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Ecco come il governo ha utilizzato (male) la flessibilità concessa da Bruxelles. Il commento di Zanetti

Il commento di Enrico Zanetti, tributarista, ex sottosegretario alle Finanze, sui numeri definitivi della manovra

 

I numeri definitivi della manovra segnano un deficit nominale programmato al 2,0% sul 2019 (o 2,04%, come tiene in questa occasione a sottolineare il Governo, nonostante sino ad oggi non si sia mai dato conto dei centesimi di punto arrotondati al decimale che, ovviamente, sono sempre esistiti anche in passato), 1,8% sul 2020 e 1,5% sul 2021.

LE DIFFERENZE CON LA NOTA DI AGGIORNAMENTO

Rispetto alla traiettoria disegnata nella Nota di Aggiornamento al Def 2018 (2,4%, 2,1% e 1,8%), si tratta dunque di un calo di circa 0,3 punti di Pil anno per anno. A questi nuovi numeri del deficit nominale, corrisponde una curva del deficit strutturale (che è quello che più rileva nel rapporto con Bruxelles) dell’1,3% sul 2019, 1,2% sul 2020 e 1,0% sul 2021.

IL RUOLO DELLE CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA

Le modifiche che stanno venendo apportate alla manovra e che concorrono a determinare questa nuova dinamica del deficit programmato sono numerose, ma il ruolo di gran lunga principale è giocato dalle clausole di salvaguardia Iva.

CHE COSA DICE LA RELAZIONE TECNICA

Come illustrano le tabelle della relazione tecnica allegata al maxi-emendamento del Governo, le clausole di salvaguardia Iva (già sterilizzate per il 2019, ma ancora pendenti per il 2020 in misura pari a 13,7 miliardi e a decorrere dal 2021 in misura pari a 15,6 miliardi) vengono aumentate di ulteriori 9,4 miliardi per il 2020 e per 13,2 miliardi a decorrere dal 2021. In totale, gli aumenti Iva che dovranno essere disinnescati per il 2020 arrivano così 23,1 miliardi; quelli a decorrere dal 2021 arrivano a 28,8 miliardi.

IL NODO DELLE ALIQUOTE

Altrimenti, sia l’aliquota ridotta del 10% che quella ordinaria del 22% cresceranno e quest’ultima potrà arrivare al 25,2% nel 2020 e al 26,5% a decorrere dal 2021. È evidente che l’intenzione del Governo, così come di quelli precedenti, è quella di non lasciare aumentare l’Iva e sulla genuinità di questa intenzione non sussistono dubbi di sorta da parte di alcuno.

LE DIFFERENZE CON IL PASSATO

Rispetto al recente passato e al presente, c’è però un ostacolo francamente insormontabile; ed esso consiste non tanto nella sempre maggiore dimensione degli aumenti che devono essere neutralizzati (cosa che, già di per sé, non semplifica certo il lavoro), quanto nel fatto che i margini di flessibilità sul deficit sono già stati per intero assorbiti da questa manovra anche per gli anni successivi, se è appunto vero che il deficit strutturale programmato sul 2020 è di appena uno 0,1 inferiore a quello del 2019.

COME SI E’ CONCLUSA LA TRATTATIVA CON BRUXELLES

Anche la “trattativa” con Bruxelles di quest’anno ha dimostrato come le istituzioni dell’Unione Europea e i governi degli altri Paesi siano disponibili a interpretare in modo estremamente flessibile le regole di bilancio sul deficit nominale e sul debito, a patto però che il deficit strutturale non arrivi addirittura a peggiorare.

CHE TIPO DI FLESSIBILITA’ E’ STATA USATA

Fino a oggi, la tecnica era sempre stata quella di ottenere tutta la flessibilità possibile (ossia quella ottenibile fino a questo punto), sull’anno in arrivo, ma mantenere una curva del deficit sugli anni successivi fortemente decrescente, così da poter poi negoziare l’anno successivo la nuova flessibilità con cui, nella sostanza, finanziarie l’ulteriore differimento delle clausole di aumento Iva.

COME E’ CAMBIATA LA FLESSIBILITA’

In questo modo, la flessibilità concessa ogni anno tra lo 0,5-0,6 di deficit nominale, finanziava per circa l’80-90% la sterilizzazione degli aumenti Iva sull’anno in arrivo e lasciava spazio per altri interventi in un quadro di sostenibilità finanziaria.

LE SCELTE DEL GOVERNO

Quest’anno, con un deficit strutturale programmato 2020 di appena uno 0,1 inferiore a quello 2019, i numeri ci dicono che la scelta è stata quella di negoziare e prendere ora tutta la flessibilità (ottenibile nel “solito” negoziato con Bruxelles) non soltanto per il 2019, ma anche per il 2020 e 2021.

LO SCENARIO

Scelta legittima e persino di maggiore visione, se non fosse che viene attuata non riducendo, ma addirittura incrementando clausole di salvaguardia Iva che a questo punto, nella manovra del prossimo anno, il Governo dovrà affrontare per 23,1 miliardi con tutti i margini di flessibilità sul deficit già utilizzati e quindi con l’impossibilità di differirla in deficit come è stato fatto fino a quest’anno compreso.

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