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Ex Ilva, quale sarà il ruolo di Baku Steel e dello stato in Acciaierie d’Italia?

Il ministro Urso garantisce che l'azienda azera Baku Steel è interessata ad acquisire Acciaierie d'Italia, nonostante le indiscrezioni sul ritiro dalle trattative e l'avvio di discussioni con la Cina. Intanto Il Sole 24 Ore, il sindacato Uilm e il consigliere di Crosetto propongono la nazionalizzazione

 

Intervistato dal Sole 24 Ore, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha garantito che da parte dell’azienda siderurgica azera Baku Steel c’è un “interesse concreto” e la “volontà di portare avanti il percorso di acquisizione” di Acciaierie d’Italia, la società in amministrazione straordinaria che gestisce l’ex Ilva di Taranto.

“Stiamo lavorando con Baku Steel per definire un quadro di incentivi che rispetti pienamente il regime europeo degli aiuti di stato”, ha detto il ministro, che non ha però commentato il progetto per l’installazione di una nave rigassificatrice a Taranto, richiesta da Baku Steel per la fornitura di combustibile all’acciaieria.

IL RUOLO DI INVITALIA IN ACCIAIERIE D’ITALIA

Quanto alla futura governance di Acciaierie d’Italia, qualora venisse effettivamente acquisita da Baku Steel, Urso ha parlato del ruolo “cruciale” di Invitalia – ovvero l’agenzia per l’attrazione degli investimenti controllata dal ministero dell’Economia – “per il successo della cessione” agli azeri. Sebbene nei mesi scorsi lo stesso Urso avesse di fatto smentito la permanenza dello stato nell’azionariato di Acciaierie d’Italia, criticando le esperienze passate, oggi parla apertamente di una “percentuale di partecipazione in minoranza”: la quota di Invitalia potrebbe aggirarsi sul 10 per cento, affiancando la partecipazione del governo azero attraverso la società statale Azerbaijan Investment Company, partner di Baku Steel nell’offerta.

“Gli azeri hanno chiaramente espresso il loro desiderio di una presenza della componente pubblica in questa operazione”, ha dichiarato Urso al Sole 24 Ore. “Riteniamo di poter procedere a breve con il decreto legge che formalizzerà le modalità di partecipazione”.

LA SITUAZIONE DELL’EX ILVA

La situazione dell’ex Ilva, intanto, si è ulteriormente aggravata con l’incendio all’altoforno 1 – rimane attivo solo l’altoforno 4 – avvenuto lo scorso 7 maggio, senza causare feriti: l’impianto è stato sequestrato dalla procura di Taranto.

Qualora l’altoforno si rivelasse davvero “del tutto compromesso”, come sostenuto da Urso, il piano industriale di Acciaierie d’Italia – che punta a una produzione di sei milioni di tonnellate di acciaio entro il 2026 – si rivelerebbe infattibile, e l’obiettivo andrebbe abbassato a quattro milioni di tonnellate. Il ministro ha garantito che “accelereremo i lavori per far ripartire l’Afo 2 [l’altoforno 2, ndr] che potrebbe affiancarsi, in qualche mese, all’Afo 4″ e confermato l’impegno del governo a “portare avanti il rilancio dello stabilimento nel percorso della piena decarbonizzazione“.

Intanto, Acciaierie d’Italia ha chiesto la cassa integrazione per quasi 4000 lavoratori, di cui la quasi totalità nello stabilimento di Taranto.

BAKU STEEL SI È RITIRATA OPPURE NO?

Nell’intervista del Sole 24 Ore al ministro Urso non sono state discusse le indiscrezioni, riportate da L’Espresso, secondo le quali Baku Steel non sarebbe più interessata all’acquisizione di Acciaierie d’Italia: a detta del settimanale, il governo e i commissari della società “starebbero cercando di contattare il colosso cinese Baosteel” affinché subentri al posto degli azeri.

CHI SPINGE PER LA NAZIONALIZZAZIONE DI ACCIAIERIE D’ITALIA

Sul tema delle risorse finanziarie di Acciaierie d’Italia, Urso ha detto che i ministeri delle Imprese e dell’Economia hanno “finalizzato il passaggio decisivo per sbloccare i 100 milioni di euro destinati all’integrazione del prestito ponte”, che sarebbero dunque in arrivo. Dall’amministrazione straordinaria Acciaierie d’Italia ha già ottenuto 150 milioni di euro, poi altri 150 milioni da un secondo intervento, poi ancora 320 milioni dal prestito-ponte del ministero dell’Economia e ulteriori 250 milioni a fine gennaio.

Si moltiplicano, intanto, le voci che chiedono una nazionalizzazione dell’ex Ilva. L’analista Gianclaudio Torlizzi, consigliere del ministro della Difesa che interviene spesso sulle vicende di Acciaierie d’Italia, commentando il caso British Steel-Jingye nel Regno Unito, ha scritto: “Il governo di Londra verso la nazionalizzazione di British Steel. Perché non possiamo pensare a una soluzione simile anche per Ilva se l’alternativa è darla alla compagine azera rimettendoci per giunta circa 4 miliardi di denaro pubblico?”.

Sul Sole 24 Ore, quotidiano di proprietà di Confindustria, è stata pubblicata oggi un’analisi del giornalista Paolo Bricco, esperto di storia industriale italiana, così intitolata: Nazionalizzare, scelta ragionevole. Di seguito, un estratto:

Per risanare l’ex Ilva servono cinque miliardi di euro. Chi deve dare i quattro miliardi di euro (o quattro miliardi e mezzo nella seconda ipotesi)? Non lo faranno (non lo farebbero) gli azeri. Lo dovrà fare il sistema nazionale. Con contribuiti, incentivi, linee di credito, garanzie. Ma, allora, se l’Ilva deve rimanere in piedi e deve tornare a correre per la più parte a carico dei contribuenti italiani, perché bisogna cedere ad altri un cespite che paghiamo noi? […] Una nazionalizzazione temporanea sarebbe una scelta ragionevole. La situazione è drammatica? Può darsi. La nazionalizzazione diretta tramite Mef farebbe rabbrividire i puristi del libero mercato e i gestori dei conti pubblici? Può darsi. Ma perché devo, come contribuente italiano, pagare un salvataggio e una decarbonizzazione agli investitori (pubblici) azeri? Può essere una opzione da considerare con cinica attenzione. Lo ha fatto l’Inghilterra con la British Steel.

Non solo il giornale di Confindustria, ma anche il sindacato Uilm (Unione Italiana Lavoratori Metalmeccanici) è favorevole alla nazionalizzazione di Acciaierie d’Italia. Il dirigente sindacale della Uilm Guglielmo Gambardella si è chiesto su Startmag per quale motivo non si decida di procedere alla nazionalizzazione di Acciaierie d’Italia “fino al suo rilancio e successivamente ricercare un nuovo investitore come si è scelto di fare per l’ex Alitalia […]. Allo stato attuale nessun soggetto industriale potrebbe (vorrebbe) farsi carico di un complesso rilancio industriale di tali dimensioni, di un importante intervento di ambientalizzazione ed una complicata gestione sociale”.

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