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Bentivogli Fim

Cosa succede nella Fim Cisl?

Dopo il commento dell'editorialista Giuliano Cazzola sulle dimissioni di Bentivogli da segretario generale della Fim-Cisl, pubblichiamo la lettera di un dirigente Fiom

Dopo il commento dell’editorialista Giuliano Cazzola sulle dimissioni di Bentivogli e l’articolo dell’ex segretario della Cisl, Savino Pezzotta, riceviamo e pubblichiamo un intervento di Pietro Bertoli, pseudonimo di un dirigente Fim

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Caro direttore,

Giuliano Cazzola su Start Magazine ha scritto una sorta di “coccodrillo” sui meriti di Marco Bentivogli in occasione della notizia delle dimissioni dello stesso da segretario generale dei metalmeccanici della Cisl, la Fim. “Marco è un sindacalista di grande valore” e speriamo non cambi mestiere, è la considerazione a margine di Cazzola: l’ex sindacalista Cgil e ora editorialista nota che le dimissioni devono essere scaturite da “problemi nei rapporti con il gruppo dirigente della Confederazione”, gruppo dirigente che, quindi, non è in grado di valutare i meriti e la dimensione del profilo sindacale di Bentivogli. È però lo stesso gruppo dirigente cui Cazzola, in chiusura di articolo, chiede di non privarsi dello stesso. Delle due l’una, o il gruppo dirigente Cisl è in grado di riconoscere i meriti di “un ottimo leader” oppure, come sostiene sempre l’autore, ritiene una virtù “l’aurea mediocritas”.

A supporto delle tesi espresse nell’articolo, si attribuiscono importanti meriti sindacali alla gestione di Bentivogli, meriti che però, in effetti, si fatica a trovare. Il primo, infatti, sarebbe quello di aver sconfitto a Pomigliano la linea oltranzista dalla Fiom di Landini. L’accordo di Pomigliano è del giugno 2010: c’è ancora la Fiat che ancora aderisce a Confindustria e che stipula un accordo con Fim, Uilm e Fismic attuando il punto più conflittuale dell’accordo interconfederale del 2009, anch’esso non sottoscritto dalla Cgil. È di dicembre dello stesso anno la decisione della JV (Fabbrica Italia) nel frattempo costituita di uscire da Confindustria con il famoso accordo di Mirafiori. “Una vittoria contro tutti” scrive Cazzola attribuendola a Bentivogli… ma una vittoria in realtà del binomio Farina/Bonanni, una vittoria della Fim che sapeva dialogare con la Cisl e fare sinergia con la Confederazione.

Una vittoria che, insieme al contratto dei metalmeccanici firmato nel 2009 senza la Fiom, aveva portato la Fim e la Cisl a essere i veri protagonisti del panorama contrattuale italiano. Bentivogli (divenuto segretario generale nel novembre 2014) non può certamente ascriversi questo merito perché all’epoca solo componente di segreteria nazionale non con delega alla Fiat.

Il suo maggior successo, però, da quanto si legge, sembra essere quello di aver sottoscritto un contratto di categoria innovativo. Serve osservare, però, che Bentivogli nel 2014 ereditò una Fim che aveva saputo definire una ben precisa identità: con il Ccnl del 2009 e con gli accordi Fiat del 2010, la Fim aveva preso consapevolezza di saper camminare con le proprie gambe ed era diventata l’organizzazione di riferimento, anche per le sue elaborazioni, della politica contrattuale di settore. I metalmeccanici della Cisl avevano scoperto di non essere secondi a nessuno, anzi, avevano acquistato orgoglio e motivazione. Erano finalmente diventati “adulti”.

Attorno a questi successi contrattuali, la federazione si era riunita superando anche dissidi organizzativi interni. Sono passati solo sei anni e della gestione Bentivogli abbiamo come risultato un contratto nazionale firmato unitariamente, fotocopia del precedente ma con parte salariale talmente irrisoria da dover far leva su Welfare e formazione per renderlo accettabile. Ora un Ccnl al rinnovo (Covid a parte) che non decolla grazie anche a una piattaforma inaccettabile, stilata per lo più da Fiom e Uilm, e firmata contro ogni coerenza, rinunciando ormai a giocare quel ruolo da protagonista conquistato nel 2009 con tanta fatica e determinazione (vale giusto la pena ricordare i tanti delegati picchiati per sostenere questa linea e le tante sedi assaltate e devastate). Non parliamo del successo dell’Ilva.

Occorre saper tradurre le “visioni” in azione contrattuale cosa che il leader Bentivogli non è riuscito sempre a fare. Per questa assenza di merito sindacale, nel dibattito (se c’è) prevalgono i problemi interni di “organigramma”.

In poco più di un mandato, da federazione unita intorno a una identità sindacale a federazione disgregata di tifosi. C’è davvero da sperare che Bentivogli decida di fare altro e che la Fim, con un percorso che sarà lungo e certamente non privo di dolore, ritrovi la sua unità e la sua capacità propositiva e di analisi, tornando a essere quell’agente contrattuale di cui tanto c’è ancora bisogno nel Paese, per superare sì i problemi nei rapporti con la Confederazione, ma soprattutto per il dovere di rappresentanza degli iscritti, dei lavoratori metalmeccanici e anche per un sano confronto con le controparti.

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