La banca svizzera Credit Suisse ha detto oggi di “respingere con forza” le accuse di comportamenti illeciti emerse con la grande inchiesta giornalista internazionale chiamata Suisse Secrets: è partita dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e vi hanno partecipato decine di giornali, come il New York Times (americano), il Guardian (britannico), Le Monde (francese) o, per l’Italia, La Stampa.
18MILA CONTI DAGLI ANNI ’40 AGLI ANNI 2010
L’inchiesta, sviluppatasi a partire dalle informazioni fornite da una fonte anonima, ha riguardato migliaia di conti correnti segreti aperti nell’istituto in un arco di tempo lunghissimo – dagli anni Quaranta del Novecento agli anni Dieci dei Duemila – e riconducibili a persone accusate di riciclaggio di denaro, narcotraffico o altre attività illecite. La maggior parte dei conti segreti risultano essere stati aperti dal 2000 in poi.
I conti oggetto dell’inchiesta sono in tutto più di 18mila, per un valore complessivo superiore ai 100 miliardi di dollari. Non tutti i dati dei clienti leakati – da leak, cioè la divulgazione al pubblico di documenti riservati – sono però riconducibili a operazioni illegali.
I PROPRIETARI DEI CONTI SEGRETI
Tra i conti più controversi ci sono quelli di Stefan Soderholm, trafficante di esseri umani nelle Filippine; di Ronald Li, ex-presidente della borsa di Hong Kong incarcerato per corruzione; di Hisham Talaat Moustafa, accusato di aver assoldato un sicario per uccidere l’ex-fidanzata; di Nervis Villalobos, ex-viceministro dell’Energia del Venezuela indagato per riciclaggio; e poi di uomini d’affari legati a regimi autoritari e di persone sospettate di crimini di guerra; figura anche un italiano che riciclava denaro per la ‘ndrangheta.
LA DIFESA DI CREDIT SUISSE
Domenica Credit Suisse ha fatto sapere di aver esaminato un gran numero di conti potenzialmente associati con i punti critici sollevati dall’inchiesta. Ha detto che “circa il 90 per cento dei conti esaminati sono oggi chiusi o erano in fase di chiusura prima delle richieste della stampa, e oltre il 60 per cento sono stati chiusi prima del 2015”. Non ha però rilasciato commenti sui singoli clienti emersi dal lavoro giornalistico.
La banca ha inoltre detto di essere “pienamente consapevole della sua responsabilità nei confronti dei clienti e del sistema finanziario nel suo complesso per garantire il mantenimento dei più alti standard di condotta”. Ha però definito l’inchiesta “uno sforzo concertato per screditare non solo la banca ma il mercato finanziario svizzero nel suo complesso, che ha subito cambiamenti significativi negli ultimi anni”.
LA SVIZZERA E IL SEGRETO BANCARIO
I PRECEDENTI
Non è la prima volta che Credit Suisse finisce coinvolta in qualche scandalo. Nel 2014, ad esempio, dopo essere stata sottoposta a un’indagine del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, accettò di pagare una somma di 2,6 miliardi di dollari e ammise di aver aiutato migliaia di cittadini americani a evadere le tasse.
Più recentemente, Credit Suisse figurava tra le banche maggiormente coinvolte nel caso Archegos, il fondo d’investimento americano fondato da Bill Hwang (già coinvolto in casi di frode) e fallito l’anno scorso, causando perdite ingenti sul mercato finanziario: solo quelle di Credit Suisse ammontarono tra i 3 e i 4 miliardi.