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Economia Cinese

Cosa non torna nel piano di recupero dell’economia cinese

Per capire se davvero il piano di Xi Jinping possa raddrizzare l’economia cinese servono cifre e dettagli, ma ad oggi non ce n’è nemmeno l’ombra. Il punto di Sergio Giraldo dalla newsletter Out.

Economia cinese: stimoli sì, ma quanti? Il dubbio resta anche dopo la conferenza stampa appositamente convocata sabato scorso dal ministro delle finanze cinese, Lan Fo’an. Il quale ha affermato che il governo ha “ampio margine per aumentare il deficit fiscale”.

Il ministro ha anche detto che Pechino è intenzionata ad aumentare significativamente il debito, ma senza dare cifre. L’intenzione del governo è di aiutare le amministrazioni locali ad uscire dal problema del debito abnorme, offrire sussidi ai bassi redditi, sostenere le banche statali ricostituendo il capitale e aiutare il mercato immobiliare in crisi nera. L’unica novità vera è la conferma che Pechino spenderà già quest’anno i 300 miliardi di fondi già stanziati in passato ma non ancora spesi.

Niente di nuovo, rispetto a quanto già si sapeva, solo più ufficialità. Ma per capire se davvero il piano di Xi Jinping per raddrizzare l’economia cinese (che comunque quest’anno crescerà del 5%, alla faccia dell’eurozona) servono cifre e dettagli, e sinora di questi non c’è nemmeno l’ombra. Tant’è che oggi, alla riapertura, il mercato cinese non ha fatto faville, anzi. L’indice CSI300 è salito sì dell’1,91%, ma il FTSE China 50 è sceso dello 0,82%, mentre Hong Kong ha fatto registrare un -0,75%. Sensazioni miste, insomma.

C’era molta fretta di annunciare per calmare le aspettative negative, ma al contempo l’effetto annuncio si brucia in poche settimane. Le indiscrezioni raccolte sin qui parlano di circa 300 miliardi di nuove emissioni di debito nazionale, finalizzate a ristrutturare il debito degli enti locali, a fornire incentivi per la sostituzione di apparecchiature civili e industriali e a dare un reddito aggiuntivo, diretto, di circa 100 euro mensili a bambino per le famiglie con più di due figli. In più, vi sarebbero in progetto iniezioni di capitale per 140 miliardi di dollari nelle banche statali. Ma non vi è nulla di ufficiale, ancora.

Prima di annunci formali ci sarà la sequenza dei dati economici relativi al mese di settembre: ieri il dato dell’inflazione allo 0,4%, in rallentamento dallo 0,6% del mese precedente. Inoltre, i prezzi dei beni industriali realizzati in Cina (PPI) sono scesi a settembre del 2,8%, allungando una catena di segni negativi che origina dal novembre 2022.

Sinora, la risposta del governo al rallentamento dell’economia è stata di aumentare gli investimenti e gli stimoli all’industria, con conseguente boom dell’export e, appunto, abbassamento dei prezzi. Cosa che provoca conseguenze sul commercio mondiale.

Dunque, più debito, ma fino a che punto si spingerà Pechino nel sostegno alla domanda interna, vero punto debole cinese? Se confermato, tutto ciò potrà davvero cambiare l’orientamento della Cina, ovvero rafforzare la domanda interna soffocata da bassi redditi e bassi consumi e abbassare la quota destinata agli investimenti?

Forse. Il ministro Lan Fo’an è stato parecchio evasivo quando si è trattato di spiegare quali interventi a sostegno dei redditi delle famiglie abbia in serbo il governo. La sensazione è che dipenderà molto dalle negoziazioni interne tra le varie amministrazioni coinvolte. Qualunque cifra inferiore alle attese che qui abbiamo sommariamente riportato provocherà un crollo dei mercati.

Noi sospettiamo che il processo per definire il pacchetto governativo durerà ancora un po’, perché probabilmente le cifre coinvolte saranno molto, molto più alte.

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