Allora vale la pena approfondire e scoprire un po’ di altarini.
Lo scorso 16 luglio Fabrizia Lapecorella (direttore generale delle Finanze) riferiva alle Commissioni parlamentari che l’IVA sugli scambi interni cresceva, a maggio ’19, del 4,6% e, poiché la crescita prevista dal DEF per il 2019 era pari a 2,8%, questo giustificava una prudenziale previsione di maggiori entrate per il 2019 pari a 300 milioni. In definitiva, quel +4,6% in cinque mesi autorizzava a prevedere maggiori entrate rispetto all’iniziale +2,8%. Tale crescita era attribuita al miglioramento dell’adempimento spontaneo (‘compliance’) a sua volta attribuibile all’introduzione della fattura elettronica.
Ancora qualche giorno fa, la NADEF, di fronte ad un incremento a giugno pari al 4,4%, ne attribuiva una buona parte (tra 0,9 e 1,4 miliardi) che ‘risultava non spiegato dalla congiuntura economica’, …all’effetto deterrenza dell’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica’. Quel miliardo circa su un semestre, era tutto sommato in linea con la previsione iniziale di €2 miliardi di gettito per la fattura elettronica.
Bene, anzi male. I dati ad agosto ci dicono che quell’incremento si è liquefatto come neve al sole. Siamo infatti passati da un incremento del 4,4% nei primi cinque mesi ad uno del 2,6% nei primi otto. Quindi ora siamo al di sotto del +2,8% previsto. Infatti, a giugno la crescita è stata modesta ed a luglio ed agosto è stata addirittura negativa, con l’aggravante che agosto è generalmente un mese importante per gli incassi IVA.
Cosa è successo?
Va subito detto che le statistiche risultano parzialmente falsate dal differimento di importanti scadenze al 30/09 e quindi il confronto definitivo col 2018 andrà fatto tra circa un mese. Ma l’impatto sull’IVA dovrebbe essere modesto, in quanto la proroga riguarda soprattutto le imposte dirette (IRPEF, IRAP, IRES) per i contribuenti soggetti ISA.
Qualcosa di rilevante pare comunque accaduto. Ricordiamo che il maggior gettito previsto per la e-fattura pari a circa €2 miliardi, si fonda sui seguenti 3 elementi:
- Maggior adempimento spontaneo da parte del contribuente alle lettere inviate dal fisco.
- Acquisizione più tempestiva delle informazioni, che indurrebbe i contribuenti ad un maggior adempimento spontaneo.
- Più tempestivo contrasto alle società ‘cartiere’ ed alle frodi in generale.
In altre parole, il contribuente sa che è sorvegliato praticamente in tempo reale ed evita di ritardare o omettere dichiarazioni, fatturazioni e versamenti, cioè la cosiddetta evasione senza consenso. Perché, non dimentichiamolo mai, la e-fattura nulla può contro chi non fatturava prima e continua a non farlo adesso perché si mette d’accordo con il cliente (evasione con consenso, che pesa per il 40% circa su quella totale).
Allora cosa è successo? Forse i contribuenti inadempienti hanno inizialmente provato ad adempiere ma poi l’economia stagnante li ha ricacciati nel limbo dei ritardi o nell’inferno dell’evasione? Si può ragionevolmente ipotizzare che sia stata sovrastimata l’efficacia dello strumento. Soprattutto dopo le entrate record di gennaio che però erano solo l’effetto della montagna di fatture cartacee emesse a dicembre. In molti erano stati abbagliati da tali dati illusori, Renzi in testa seguito dalla fedelissima Boschi, che non vedeva l’ora di intestarsi il merito, ed a luglio twittava giulivo sui miliardi di gettito portati dalla e-fattura che ci avrebbe evitato la procedura d’infrazione.
Ma poi, con la primavera, la neve si è sciolta e la montagna ha partorito il topolino, o poco più. I miliardi sono diventati milioni.
Questo ci deve insegnare molto sulla labilità delle previsioni da ‘lotta all’evasione’. Sono spesso numeri scritti sul ghiaccio come lo sono i circa € 7 miliardi di cui si parla in questi giorni per il bilancio 2020 e, siccome al MEF queste cose le sanno, siate pur certi che quei 7 miliardi arriveranno da imposte ‘vere’, non semplici stime sui comportamenti dei contribuenti.
Prepariamoci quindi all’ennesima stretta fiscale, che forse non arriverà dall’IVA ma da altre imposte, ma che almeno ci sia risparmiata la beffa di sentirci dire che la pressione fiscale calerà, solo perché la previsione per il 2020 conteneva anche il suicida aumento dell’IVA, inserito per obbedire ai soliti diktat di Bruxelles.
No, la pressione fiscale per il 2019 è pari al 41,9% e, nel 2020, anche un solo euro in più rispetto a questo dato, sarà denaro sottratto alle tasche degli italiani ed allo sviluppo dell’economia.
(rielaborazione parziale di un articolo di Liturri pubblicato ieri sul quotidiano La Verità)