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Ecco come Conte e Gualtieri coccolano Mps

Il decreto del governo ha dato il via libera formale alla cessione di oltre 8 miliardi di Npl del Monte dei Paschi di Siena (Mps) ad Amco: un nuovo tassello alla privatizzazione di Mps controllato dal ministero dell'Economia (Mef)

Avvio di slancio a Piazza Affari per il Monte dei Paschi di Siena dopo che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato il decreto sui crediti deteriorati. Il titolo guadagna il 2,46% a 1,16 euro.

E’ stato aggiunto infatti un altro tassello alla privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena: il premier Giuseppe Conte ha firmato il decreto che, passando per la cessione dei crediti deteriorati, pone le basi per la vendita a privati della quota del 68% di Banca Mps in mano al Tesoro.

Il decreto, di fatto, dà il via libera formale alla cessione di oltre 8 miliardi di Npl ad Amco, attraverso un progetto di scissione concordato con le autorità europee, che passa per la creazione di una bad bank, l’emanazione di un decreto del governo, l’emissione di un bond Tier 1 del valore di 700 milioni.

Il bond rappresenta il prossimo passo del piano concordato con la Dg Competition della UE, che prevede anche la compartecipazione pubblica alle perdite, e sarà sottoscritto dai privati per il 30% e, per la parte rimanente, dal Tesoro che ha già accantonato le risorse nel decreto Agosto.

L’iter consentirà di arrivare a vendere l’intera quota pubblica ai privati entro metà 2022, anche se allo stato attuale, la cessione di MPS si presenta ancora tutta in salita.

Ma che cosa ha stabilito il decreto del governo? La privatizzazione del Monte dei Paschi (ora controllato dal ministero dell’Economia) potrà avvenire anche con offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, ivi compresi i dipendenti del gruppo Mps, si legge nel decreto firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che riporta la data dello scorso 16 ottobre.

Il decreto autorizza il ministero dell’Economia all’operazione di scissione non proporzionale di Mps a favore di Amco (l’ex Sga del Tesoro), già deliberata a inizio ottobre dalle rispettive assemblee straordinarie che è prodromica alla dismissione sul mercato della quota di controllo della banca che deve avvenire non più tardi dell’approvazione del bilancio 2021, quindi entro la primavera del 2022.

Sul mercato, intanto, si susseguono i rumors di un dialogo fitto tra la struttura del ministero guidata da Alessandro Rivera e Unicredit, sottolineano le indiscrezioni giornalistiche rilanciate da Radiocor oggi. Il decreto inoltre autorizza il Mef a reclutare un advisor per la dismissione.

Già domenica scorsa era arrivata l’indiscrezione di Reuters secondo cui nel fine settimana Palazzo Chigi ha firmato il decreto per avviare l’uscita del ministero dell’Economia e delle Finanze da Montepaschi, come chiesto da Banca centrale europea e Commissione europea, entro metà 2022 quando l’assemblea sarà chiamata ad approvare il bilancio 2021.

Il provvedimento, che secondo Il Sole 24 Ore era pronto già a inizio settembre e che nei giorni scorsi aveva completato i passaggi tecnici al ministero dello Sviluppo economico, autorizza la scissione degli 8,1 miliardi di crediti deteriorati ad Amco, l’ex sga, e propone tre strade per la privatizzazione dell’istituto di credito: la fusione con un’altra banca, l’offerta del pacchetto azionario del Tesoro, la gara.

In direzione della prima possibilità è sembrata particolarmente utile la designazione a presidente di Unicredit di Pier Carlo Padoan, ministro a Via XX Settembre all’epoca del negoziato con Bruxelles, Francoforte e Vigilanza che ha portato alla ricapitalizzazione di Mps.

Intanto il prossimo appuntamento è l’emissione di un bond Tier 1 aggiuntivo di 700 milioni che dovrà essere acquistato da privati almeno per il 30%.

Della cessione dei crediti deteriorati ad Amco ha parlato anche il numero uno della banca Mps, Bastianini, in audizione nella commissione presieduta da Ruocco sottolineando che l’operazione Hydra consente a Siena “di affrontare l’attuale crisi economica con una posizione più solida, di tornare a generare capitale nel medio periodo e di poter attrarre nuovi investitori”. Insomma “costituisce per Mps una fondamentale opportunità per ridurre in misura significativa la rischiosità creditizia del gruppo”.

Nell’occasione l’amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena (Mps) ha ricordato che la riduzione di patrimonio connessa all’operazione si è ridotta da 1,1 miliardi a 960 milioni e che grazie alla scissione di npl Mps si allinea ai migliori standard del mercato italiano per la rischiosità creditizia con un gross npl ratio del 4% a giugno 2020. Durante il suo intervento Bastianini ha pure evidenziato le condizioni sospensive tra cui il tetto di 150 milioni per il pagamento delle azioni ai soci che eserciteranno il recesso.

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