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Export Armi

Export armamenti, ecco come il governo riprende in mano il controllo

Il governo ha approvato un nuovo ddl che modifica l’import-export di armamenti. Ecco che cosa cambierà. Fatti, novità e il parere degli analisti militari

 

“Rispetto a quanto finora in vigore, torna al centro del controllo delle movimentazioni internazionali del materiale di armamento il  Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD), in poche parole il Governo riprende in mano il controllo delle esportazioni degli armamenti che da trent’anni era stato delegato alla UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento) che torna ad essere (in teoria) un organo solo amministrativo e tecnico. Di fatto, il Governo con questo provvedimento intende snellire le procedure ed agire in sinergia tra i vari dicasteri interessati; nelle intenzioni il provvedimento dovrebbe semplificare le procedure piuttosto complesse e farraginose che regolano il settore. Poi, bisognerà verificare se saranno sviluppate anche procedure tecnico-finanziarie-bancarie per supportare gli accordi G2G (intergovernativi) sulla falsariga di quanto avviene in Francia e Regno Unito dove ci sono istituti di credito deputati a questo tipo di operazioni al fine di sostenere il buon esito di tali forniture ai Paesi terzi che è garantito dallo Stato (totalmente od in parte)”.
È quanto sottolinea a Start Magazine Aurelio Giansiracusa, analista militare e animatore di Ares-Osservatorio Difesa, sulle novità decise dal governo in materia di armamenti.
Ecco tutti i dettagli.

CHE COSA HA DECISO IL GOVERNO SU IMPORT-EXPORT DI ARMI

Via libera dal governo alla modifica della Legge 185 del 1990, che disciplina la normativa sull’export armi dell’industria della difesa nazionale. Ovvero la legge in base la quale, per esempio, era vietata l’esportazione di bombe e missili verso l’Arabia Saudita così come agli Emirati Arabi Uniti, per impedirne l’utilizzo nel conflitto nello Yemen (embarghi entrambi revocati quest’anno).

Il Consiglio dei ministri del 3 agosto, su proposta del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha approvato un disegno di legge che introduce modifiche alla legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola il controllo delle movimentazioni internazionali del materiale di armamento. Lo riferisce una nota di palazzo Chigi.

“Si interviene, in particolare, sul meccanismo con il quale i divieti alle esportazioni vengono applicati, per eliminare alcune incertezze interpretative, senza modificare nel merito la disciplina di merito”, precisa Palazzo Chigi.

Innanzitutto, la responsabilità di applicazione dei divieti è attribuita al Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), composto dal presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e delle imprese e del made in Italy.

Finora, la struttura che regolava la legge 185 era all’interno del ministero degli Esteri: l’agenzia Uama, ovvero Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento a cui fino a ieri spettava autorizzare o meno il commercio di armamenti.

Da tempo l’industria della difesa aveva lanciato un appello al Parlamento affinché modifichi la legge per snellire i processi autorizzativi. Ora il governo ha provveduto.

COSA PREVEDE LA LEGGE N.185 DEL 1990 SULL’EXPORT ARMI

Come spiega un dossier della Camera, “la legge n. 185 del 1990 vieta l’autorizzazione ad effettuare le movimentazioni di prodotti per la difesa quando queste contrastino con il principio della Costituzione italiana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; con gli impegni internazionali dell’Italia, tra i quali gli accordi concernenti la non proliferazione; con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi”.

Inoltre “i divieti si applicano quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei prodotti per la difesa, ovvero sussistono elementi per ritenere che il destinatario previsto utilizzi gli stessi prodotti a fini di aggressione contro un altro Paese”.

Dunque ne discende “il divieto di autorizzazione delle operazioni in questione: quando il Paese destinatario è in stato di conflitto armato, in contrasto con l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite; nel caso sia stato dichiarato verso un Paese l’embargo totale o parziale delle forniture di armi da parte di organizzazioni internazionali cui l’Italia aderisce; quando il governo di quel Paese sia responsabile di gravi violazioni dei diritti umani accertate da organizzazioni internazionali cui l’Italia aderisce; quando in un Paese si destinino a bilancio militare risorse eccedenti le proprie esigenze di difesa”.

LA RE-INTRODUZIONE DEL CISD

Con la modifica approvata dal Consiglio dei ministri del 3 agosto, il governo ha deciso di avocare a sé il controllo sul commercio di armi con l’istituzione del Cisd.

Il Comitato, che ricalca una struttura esistente negli anni passati (Comitato interministeriale abolito nel 1993), è istituito presso la presidenza del Consiglio con il premier che lo presiede – si legge nella bozza dello schema – è composto dai ministri degli esteri, dell’interno, della difesa, dell’economia e del made in Italy.

Le funzioni di segretario del comitato saranno svolte – in base alla bozza – dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Potranno essere invitati alle riunioni anche i ministri di volta in volta interessati, riferisce l’Ansa. Sarà compito del Cisd formulare gli indirizzi generali per l’applicazione della legge e delle politiche di scambio nel settore della difesa e i criteri generali per l’applicazione dei divieti.

Inoltre, si legge nella nota del Cdm, “Il testo rimuove anche la necessità di autorizzazione alle trattative contrattuali nei casi di scambi con Paesi dell’Unione europea, amplia i termini temporali per l’obbligo di documentare di aver effettuato l’operazione di esportazione e inasprisce le sanzioni amministrative previste nel caso in cui l’obbligo non sia rispettato”.

SUBENTRERÀ ALL’UAMA

Dunque, il Cisd subentrerà all’Uama, che finora, secondo la legge 185 del 90, “è individuata quale autorità nazionale competente per il rilascio delle autorizzazioni per l’interscambio dei materiali d’armamento e per il rilascio delle certificazioni per le imprese e per gli adempimenti connessi alla materia di cui alla presente legge”.

Nello specifico, l’Uama è diretta da un funzionario della carriera diplomatica di grado non inferiore a Ministro plenipotenziario nominato dal Ministro degli affari esteri. Sempre la legge 185 specifica che “l’Uama si avvale anche di personale di altre Amministrazioni, tra cui, in particolare, personale militare appartenente al Ministero della difesa, distaccato al Ministero degli affari esteri ai sensi dell’articolo 30. 2. Restano ferme le competenze del Ministero della difesa circa il registro nazionale delle imprese, di cui all’articolo 3”.

Ma adesso sarà il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa l’autorità competenze in materia di commercio di materiale bellico mentre all’Uama resteranno solo le questioni di carattere tecnico-amministrativo.

PRIME ANALISI E COMMENTI

Secondo Pietro Batacchi, direttore di Rid, “L’obbiettivo del Disegno di Legge è riportare in seno alla Presidenza del Consiglio, ovvero in seno al vertice esecutivo del Paese, il controllo sulle operazioni di esportazione, lasciando all’Uama (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento) le questioni di carattere tecnico-amministrativo. Fino ad oggi, invece, era il Direttore dell’Uama che doveva effettuare una valutazione ad ampio raggio, sconfinante alle volte nella politica, sul Paese destinatario dei nostri trasferimenti. Un meccanismo deliberatamente costruito per tenere al riparo il Governo da certi imbarazzi (in particolare per l’export verso Paesi non liberal-democratici): come se l’export militare fosse una mera questione tecnica, di responsabilità di un funzionario tecnico (e, dunque, non eletto), e non una delle massime espressioni della politica di difesa e di sicurezza del Paese”.

Di parere diametralmente opposto è Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana per la pace il disarmo, secondo cui il ddl del governo che vuole modificare la legge 185 del 1990 “non va nella direzione che servirebbe – spiega, come riporta Avvenire – cioè verso un maggiore controllo e per l’allineamento con i criteri della Posizione comune europea e dell’Att, l’accordo internazionale sul commercio di armi del 2013″.

ACCOLTO L’APPELLO DI AIAD SULLA LEGGE PER L’EXPORT

Infine, con questa modifica il governo ha accolto l’appello lanciato negli ultimi tempi dall’industria delle difesa italiana affinché il Parlamento modifichi la legge per snellire i processi autorizzativi.

“Quello che manca alla nostra legge per la regolazione dell’export è una maggiore oggettività e una maggiore chiarezza dell’impronta governativa delle decisioni che riguardano l’export” aveva evidenziato Giuseppe Cossiga, Presidente dell’Aiad (Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), in audizione di fronte le commissioni Esteri e Difesa del Senato a febbraio.

“Oggi la struttura che regola la legge 185 è all’interno del ministero degli Esteri [l’Uama] che raccoglie gli aspetti strategici che poi sono coordinati a livello di presidenza del Consiglio” aveva spiegato il presidente Aiad. “Paesi diversi come la Francia hanno un sistema più diretto in cui la vendita è autorizzata o supportata direttamente dalla presidenza della Repubblica, e quindi a una velocità e rapidità di esecuzione superiore alla nostra”, ha puntualizzato Cossiga aggiungendo che bisogna migliorare “la rapidità di esecuzione, perché le aziende italiane spesso soffrono per iter troppo lunghi”.

In conclusione, “dobbiamo riuscire a mantenere le garanzie che ci da la legge 185 migliorando, se possibile, la rapidità d’esecuzione” aveva ribadito Cossiga.

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