skip to Main Content

Minerali Critici

Ecco industrie e terre rare del Donbass su cui punta Putin

Non solo grano e materie prime alimentari, il Donbass fa gola a Putin per le sue riserve e terre rare che alimentano industrie di tutti i tipi. Fatti, numeri e commenti

 

“Non cederemo il Donbass alla Russia”, sono le parole del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Per il presidente russo Vladimir Putin però rimane un obiettivo primario e ieri è iniziata la battaglia che diversi analisti considerano la seconda fase del conflitto.

Revanscismo a parte, la regione orientale dell’Ucraina è storicamente ricca non solo di miniere di carbone, ferro, metano, manganese, cobalto, ma anche litio, titano e metalli rari considerati fondamentali sia per lo sviluppo tecnologico che per la transizione energetica.

METALLI E TERRE RARE NEL MONDO

Secondo i dati del 2020 dello US Geological Survey, al primo posto si trova la Cina che detiene oltre il 62% della produzione globale di metalli e terre rare e il 36,6% delle riserve mondiali. La seguono gli Stati Uniti con il 12,3%, il Myanmar con il 10,5% e l’Australia con il 10%.

E L’UCRAINA?

Stando al Corriere della sera, l’Ucraina – che ricava il 42% del Pil dalle risorse minerarie – “pur essendo uno dei Paesi al mondo più ricchi di risorse minerarie, non le ha ancora sfruttate appieno”.

“Sono censiti 20 mila depositi e siti minerari, che comprendono 97 tipi di minerali. Più di 8 mila depositi sono stati testati e quasi la metà sono attualmente in fase di estrazione. Per un valore stimato complessivamente in 7,5 trilioni di dollari”, riferisce il quotidiano.

LE RISORSE DEL DONBASS

Come ha scritto Start, secondo un report della Banca mondiale, in Donbass ci sono 900 siti industriali, 40 fabbriche metallurgiche, 177 siti chimici ad alto rischio, 113 siti che usano materiali radioattivi, 248 miniere, 1.230 chilometri di tubature che trasportano gas, petrolio e ammoniaca, 10 miliardi di tonnellate di rifiuti industriali.

Per quanto Putin possa sostenere che “l’operazione militare speciale”, ovvero la guerra, serva a proteggere e liberare la popolazione russa schiacciata e discriminata dal governo di Kiev, in particolare nella regione del Donbass, la ricchezza del territorio è innegabile.

GAS NEON

Il gas neon, per esempio, fondamentale per i tanto agognati microchip, proviene per il 90% dal Donbass. Come ricorda Repubblica, l’azienda Iceblick è stata fondata 32 anni fa a Odessa, dove “produce il 65% di tutto il neon del mondo ed è fornitrice privilegiata della Silicon Valley”.

LITIO

Grazie al litio, riferisce il quotidiano, “a Donetsk il gruppo australiano European Lithium aveva appena chiuso un maxi-contratto di estrazione, e la cinese Chengxin stava finalizzando una concessione” – saltati a causa della guerra.

LE INDUSTRIE

La ricchezza naturale del Donbass ha fatto sì che anche il settore industriale evolvesse. L’acciaieria Azovstal di Mariupol, ultima fortezza del reggimento Azov e ora accerchiata dai russi, è uno dei più grandi stabilimenti metallurgici d’Europa, con un’area affacciata sul mare che copre oltre 11 chilometri quadrati.

Anche l’industria automobilistica con la Zaporizhzhia Automobile Zavod è passata dal fabbricare aratri nel 1863 ad avere oggi sempre più successo per le sue auto, ma anche per camion e pullman.

E poi il gruppo Antonov, come scrive Repubblica, che “è uno dei pochi al mondo in possesso di software e hardware per l’intero ciclo produttivo – ideazione, progetto, realizzazione – degli aerei”. Il suo Mriya a sei motori è stato distrutto dai russi nell’hangar dell’aeroporto di Hostomel il 27 febbraio.

IL PORTO DI MARIUPOL

La stessa Mariupol, con il suo secondo porto per importanza di tutta l’Ucraina, è fondamentale per Putin perché come ha spiegato Marco Di Liddo, analista senior del Centro Studi Internazionale (Ce.S.I.), “conquistando la città costiera, la Russia porrebbe una seria ipoteca sui giacimenti di gas offshore nel mare d’Azov mentre sulla terra ferma esistono diversi depositi di rocce bituminose dalle quali si estrae il gas di scisto. Si tratta di un bacino esplorato solo in parte: non si sa esattamente quante siano le risorse a disposizione ma vale la pena approfondire la ricerca”.

L’industria estrattiva in Ucraina, fino al 2014, si legge sul Fatto Quotidiano, generava 15 miliardi di dollari l’anno.

QUINDI È QUESTO IL VERO OBIETTIVO DI PUTIN?

Tutto questo farebbe pensare che Putin ha un interesse economico nella conquista del Donbass, tuttavia, secondo Di Liddo non si può considerare l’unico motivo della guerra.

“Le ragioni politiche, soprattutto a livello propagandistico interno, sono quelle che consentono di ottenere un maggiore supporto popolare perché smuovono la pancia dell’elettore e influenzano la società. La presunta volontà di liberare il territorio dai nazionalisti ucraini e di difendere l’entità russofona – spiega l’esperto – è l’obiettivo dichiarato da Mosca fin dal principio, ma le ricchezze presenti in questa regione potrebbero servire, almeno in parte, a finanziare la ricostruzione di un’area già martoriata e che a fine guerra risulterà in condizioni ancora peggiori”.

NON È TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA

Va inoltre sottolineato che negli ultimi venti anni la zona ha conosciuto un lento declino, accelerato dalla guerra iniziata nel 2014. Il Fatto ricorda che “nel 2013, le province di Donetsk e Luhansk rappresentavano quasi il 16% del Prodotto interno lordo dell’Ucraina, seconde solo a Kiev, ma negli ultimi otto anni la produzione di carbone è diminuita di quasi tre volte” e delle circa 80 imprese metallurgiche presenti, molte non sono più in funzione da prima del 24 febbraio.

Back To Top