Oggi la Banca popolare cinese, la banca centrale della Cina, ha proceduto con un’iniezione di 110 miliardi di yuan (17 miliardi di dollari) nel sistema nazionale attraverso degli accordi di riacquisto passivo da sette e quattordici giorni. Si tratta di una delle più grandi procedure di pompaggio di liquidità tramite operazioni di mercato aperto, scrive Bloomberg, che risponde a uno scopo ben preciso: rassicurare i mercati preoccupati per il caso Evergrande.
Evergrande, uno dei più maggiori gruppi di sviluppo immobiliare in Cina, ha un debito di 305 miliardi di dollari e si teme che, qualora non dovesse riuscire a ripagare le sue passività, possa crollare e “contagiare” non soltanto l’economia cinese, ma anche i mercati globali.
L’ANNUNCIO DI EVERGRANDE
La società ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo sul pagamento degli interessi obbligazionari domestici (35,9 milioni di dollari) per oggi; tuttavia, sempre per la giornata odierna è previsto un altro pagamento (da 83,5 milioni) di interessi obbligazionari esteri. Fonti di Bloomberg, inoltre, hanno detto che lunedì Evergrande non è stata in grado di ripagare gli interessi ad almeno due dei suoi maggiori creditori bancari.
LA CRESCITA DELLE AZIONI
L’annuncio di Evergrande sui bond domestici ha fatto sì che, alla borsa di Hong Kong, le sue azioni crescessero fino al 32 per cento; dall’inizio dell’anno, però, le azioni del gruppo hanno perso oltre l’80 per cento del valore.
La fiducia sulla “tenuta” di Evergrande, comunque, ha aiutato anche altre società immobiliari cinesi quotate a Hong Kong come Country Garden (+14 per cento) e Sunac (+16 per cento).
CHI VENDE TUTTO
D’altra parte, il secondo maggiore azionista di Evergrande – Chinese Estates Holdings – ha fatto sapere di aver venduto azioni per 32 milioni di dollari e di avere intenzione di uscire completamente dalla società.
È IL “MOMENTO LEHMAN” DELLA CINA?
Al caso Evergrande si sta guardando molto, e con molta preoccupazione, per i timori che un collasso della società possa danneggiare non soltanto la Cina ma anche i mercati internazionali, creando una crisi sistemica di liquidità. Per questo di parla del caso Evergrande come del “momento Lehman” della Cina, riferendosi al fallimento nel 2008 della banca d’investimento americana Lehman Brothers, incapace di sostenere i debiti contratti; la bancarotta contribuì alla crisi economica globale nota come Grande recessione.
Si tratta però di una ricostruzione che non convince gli analisti, da S&P a Barclays a Citigroup a T-Commodity. Pensano non soltanto che le situazioni di Evergrande e di Lehman Brothers abbiano poco in comune, ma anche il contesto generale sia molto diverso. S&P, ad esempio, ritiene che il settore bancario cinese sia in grado di assorbire un default di Evergrande senza subire un impatto troppo significativo: “Evergrande è piccola in confronto ai prestiti totali delle banche cinesi. L’esposizione diretta a Evergrande del settore bancario appare inoltre ben distribuita” tra vari istituti.
Anche nel peggiore degli scenari possibili, scrive Reuters, quella di Evergrande sarà una crisi che riguarderà la Cina (il debito della società è principalmente interno), mentre le conseguenze internazionali saranno limitate (potrebbero interessare alcune materie prime).
COSA FARÀ LA CINA?
Ding Shuang, economista per Standard Chartered, ha detto – riferendosi alla mossa della banca centrale cinese – che un’iniezione di liquidità, da sola, non è sufficiente a risolvere la crisi Evergrande. I mercati, spiega, sperano piuttosto in un intervento del governo cinese per la ristrutturazione e il rifinanziamento “dolce” della società. A suo dire, le autorità di Pechino vogliono evitare che il collasso di Evergrande inneschi una crisi finanziaria o qualche rischio sistemico.
Il governo di Xi Jinping, però, non ha ancora rilasciato dichiarazioni in merito a un suo intervento stabilizzatore. Il Financial Times scrive che di recente Pechino ha supervisionato una serie di ristrutturazioni statali di società fortemente indebitate come Huaron (gestione asset) e HNA (aviazione e logistica). Evergrande però è un caso ancora più grande, perché le sorti del gruppo avranno un impatto su milioni di persone
Pechino ha supervisionato una pletora di ristrutturazioni guidate dallo stato di gruppi carichi di debiti recentemente, tra cui Huarong, il gestore di beni di proprietà dello stato, e HNA, un conglomerato di aviazione, logistica e turismo. Evergrande, tuttavia, si distingue per il suo impatto diretto sulla vita di milioni di persone – acquirenti di immobili, investitori, dipendenti – in tutto il paese. Stavolta l’amministrazione Xi deve confrontarsi con “le pressioni provenienti dai cittadini comuni”, scrive il quotidiano.
D’altra parte, se il governo interviene e salva Evergrande, rischia di creare un precedente pericoloso. Molte altre società sono in situazioni di difficoltà a causa dell’inasprimento normativo voluto da Xi e potrebbero avanzare allo stato richieste di salvataggio simili. Ma Pechino non può salvarle tutte.
Larry Hu, economista presso Macquarie, ha detto al Financial Times di ritenere “improbabile” un salvataggio totale, ma pensa che il governo interverrà quantomeno per garantire che gli appartamenti che Evergrande ha già venduto vengano effettivamente consegnati agli acquirenti.