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Acciaio

Tutti i guai dell’acciaio cinese

Sono passati anni dallo scoppio della crisi immobiliare in Cina, eppure il settore dell'acciaio non si è ancora ripreso e le autorità hanno difficoltà a rilanciarlo.

I problemi dell’industria cinese dell’acciaio, la più grande al mondo, non accennano a diminuire malgrado siano passati lunghi anni dalla crisi immobiliare che ha abbattuto la domanda dello stesso acciaio. Ecco tutti i guai attraversati dal settore nell’approfondimento fattone da Bloomberg.

Prezzi a picco

L’industria cinese dell’acciaio è in un mare di guai e non si vede soluzione all’orizzonte.

I prezzi continuano a scendere proprio come i profitti, e dal regime non arrivano aiuti destinati a sbloccare la situazione favorendo il rilancio del settore.

A Pechino si parla solo di industrie tech e di come incrementare la spesa dei consumatori. Nessuno si cura della domanda dell’acciaio destinata a contrarsi ulteriormente.

Problema immobiliare

Il principale responsabile di tale situazione continua a essere il malessere del mercato immobiliare.

Secondo Kallanish, la domanda di acciaio per le costruzioni diminuirà quest’anno del 10%, con l’effetto di ridurre il consumo assorbito dal settore a meno di un quarto del totale, in un livello mai così basso.

Del tutto ininfluenti appaiono gli stimoli positivi derivanti da altri impieghi come la cantieristica, assolutamente insufficienti per colmare i vuoti.

Crollo dei prezzi

Il rallentamento della domanda di acciaio ne ha determinato un parallelo crollo dei prezzi.

Le maxi barre tipicamente impiegate nelle costruzioni costano oggi meno di quanto costassero nel 2017, mentre l’acciaio impiegato nell’industria dell’automotive appare oggi decisamente più conveniente.

Il risultato è che molti produttori stanno accumulando ingenti perdite per ogni tonnellata di acciaio prodotto.

Impatti a monte

L’effetto di queste dinamiche si fa sentire anche a monte della filiera, dove i profitti delle compagnie minerarie come BHP Group e Rio Tinto sono scesi in modo preoccupante.

A Singapore i futures sono calati del 30% dalla fine dell’anno scorso, scendendo sotto la soglia simbolica dei 100 dollari a tonnellata.

Intanto però è boom dell’export

Malgrado colpi e contraccolpi, l’acciaio del Dragone continua a mordere globalmente. Dopo un rallentamento durato alcuni anni i volumi di acciaio esportati dalla Cina sono tornati a crescere, superando come dieci anni fa le 100 milioni di tonnellate annue.

I rivali di ArcelorMittal parlano di un export “aggressivo” che mette a rischio l’intero comparto a livello globale, inducendo i produttori occidentali a operare sottocosto.

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