In audizione al Parlamento sulla riforma fiscale, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) ha detto che la tassa sugli extraprofitti delle società energetiche imposta dal precedente governo di Mario Draghi ha lasciato un buco di 8 miliardi di euro nei conti dello stato.
LE PAROLE DEL VICEMINISTRO LEO
“Purtroppo”, ha dichiarato Leo, “il meccanismo degli extraprofitti basato sui flussi IVA non ha colto nel segno. Rispetto agli 11 miliardi attesi, ne abbiamo incassati solo 2,8. Quindi c’è un differenziale di 8 miliardi. Questa forse è una preoccupazione, e vedremo come e se va coperta”.
COS’È LA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI
Quella sui cosiddetti extraprofitti è una tassa del 25 per cento applicata dal governo Draghi sulle entrate più alte riportate dalle aziende energetiche (come Eni) grazie all’aumento del prezzo delle materie prime (in primis del gas naturale) nel 2022. Più nello specifico, l’extraprofitto veniva calcolato sulla base dell’incremento del saldo tra le operazioni attive e passive realizzato dal 1° ottobre 2021 al 31 aprile 2022, rispetto allo stesso periodo del 2020-2021.
Il governo precedente contava di raccogliere 11 miliardi di euro, da spendere in misure di mitigazione del caro bollette per i consumatori e le imprese. Ma ne sono stati ottenuti molti meno: 2,8 miliardi, appunto. Eni, da sola, ha versato circa 1 miliardo.
LE PREVISIONI DI STARTMAG SUGLI INCASSI
Già nel giugno 2022 su Startmag Sergio Giraldo, esperto di energia, scriveva che “la tassa straordinaria sui cosiddetti extra-profitti delle compagnie energetiche, inventata dal governo di Mario Draghi, corre il rischio di trasformarsi in un buco nei conti dello Stato”. E prevedeva che la tassa sarebbe fruttata “al massimo 3 miliardi, cioè 8 miliardi in meno di quanto atteso dal governo”: così è stato.
Il gettito della tassa sembrerebbe essere stato sovrastimato fin dall’inizio, insomma, e i numerosi ricorsi presentati dalle imprese del settore – che giudicano la misura incostituzionale – potrebbero peggiorare il quadro.