Termine una volta sconosciuto a queste latitudini, mentre oggi ricorrenza attesa da milioni di persone – soprattutto quando l’inflazione morde il potere d’acquisto – il Black Friday fa dà volano alla ripresa dei consumi in una stagione strategicamente cruciale come quella delle feste natalizie. E l’e-commerce in tutto ciò ha un ruolo centrale su più fronti: ai consumatori permette di calmierare i prezzi salvaguardandone il potere d’acquisto mentre alle Pmi italiane (spesso piccole realtà familiari) consente di avere una vetrina virtuale sulle principali piazze del mondo. Con benefici che, come si vedrà sfogliando diversi report, riguardano anche l’erario.
L’E-COMMERCE IN ITALIA IN NUMERI
Partiamo anzitutto dando risposta al quesito cardine: quanto vale l’e-commerce nel nostro Paese? Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c-Netcomm del Politecnico di Milano, nel 2024 l’e-commerce in Italia (di prodotti e servizi) è arrivato valere 58,8 miliardi di euro, con una crescita del 6% rispetto al 2023 e con una incidenza sul totale Retail (online + offline) pari al 13%.
QUANTO VALE LA FILIERA?
Uno studio realizzato da Netcomm in collaborazione con Althesys, inoltre, evidenzia che la filiera dell’e-commerce (che include non solo le vendite, ma anche la logistica, i pagamenti online, il packaging, la pubblicità online) ha generato un valore di oltre 133,6 miliardi di euro in Italia nel 2022, pari al 7% del PIL; un dato che, rispetto all’anno precedente, è cresciuto del 13,9%. Inoltre, considerando gli effetti indotti, diretti e indiretti, la filiera contribuisce a creare 1,6 milioni di posti di lavoro (+12,4% rispetto al 2021), rappresentando il 6,4% degli occupati in Italia, per un totale di 35 miliardi di euro di salari lordi (+13,2% rispetto al 2021).
LA SPINTA ALLE IMPRESE ITALIANE
Ma c’è un altro studio, questa volta realizzato da The European House – Ambrosetti: secondo le risultanze, le imprese italiane che adottano l’e-commerce registrano un incremento medio del fatturato dell’8,8% e della marginalità dell’8,1%. Grazie al canale digitale, oltre 6 imprese su 10 hanno ampliato la base-clienti (nazionale ed estera) e una impresa su 5 ha riportato un incremento dell’export, in media dell’8,1%. Le PMI, che costituiscono la quasi totalità del nostro tessuto economico, beneficiano maggiormente del canale digitale, con aumenti di fatturato (+9,3%), marginalità (+64%) e export (+3%) superiori rispetto alle grandi imprese.
IL SOSTEGNO AL MADE IN ITALY NEL MONDO
Solo nel 2023 il valore delle vendite all’estero registrato dalle Pmi italiane attraverso Amazon ha raggiunto oltre 1.2 miliardi di euro, circa il 25% in più del valore registrato nel 2022. Un incremento che va di pari passo con la crescita della percentuale di Pmi che vende all’estero attraverso l’e-commerce, passata da circa il 50% nel 2022, a oltre il 65% nel 2023. I Paesi esteri in cui le Pmi italiane vendono con maggiore successo attraverso il negozio online sono: Germania, Francia, Spagna, Stati Uniti e Austria.
NUOVI POSTI DI LAVORO PER DIGITALIZZARE LE PMI
In generale, i dati sull’impatto economico confermano che Amazon, che dal suo arrivo in Italia nel 2010 ha investito nel Paese oltre 20 miliardi di euro, con più di 4 miliardi solo nel 2023 e che ha l’obiettivo di raggiungere circa 19.000 dipendenti a tempo indeterminato entro la fine del 2024, contribuisce allo sviluppo dell’economia nello Stivale: secondo uno studio di Teha, la Big Tech si posiziona al primo posto tra le aziende che hanno creato più posti di lavoro in Italia nel periodo 2014-2023 e al terzo posto in termini di occupazione totale. Totale che raggiunge la cifra di oltre 100 mila persone includendo i 60 mila posti di lavoro creati dalle oltre 21.000 Pmi italiane che utilizzano i servizi dell’e-commerce anche per digitalizzare e internazionalizzare il proprio business.
CON L’E-COMMERCE IL FISCO RINGRAZIA
Secondo lo studio realizzato da Netcomm in collaborazione con Althesys, la filiera dell’ecommerce ha generato 49,6 miliardi di euro di entrate fiscali in Italia nel 2022 (il 9,1% delle del totale delle entrate fiscali del Paese), che hanno permesso lo Stato di investire in servizi pubblici e infrastrutture, migliorando il benessere della collettività e supportando lo sviluppo economico del Paese.
La politica spesso accusa gli attori del Web di non pagare tasse a sufficienza, ma con riferimento all’e-commerce il carico fiscale sembra in realtà tra i più elevati del nostro Paese in relazione al valore aggiunto creato. A certificarlo è una ricerca della Luiss Business School realizzata con il supporto di Amazon che analizza il funzionamento del sistema fiscale italiano applicato alle imprese con l’obiettivo di capire se la pressione fiscale viene applicata in modo uniforme a tutti i settori.
Il contributo fiscale complessivo di Amazon – combinando le imposte dirette e indirette – è stato di oltre 1 miliardo e 405 milioni di euro (+22% rispetto ai 1 miliardo e 147 milioni di euro del 2022). Il totale delle imposte sostenute direttamente è stato di 344 milioni di euro (+7% rispetto ai 321 milioni di euro del 2022).
La multinazionale dell’e-commerce ha raccolto e versato più di 1 miliardo di imposte indirette (+28% rispetto agli 826 milioni di euro del 2022) grazie alla sua attività in Italia, oltre all’Iva italiana sulle transazioni che coinvolgono venditori esteri che Amazon raccoglie e versa per conto loro all’erario. Con un carico di imposte dirette di oltre 321 milioni di euro nel 2022, risulta essere tra le prime 50 aziende italiane in termini di contributo fiscale complessivo allo Stato.
GLI ITALIANI RIESCONO A RIEMPIRE ALMENO IL CARRELLO VIRTUALE
Nel 2023 l’inflazione è stato il problema maggiormente sentito dai cittadini. In questo senso, l’e-commerce ha permesso a 6 italiani su 10 di aumentare o mantenere invariato il proprio potere di acquisto e durante la pandemia – tra il 2020 e il 2022- , la diffusione del commercio elettronico ha reso disponibile circa 1 miliardo di euro di ricchezza per le famiglie italiane.
Un’analisi statistica di The European House Ambrosetti che si è avvalsa del supporto di ISTAT ha mostrato che in Italia i prezzi on-line si sono dimostrati più stabili anche in periodi caratterizzati da alta inflazione, sostenendo quasi 40 miliardi di euro di consumi negli ultimi 3 anni.
Inoltre, la ricerca mostra che senza l’e-commerce, l’inflazione negli ultimi 6 anni sarebbe stata in media il 5% più alta e che per ogni punto percentuale di diffusione dell’e-commerce, i consumi in Italia aumentano di 845 milioni di euro. I risultati di questa ricerca confermano quindi il ruolo socio-economico dell’ecommerce nel nostro Paese, strategico sia per la crescita delle imprese e dell’economia in generale, sia per contrastare il caro vita ed essere quindi ancora più vicini alle famiglie italiane.
Insomma, anche al di fuori dal Black Friday gli italiani fanno shopping on-line e questi acquisti innescano un circolo virtuoso che ridistribuisce la ricchezza ben oltre i canali degli e-commerce.