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Decreto Sostegni, ecco la bozza integrale

Che cosa prevede il decreto Sostegni. Ecco la bozza integrale

 

Pronta la bozza del decreto Sostegni in cantiere nel governo Draghi.

Dai vaccini al rifinanziamento del Reddito di cittadinanza: è di 26 articoli una bozza preliminare del decreto Sostegni, ancora in via di definizione.

ECCO LA BOZZA DEL DECRETO SOSTEGNI

Il documento, di una cinquantina di pagine, spazia dalla misure per il lavoro, compresi i congedi parentali, alle cartelle, fino a risorse aggiuntive per il Trasporto locale.
Incluse, al momento, anche norme per il potenziamento degli asili nido.

CHE COSA PREVEDE IL DECRETO SOSTEGNI PER LE PARTITE IVA

Nuovi contributi a fondo perduto per tutti i titolari di partita Iva con ricavi non superiori a 5 milioni di euro e perdite di almeno il 33%. Lo prevede la bozza del dl Sostegni. I contributi vanno da un minimo di 1.000 a un massimo di 150.000 euro. L’ammontare è calcolato in base alla differenza tra il fatturato di gennaio e febbraio 2021 con quello di gennaio e febbraio 2019 applicando tre percentuali: 20% per le imprese con ricavi o compensi nel periodo di imposta 2019 non superiori a 400.000 euro, 15% per quelle con ricavi fino a 1 milione e 10% fino a 5 milioni.

LE ALTRE MISURE DELLA BOZZA

Il decreto Sostegni stanzia 2,1 miliardi per i vaccini e l’acquisto di farmaci per la cura del Covid-19. Lo si legge nella prima bozza del dl ancora in via di definizione. Più in dettaglio 1,4 miliardi saranno destinati ai vaccini e 700 milioni ai farmaci, Remdesivir e monoclonali (rispettivamente 300 e 400 milioni di euro). Vengono inoltre stanziati 345 milioni per il coinvolgimento dei medici di famiglia nella campagna vaccinale e 51,6 milioni per prorogare fino al 31 marzo i Covid hospital.

LA BOZZA DL SOSTEGNI

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE SUL DECRETO SOSTEGNI:

Poco meno di cinque miliardi al mese. È il costo del nuovo sistema di ristori ipotizzato al ministero dell’Economia per compensare le perdite subite dalle attività economiche alle prese con le restrizioni anti-Covid: sistema che infatti nel nuovo decreto, atteso in consiglio dei ministri fra mercoledì e giovedì, sarebbe destinato a occuparsi solo dei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno.

L’indicazione arriva dalle prime bozze del provvedimento circolate ieri. Si tratta di testi non definitivi, che devono ancora chiudere l’istruttoria tecnica e soprattutto quella politica. Un passaggio che si annuncia tutt’altro che semplice.

Il cuore del problema è rappresentato proprio dai costi del sostegno all’economia. La bozza ipotizza un meccanismo basato sulle differenze di fatturato fra i primi due mesi di quest’anno e lo stesso periodo del 2019. Alle partite Iva che in questo bimestre abbiano registrato una perdita di almeno il 33% arriverebbe un contributo a fondo perduto, sotto forma di bonifico o di credito d’imposta a scelta dell’interessato (come anticipato sul Sole 24 di giovedì). L’aiuto sarebbe decrescente all’aumentare del fatturato (annuo, calcolato sul 2019): 20% fino a 400mila euro, 15% fino a un milione, 10% fra uno e cinque milioni. In ogni caso il sostegno sarebbe compreso fra un minimo di mille euro (2mila per le società) e 150mila euro.

Tutto questo, spiegano i tecnici dell’Economia nella relazione tecnica, costerebbe 9,475 miliardi, cioè qualcosa più di 4,7 miliardi al mese.

La cifra è molto importante, e si spiega prima di tutto con l’abbandono del sistema dei codici Ateco che ha limitato la platea degli indennizzi di fine 2020. Ma ha delle implicazioni non banali. Primo: il decreto, in base a questa impostazione, non presenterebbe alcun meccanismo perequativo sul 2020, per venire incontro a chi è stato escluso dagli aiuti perché non rientrava nelle liste delle attività individuate con i codici Ateco o è stato penalizzato da un sistema di calcolo sempre ancorato alle perdite del solo aprile rispetto allo stesso mese del 2019, conservato fino alla fine dell’anno per accelerare la macchina degli accrediti. È un problema economico ma anche politico. Perché l’esigenza del «meccanismo perequativo» era stata ribadita dalle risoluzioni approvate in Parlamento da una maggioranza in parte non piccola sovrapponibile a quella attuale.

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