La Banca centrale della Cina (PBOC) ha tagliato i tassi di interesse a breve termine a 7 giorni di 20 bps (da 1,70% a 1,50%) e quello a 14 giorni di 10 bps (da 1,95% a 1,85%). Ha inoltre inoltre ridotto dello 0,5% il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche. Per il settore immobiliare sono stati ridotti di 50bps i tassi di interesse sui mutui esistenti, in media, ed è diminuito dal 25% al 15% l’acconto minimo per l’acquisto di una casa. Inoltre, il governatore della PBOC Pan Gongsheng ha dichiarato che è in arrivo un ulteriore allentamento, con un’altra riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria per le banche prima della fine dell’anno (compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%).
La decisione ha portato a rialzi in borsa: l’indice CSI 300, che segue l’andamento dei prezzi delle due principali borse di Shanghai e Shenzhen, è aumentato del 4,3%. Si tratta del maggiore rialzo giornaliero dal luglio 2020 (un’altra era geologica, decisamente). Rialzi delle borse anche in Occidente sono legati alla mossa della PBOC.
Il governatore della PBOC ha poi annunciato un’offerta di 500 miliardi di yuan in prestiti, equivalenti a circa 65 miliardi di euro, a fondi, broker e assicuratori per acquistare azioni cinesi. Altri 300 miliardi di yuan saranno resi disponibili per finanziare i riacquisti di azioni da parte di società quotate.
Ma potrebbe trattarsi di un fuoco di paglia. Da tre anni circa in Cina una grave crisi immobiliare mette sotto pressione i consumi privati, il che si traduce in una sostanziale deflazione. I prezzi delle case sono scesi del 5,7% su base annua ad agosto, il calo più ripido degli ultimi nove anni. Il tasso di inflazione lo scorso mese è stato solo dello 0,6% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.
Le vendite al dettaglio sono aumentate solo del 2,1% anno su anno ad agosto, in rallentamento rispetto all’aumento del 2,7% mese precedente. La produzione industriale è aumentata del 4,5%, in calo rispetto al 5,1% di luglio, mentre gli investimenti sono rallentati al 3,4% per l’anno fino ad agosto, dal 3,6% nei primi sette mesi. Il paradosso della Cina dunque è che cresce, a ritmi che in Europa ci si sogna, ma sta rallentando e questo segnale viene visto con preoccupazione.
Nonostante l’abbassamento dei tassi, insomma, non è detto che ci sia tutta questa voglia di indebitarsi per consumare o per investire. Resta il fatto che senza un forte sostegno alla domanda interna la Cina continuerà a rallentare. Se poi dovesse fermarsi, sarebbero guai seri anche per l’Europa, nelle condizioni in cui si trova.