L’incubo di inizio anni Duemila è tornato, la paura di diventare di nuovo il malato d’Europa, definizione che negli ultimi due decenni i tedeschi hanno di volta in volta affibbiato ai loro vicini, fossero la Spagna, l’Italia o l’amica-rivale Francia. Sullo sfondo del rischio di deindustrializzazione, diventato palpabile dopo la conta del saldo negativo di 125 miliardi di euro fra gli investimenti delle aziende tedesche all’estero e quelli delle aziende straniere in Germania, arrivano ora due altri dati, per nulla inattesi.
ECONOMIA IN RECESSIONE E SFIDUCIA DELLE IMPRESE
Il primo: la conferma della recessione tedesca da parte del Fondo monetario internazionale, che ieri ha reso noto le stime mondiali estive, elevando lievemente dal 2,8% di aprile al 3% la crescita del Pil globale e allo stesso tempo approfondendo la contrazione tedesca che sarà dello 0,3% rispetto al -0,1% stimato tre mesi fa. Per il rimbalzo, dell’1,3%, bisognerà attendere il 2024.
Il secondo: la discesa per la terza volta consecutiva dell’indice di fiducia delle aziende dell’Ifo, caduto a luglio a 87,3 punti contro 88,6 del mese precedente e gli 88,0 che costituivano le attese già non molto ottimistiche degli analisti.
L’ANALISI DELL’HANDELSBLATT
Due colpi in un giorno che inaugurano la recessione estiva. Per l’Handelsblatt i dati del Fmi sono uno smacco: “Le prospettive economiche della Germania continuano ad offuscarsi”, nota il quotidiano di Düsseldorf, “nelle nuove prospettive di crescita del Fondo monetario internazionale, l’economia tedesca è l’unica, tra i 22 paesi e regioni esaminati, in cui si prevede un calo del prodotto interno lordo nel 2023”.
Gli esperti interpellati dall’Handelsblatt vedono nero. “La crescita della Germania sta rallentando in modo significativo ed è addirittura in territorio di crescita negativa”, ha dichiarato Pierre-Olivier Gourinchas, economista francese e professore di Management all’Università della California di Berkeley. Gran parte del rallentamento economico in Germania è dovuto all’inflazione, che mette sotto pressione il potere d’acquisto, ha aggiunto il direttore della ricerca dell’Fmi Petya Koeva Brooks, “quindi i redditi reali sono più bassi e a questo si aggiunge il peggioramento delle condizioni di finanziamento a causa delle politiche restrittive sui tassi di interesse”. Che è una politica che però proprio i rappresentanti tedeschi alla Bce spingono per proseguire, addirittura rafforzare, proprio con l’obiettivo di raffreddare l’inflazione.
“Finora l’industria in particolare è stata deludente, perché nonostante i problemi della catena di approvvigionamento, la produzione continua ad arrancare”, ha sottolineato Fritzi Köhler-Geib, capo economista della banca statale KfW, l’equivalente ella Cassa depositi e prestiti italiana, commentando gli sviluppi degli ultimi mesi.
LA DEBOLEZZA DEL SETTORE INDUSTRIALE
E proprio dalle imprese è giunto il secondo dato negativo di giornata, quello dell’indice Ifo. Klaus Wohlrabe, responsabile dell’indice, conferma: “Una delle ragioni della sofferenza è la perdurante debolezza del settore industriale”. Da un lato le aziende “sono in grado di evadere meglio gli ordini esistenti perché i colli di bottiglia della fornitura sono in costante diminuzione”, dall’altro però “i nuovi ordini sono meno numerosi”. Non c’è quasi nessun punto di forza nell’industria tedesca al momento. “Nel frattempo, anche i settori dell’ingegneria meccanica e dell’elettrotecnica si stanno indebolendo e l’industria chimica è in crisi da tempo”, ha proseguito Wohlrabe nella sua disamina pessimistica, “anche la domanda estera è piuttosto tiepida e non ci si può aspettare alcuno slancio neppure dal lato delle esportazioni”.
Sofferenza particolare nel settore delle costruzioni, a lungo una branca trainante dell’economia tedesca, che soffre per l’aumento degli interessi e dei costi dei materiali. “Il clima aziendale è il peggiore dal 2010”, ha concluso l’economista dell’Ifo. Uniche luci: il quadro più eterogeneo tra i fornitori di servizi, dove il settore IT continua a registrare buoni risultati, così come il turismo. Al contrario, il settore dei trasporti e della logistica, che dipende fortemente dall’andamento dell’industria, non se la passa bene.
Per gli economisti, i dati dell’istituto di Monaco non sono giunti inattesi, ma le reazioni sono ugualmente preoccupanti. “In realtà non si tratta più di una grande sorpresa, la maggior parte degli indicatori anticipatori continua a scendere e il clima economico non fa eccezione”, ha dichiarato alla Frankfurter Allgemeine Zeitung Jens-Oliver Niklasch, economista della Landesbank Baden-Württemberg, “in poche parole, siamo in recessione e non ne usciremo tanto presto”.