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Decreto

Ecco come banche e Tesoro cercheranno di salvare Banca Popolare Bari

Via libera del Tesoro al decreto che trasferisce 430 milioni a Mediocredito Centrale per consentire alla banca controllata indirettamente dal Mef di procedere all'aumento di capitale della Popolare di Bari. Fatti, numeri, problemi e prossime tappe

Tesoro in campo – con le banche tramite Fitd – per salvare la Banca Popolare di Bari. Ecco tutti i dettagli.

Via libera del Tesoro al decreto che trasferisce 430 milioni a Mediocredito Centrale per consentire alla banca controllata indirettamente dal Mef di procedere all’aumento di capitale della Popolare di Bari.

Mediocredito Centrale (controllato da Invitalia del ministero dell’Economia e delle Finanze) guiderà l’operazione di rilancio della Banca Popolare di Bari sottoposta all’assemblea dei suoi azionisti prevista per il 29 e 30 giugno. Operazione che si sostanzia nell’assorbimento delle perdite grazie all’intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), la trasformazione della banca in società per azioni e la sua ricapitalizzazione ai fini della realizzazione del nuovo piano industriale.

Con la pubblicazione del decreto da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze è, infatti, arrivato il via libera al versamento, da parte del Ministero stesso, di 430 milioni in conto capitale in favore di Banca del Mezzogiorno – Mcc per il tramite di una corrispondente operazione in favore della controllante Invitalia.

“Abbiamo pubblicato il decreto che trasferisce 430 milioni a Mcc per consentirle di procedere all’aumento di capitale della Banca Popolare di Bari. È un dossier su cui stavamo lavorando da molto tempo, complesso, che si sta avviando a positiva conclusione e quindi siamo molto soddisfatti e naturalmente adesso lavoreremo per il buon esito dell’assemblea” ha annunciato, ieri, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, al termine della quarta giornata degli Stati Generali.

Mcc assumerà il pieno controllo della Banca Popolare di Bari anche se la cifra versata è inferiore rispetto ai 700 milioni ipotizzati inizialmente. Dal Fitd arriveranno, invece, 1,17 miliardi.

ll peso del salvataggio ricadrà quindi in larga parte sulle spalle del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, che dovrà staccare come detto un assegno da 1,17 miliardi.
L’altro attore della partita, il Mediocredito Centrale, non si impegnerà invece per una cifra superiore ai 430 milioni. Pur impegnando una somma inferiore rispetto ai 700 milioni ipotizzati inizialmente, Mcc (controllata da Invitalia del Tesoro) assumerà come detto il pieno controllo della banca ora commissariata, di cui gli attuali azionisti avranno soltanto una quota residuale.
Il versamento, ricorda una nota del Mef, consentirà a Mediocredito Centrale di guidare l’operazione di rilancio della banca, che sarà sottoposta all’assemblea degli azionisti prevista per il 29 e 30 giugno.

Un esito che, come si sottolinea in uno studio pubblicato su Start Magazine, va in controtendenza politica rispetto a quanto per anni ha sostenuto il Movimento 5 Stelle, primo gruppo parlamentare che sostiene il governo giallo-rosso presieduto da Giuseppe Conte.

L’operazione si sostanzia nell’assorbimento delle perdite grazie all’intervento del Fitd, la trasformazione della banca in società per azioni e la sua ricapitalizzazione ai fini della realizzazione del nuovo piano industriale.

Nel frattempo, negli scorsi giorni, è stata raggiunto un accordo tra i commissari della Popolare di Bari, Enrico Ajello e Antonio Blandini, e i sindacati di categoria Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin.

Il punto principale dell’intesa tra l’istituto di credito e i sindacati di categoria riguarda gli esuberi, scesi a circa 650 esuberi – sul totale di 2.700 dipendenti – a fronte dei 900 inizialmente previsti. Le uscite saranno spalmate in un arco temporale di 10 anni anche con l’utilizzo delle norme per l’anticipo della pensione “Quota 100”. I pensionamenti e i prepensionamenti saranno gestiti solo su base volontaria e permetteranno un risparmio di 67 milioni di euro, meno rispetto ai 70 milioni inizialmente chiesti dai commissari.

Sul fronte delle filiali, ne verranno chiuse 91 anche in questo caso con una riduzione rispetto alla richiesta dei commissari di 94. Scongiurata qualsiasi ipotesi di esternalizzazione, saranno confermati tutti i contratti di lavoro a tempo determinato.

Nell’accordo siglato non hanno trovato spazio né i riferimenti alla legge 223 del 1991 sui licenziamenti collettivi né i riferimenti al demansionamento dei dipendenti. Prevista pure una mobilità del personale sul territorio fortemente limitata. Le organizzazioni sindacali di settore hanno chiesto una “forte discontinuità nel management” e che il piano industriale sia gestito da un nuovo gruppo dirigente.

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