Con ogni probabilità nessuno potrà capire il reale rapporto tra Donald Trump ed Elon Musk come nessuno potrà anticipare cosa comporterà l’uscita di scena “politica” dell’uomo più ricco del mondo dal Doge, il dipartimento federale “anti-sprechi” che pure gli era stato disegnato addosso per ringraziarlo di aver finanziato a suon di milioni la campagna elettorale del tycoon repubblicano.
LA DIFFICILE COABITAZIONE TRA ELON E DONALD
Quel che è certo è che in appena 100 giorni di governo la Casa Bianca si è rivelata troppo piccola per una coabitazione lunga e duratura. Anche perché Musk stava apparendo sempre più insofferente – lo si è intuito dalla portata di diversi interventi sul suo social X – rispetto a un numero crescente di mosse trumpiane, dai dazi alla questione dei cervelli stranieri non più ben accetti nelle facoltà statunitensi. Il nuovo casus belli arriva proprio da Trump che, interrotto il rapporto governativo con il suo finanziatore, ha detto apertamente che Tesla e le altre aziende statunitensi dovranno correre per arrivare a produrre in tempi rapidi auto ‘100 per 100 made in Usa’.
It will massively increase the already gigantic budget deficit to $2.5 trillion (!!!) and burden America citizens with crushingly unsustainable debt https://t.co/dHCj3pprJO
— Elon Musk (@elonmusk) June 3, 2025
Sarà un caso, ma solo poche ore dopo l’imprenditore sudafricano, attraverso X, è tornato a tuonare contro il pacchetto di tasse e spese approntato con ben più di un pizzico di orgoglio da Trump, tanto da soprannominarlo ‘big beautiful bill’: “Questa enorme, scandalosa, spropositata legge di spesa del Congresso è un abominio disgustoso. Vergogna a chi l’ha votata: sapete di aver sbagliato. Lo sapete”.
E, ancora: “Il Congresso sta portando l’America alla bancarotta”. Critiche destinate a rimbalzare sulle porte ormai chiuse della Casa Bianca: “Il Presidente sa già qual è la posizione di Elon Musk su questo disegno di legge. Questo non cambia la sua opinione. È un disegno di legge importante e bellissimo e lui lo rispetta”, ha infatti sibilato in conferenza stampa la portavoce di Trump.
I’m sorry, but I just can’t stand it anymore.
This massive, outrageous, pork-filled Congressional spending bill is a disgusting abomination.
Shame on those who voted for it: you know you did wrong. You know it.
— Elon Musk (@elonmusk) June 3, 2025
DOPO APPLE TRUMP METTE NEL MIRINO TESLA?
Non è la prima volta che Trump sferza le multinazionali statunitensi che producono all’estero e, in particolare, in Cina. Finora il parafulmine dei suoi strali è stata Apple, che probabilmente sperava di accomodare le cose avendo promesso investimenti negli Usa per 500 miliardi di dollari e l’assunzione di 20mila lavoratori nell’area dei 50 Stati. Sbagliava.
Il medesimo ‘invito’ è rivolto alle case automobilistiche: “Entro il prossimo anno dovranno costruire tutto in America. È questo che vogliamo”, ha scandito perentoriamente Trump che ha aggiunto di non essere affatto soddisfatto dalle attuali modalità “diffuse” delle filiere statunitensi che assemblano automobili patchwork in cui “una parte” è prodotta “in Canada, una in Messico, una in Europa”.
TRUMP AVEVA GIA’ RIBALTATO IL GREEN DEAL AMERICANO
Un problema non di poco conto per le Case automobilistiche americane, a iniziare dalla texana Tesla, che già deve vedersela con il ribaltamento di Trump del tavolo su cui poggiava il green deal americano voluto dal predecessore Joe Biden per privilegiare l’industria automobilistica a stelle e strisce.
Il tycoon, che recentemente si è fatto consegnare una Tesla alla Casa Bianca per rispondere agli atti di vandalismo che si sono verificati in tutto il mondo a iniziare dagli States, non ha mai smussato la propria ostilità riguardo le vetture dotate di batteria: “non vanno lontano, costano troppo e saranno tutte prodotte in Cina”.
Inoltre i piani di Biden di elettrificare l’intero parco macchine degli States sarebbero destinati a infrangersi contro la realtà di una rete elettrica “obsoleta e disastrosa”. Trump in campagna elettorale aveva affermato che incentivare con finanziamenti pubblici l’aumento delle vendite di auto elettriche fino ad almeno il 60% del mercato entro il 2030 è il frutto di ragionamenti “molto, molto stupidi”.
DA TRUMP ALTRI GRATTACAPI PER TESLA?
Come se tutto ciò non bastasse, ora The Donald potrebbe utilizzare i dazi come clava per convincere gli industriali statunitensi a ridisegnare le proprie filiere. E se Tesla la scorsa estate, intuendo la possibilità che Trump tornasse alla Casa Bianca, aveva provvidenzialmente bloccato la costruzione della propria gigafactory messicana, ha comunque a Shanghai il fiore all’occhiello della propria produzione. In quelle linee vengono sfornate auto elettriche a spron battuto: una ogni 40 secondi. E ciò che è peggio è che l’impianto dalla capacità annua di un milione di vetture alla spina non si limita a servire il mercato locale, ma anche quelli esteri.
L’ULTIMO INVESTIMENTO CINESE DI TESLA
La struttura è stata recentemente potenziata con la costruzione nel maggio dello scorso anno della vicina Megafactory per la produzione di batterie inaugurata proprio pochi mesi fa, a febbraio 2025. Il nuovo impianto copre un’area di 200.000 metri quadrati, pari alle dimensioni di 30 campi da calcio, e dovrebbe inizialmente produrre 10.000 unità Megapack all’anno, con capacità di stoccaggio di quasi 40 GWh. Già entro la fine del 2025, proprio grazie alla Megafactory di Shanghai, Tesla dovrebbe avere una capacità di installazione di stoccaggio energetico capace di raggiungere almeno il 50 percento di crescita annua. Salvo che Trump non ribalti ancora una volta il tavolo.