano Kkr è pronto a entrare, oltre a Fastweb.

La rete secondaria dell’ex Telecom Italia è in sostanza quella che racchiude solo l’ultimo tratto della rete, dai cabinet fino agli appartamenti.

Un incontro tra i due amministratori delegati di Tim e di Cdp, Luigi Gubitosi e Fabrizio Palermo, si è tenuto ieri e possibili altri faccia a faccia potrebbero esserci nei prossimi giorni in vista del consiglio di amministrazione del gruppo telefonico in programma il 31 agosto che delibererà sull’offerta di Kkr.

Il confronto punta alla definizione di un Memorandum of Understanding (Mou), in pratica una lettera di intenti, già prima del consiglio di amministrazione che dovrebbe scorporare la rete secondaria nella nuova società FiberCop.

L’ipotesi di lavoro – secondo la ricostruzione dell’Ansa – è quella di un primo nucleo della società per la rete unica nella quale Tim potrebbe mantenere il 50,1%, ma che avrà una governance plurale e “terza”. In attesa che anche Open Fiber (controllata pariteticamente da Enel e Cdp) possa poi confluire per dar vita a tutto tondo alla società unitaria della rete.

Cdp – in attesa dell’ok preventivo da parte delle autorità di regolazione sul progetto di rete unica – resta comunque fortemente impegnata sul piano Open Fiber, società ritenuta un asset fondamentale nella infrastrutturazione digitale del Paese.

L’obiettivo sistemico – caldeggiato dal governo – è quello di ottenere il via libera delle autorità di regolazione europee sul riconoscimento che si tratta di una società “non verticalmente integrata”, in grado quindi di superare i rilievi ex ante dell’Agcom e dell’Antitrust e di accedere ai fondi pubblici.

“C’è la volontà di Cdp – ha scritto oggi il Corriere della Sera – di assicurarsi che il progetto di rete unica tra FiberCop e Open Fiber possa beneficiare di una diversa regolamentazione tariffaria (modello Rab) e dei fondi europei che arriveranno con il Recovery Fund. Un tema essenziale, su cui a tendere si giocherà il futuro assetto della rete unica”.

Lunedì prossimo il consiglio di Tim non sarà ancora in grado deliberare sulla rete unica con Open Fiber (le discussioni tra azionisti della società e tra Tim e Open Fiber sono altalenanti), ma potrebbe dare comunque il via libera al primo passo con FiberCop, destinata a diventare il veicolo per la rete unica. In un secondo momento entrerebbe Cdp, ma solo a condizione che le autorità di regolazione diano il loro assenso preventivo al modello presentato che determinerà il vero futuro assetto della rete.

Questi scenari hanno fatto scaldare il titolo Tim in Borsa oggi (più 4,7%).

Perché? Perché Piazza Affari scommette – dopo il parziale, e discusso, stop dell’esecutivo – sul sì del governo all’ingresso del fondo Kkr nell’azionariato di FiberCop (un’operazione che farà incamerare a Tim circa 1,8 miliardi di euro). E perché con il 50,1% della rete Tim continuerà a consolidare tutto l’asset rete (“compensando” il peso del debito, per il conforto di analisti e investitori).

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