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Banche

Fatti e protagonisti del 126° congresso della Fabi

Chi c'era e che cosa si è detto al 126° congresso nazionale della Fabi, la federazione dei bancari guidata dal segretario generale Lando Maria Sileoni

 

L’uomo che sussurrava ai banchieri” e che dà del “tu” ad Andrea Orcel, il fuoriclasse del credito italiano temuto da tutti i colleghi nel settore. Anche dal diretto competitor Carlo Messina che inizia a sentire il fiato sul collo del capo di UniCredit.

Da qualche anno, ormai, le mission del principale sindacato dei bancari e del proprio segretario Lando Sileoni sono quasi impossible: redditività bancaria messa a dura prova, fintech, digitale, smart working, risiko bancario e pressioni commerciali solo per citarne alcune. Sfide epocali e decimatrici per i lavoratori del credito che richiedono intelligenza e soprattutto un gioco in attacco, che non delega, un approccio attivo ai problemi del settore per governarne il cambiamento.

A cominciare dal posizionamento nelle relazioni industriali e nella comunicazione: bisogna evitare un destino che la logica vorrebbe per definizione a sfavore dei bancari, categoria naturale designata a pagare dazio alla dematerializzazione delle filiali e della rete. Sileoni di tutto questo è consapevole e fatto del 126° congresso nazionale della Fabi un’opportunità strategica. Ha cercato, come fatto notare nella relazione introduttiva, di far vedere ai propri interlocutori nelle relazioni industriali di “non aver paura dei cambiamenti” nel settore del credito e di mettersi su un piano paritario con i banchieri, cercando di accreditarsi come un loro interlocutore competente e affidabile. Muovendosi anche come un attore “di sistema”.

Il motivo è quello di farsi percepire, nel confronto BtoB, dai singoli amministratori delegati dei principali istituti, con cui dovrà trattare per i singoli dossier sul lavoro, anche come un soggetto di contesto, le cui istanze nelle relazioni industriali devono finire per essere variabili indipendenti e non dipendenti da manovrare per prime a piacere delle banche per far quadrarne i bilanci. Il lavoro del bancario è un volano per la redditività delle banche, non una voce da tagliare per minimizzare i costi sembrerebbe l’assunto indisponibile.

Così è stato questo il senso del format del 126° congresso nazionale della Fabi, ben scandito dalle formule dei “Sileoni Incontra” che hanno consentito al segretario generale di consolidare questa propria strategia comunicativa vincente. Mettersi cioè su un grandino superiore rispetto a tutti, come attore di sistema mentre si confronta faccia a faccia con i singoli banchieri. A cominciare dal capo di Intesa-Sanpaolo, il principale datore di lavoro della categoria che Sileoni rappresenta e dalla new entry Orcel, di cui mostrare a tutti la familiarità di dialogo quando ancora gli addetti ai lavori non hanno mai visto dal vivo il nuovo amministratore delegato di UniCredit.

Sul palcoscenico si sono susseguiti, davanti agli iscritti Fabi, anche tutti gli altri attori istituzionali, interlocutori vitali per il sindacato, come la politica e i media. Elementi che sono serviti a puntellare la propria strategia comunicativa. “Hai fatto le cose in grande”, si è sentito ripetere spesso dagli invitati sul palco. Così Sileoni ha centrato il proprio obiettivo di consolidare la propria leadership sindacale a 360°, punti fermi che porterà e da cui partirà in futuro, grazie a questo approccio, nel difficile terreno di scontro per vincere le istanze. Da questa linea Maginot non si indietreggia: il peso specifico è così forte che addirittura nell’era delle banche solo online nella gestione degli esuberi  la Fabi è riuscita a istituzionalizzare la regola aurea di un ingresso ogni due uscite. “Il sindacato deve risolvere i problemi”, ha ricordato Sileoni nella propria relazione introduttiva. Macchiavelli diceva che per centrare con la freccia l’obiettivo dritto davanti a sé stessi bisogna puntare l’arco verso l’alto. Alla Fabi pare l’abbiano capito.

 

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