E’ ancora tempo di riorganizzazioni in casa Creval. La storica banca del Credito Valtellinese, che nel 2016 è diventata società per azioni in seguito alla riforma delle Popolari, a febbraio 2018 ha avuto un aumento di capitale da 700 milioni – cui hanno partecipato 150mila soci – ed esattamente un anno dopo nuovi cambi al vertice con il presidente Luigi Lovaglio che è diventato amministratore delegato e direttore generale.
Insomma, non c’è dubbio che Creval sia in fase di turn around: prima l’aumento di capitale, poi il nuovo management con l’ad Lovaglio e la presentazione del nuovo piano industriale con gli obiettivi al 2021.
Da allora, dicono a Start Magazine fonti sindacali, il management sta mostrando un forte impegno e in particolare sta lavorando alla riorganizzazione interna e a un riposizionamento verso il retail con particolare riguardo alla bancassurance. Senza dimenticare le diverse operazioni di cessioni di Npl svolte in questi mesi: l’ultima, ribadita dall’ad lo scorso agosto, mira ad eliminare 800 milioni di Npl entro il 2020.
Intanto il prossimo appuntamento con la comunità finanziaria è per il 5 febbraio quando il consiglio d’amministrazione presenterà i risultati preliminari dell’esercizio 2019.
COSA SI MUOVE FRA GLI AZIONISTI
Nel frattempo qualcosa si è mosso pure sul fronte azionario.
Dalle comunicazioni periodiche fatte dalla Consob e datate 9 gennaio si apprende che Morgan Stanley ha azzerato la sua partecipazione, prima accreditata al 7,603%.
Da ricordare che Céedit Agricole possiede il 5% del capitale e, anche se ha sempre smentito, non è detto che in una fase successiva – magari quando la riorganizzazione sarà terminata – non possa decidere di aumentare la sua quota visto fra l’altro che ha la possibilità di salire fino al 9,9%.
Primo socio rimane dunque l’hedge fund russo Altera Absolut Investment con il 7,07%, seguito da Dgfd del finanziere francese Denis Dumont con il 5,43% e dal fondo Algebris di Davide Serra con il 5,28%.
I PROBLEMI EVIDENZIATI DAI SINDACATI
Il 20 gennaio le delegazioni del Credito Valtellinese dei sindacati di categoria – Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin – hanno incontrato l’ad Lovaglio per avere chiarimenti sui processi di riorganizzazione aziendale in corso. Le organizzazioni sindacali, al termine della riunione, hanno chiarito in una nota unitaria che Creval “continua a sostenere di non essere ancora entrata nella fase decisionale riguardante gli effetti sindacali del Piano” industriale “Sustainable Growth”, presentato lo scorso giugno, e che “non ha ancora inteso avviare la relativa procedura sindacale”. I sindacati ricordano però che “l’Azienda ha deciso di presentare la prossima formalizzazione delle ‘Direzioni Imprese PMI’ a livello territoriale” senza che però al momento ci siano “effetti sindacali, senza cioè conseguenze giuridiche, economiche e sociali per le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo, che legittimino l’attivazione della relativa procedura sindacale”.
Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin evidenziano però che “il tempo trascorso dalla presentazione del nuovo piano industriale, senza l’avvio di un vero confronto sindacale caratterizzato da un pesante clima di disagio e di incertezza segnalato sia dai colleghi degli uffici interni sia da quelli in rete, portano il Sindacato a tenere alto il livello di monitoraggio e controllo sugli sviluppi in corso”. Per questo, le organizzazioni di categoria invitano i lavoratori del gruppo a “informarci costantemente su tutte le novità in corso ed eventuali disagi che si dovessero presentare, a partire dai colloqui promossi da diverse DT con i gestori POE/GIR, forti dell’appoggio di tutto il Sindacato, non escludendo il possibile coinvolgimento della Commissione Nazionale Politiche Commerciali e Organizzazione del Lavoro, nel caso dovessimo ravvisare la necessità di un approfondimento con Abi e Segreterie Nazionali per il corretto rispetto del ccnl e dei diritti delle colleghe e dei colleghi del Gruppo Creval”.
FUSIONE CON BPER?
Nel risiko delle fusioni bancarie di cui da tempo si parla è pure spuntato il nome di Creval per un possibile merger con Banca Popolare dell’Emilia-Romagna. Una possibilità – c’è da di dire – che viene esclusa dal piano industriale e che, secondo gli addetti ai lavori, attualmente non interesserebbe ai vertici dell’istituto di credito che puntano invece la loro attenzione sull’attività commerciale. Inoltre – si nota – stando all’odierna gestione interna, Creval non sarebbe in grado di affrontare una fusione.