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Bentivogli

Vi racconto i meriti del sindacalista Bentivogli (che non deve cambiare mestiere). Firmato: Cazzola

Marco Bentivogli ha rassegnato le dimissioni dalla segreteria generale della Fim. Spero che la Cisl non perda un ottimo leader. Commento e analisi di Giuliano Cazzola

Non occorre essere particolarmente scafati nei meccanismi della politica per capire che dietro la lettera con la quale Marco Bentivogli ha rassegnato le dimissioni dalla segreteria generale della Fim-Cisl esistono dei problemi  nei rapporti con il gruppo dirigente della Confederazione. Ed è un peccato perché Marco  è (speriamo che non cambi mestiere) un sindacalista di grande valore.

Occorre andare indietro di alcuni decenni per trovare persone alla sua altezza che, oltre ad un’indubbia professionalità, esprimono un ‘’pensiero’’. Ovviamente, non tutti i ‘’pensieri’’ vanno nella direzione giusta, mettono in evidenza ciò che oggi viene definita una ‘’visione’’.

Bentivogli aveva del cambiamento una idea di trasformazione, di consapevolezza delle realtà che mutano – anche contro di noi – se non siamo in grado di interpretarle e indicarne la direzione di marcia. Altri dirigenti sindacali vedono nel cambiamento un ritorno all’indietro a tempi che sono esistiti soltanto nella loro fantasia o nelle loro speranze. Il mestiere del sindacalista è particolare, al pari di quello di un direttore d’orchestra che può avere un suo stile, ma che deve rispettare gli spartiti dell’autore.

Se volessimo usare dei termini tecnici potremmo paragonare il lavoro di un sindacalista a quello di un artigiano che coltiva una professione altamente qualificata: un liutaio per esempio, oppure un  restauratore o un vetraio di Murano. Mestieri  che possono creare delle opere pregiate o, se fatti da inesperti o lazzaroni, rovinare dei prodotti di grande valore. Gestire una vertenza sindacale richiede la stessa abilità, altrimenti si producono dei danni gravissimi alle imprese a ai lavoratori. Ricordo che negli anni ’70, Luciano Lama redarguì un giovane e bellicoso sindacalista che, dalla tribuna si vantava di aver portato il lavoratori di un’azienda ad effettuare 200 ore di sciopero in occasione di una contrattazione decentrata. Il leader della Cgil, nelle conclusioni, replicò che un dirigente così meritava il licenziamento, perché quei lavoratori avrebbero impiegato degli anni per recuperare il salario perduto.

Bentivogli ha avuto dei meriti che nessuno potrà toglierli. A Pomigliano ha sconfitto la linea oltranzista della Fiom di Maurizio Landini con un accordo che poi è stato esteso ad altri stabilimenti: una vittoria, contro tutti, contro una campagna mediatica ostile, ma una vittoria conquistata grazie al voto dei lavoratori. Purtroppo nella vertenza ex Ilva, non è stato in grado di avere ragione della follia di questo Paese e di difendere l’accordo Arcelor Mittal dai suoi  nemici, che sono poi gli assassini della più grande acciaieria di Europa. Fui invitato ad un Congresso della Fim svoltosi prima delle elezioni del 2018, quando l’esito del 4 marzo era temuto, ma non in quelle proporzioni in cui si verificò (e con le conseguenze politiche che ne sono derivate).

Conservo ancora il testo della relazione di Marco, perché rimasi impressionato da uno stile che non concedeva nulla (per un sindacalista è molto difficile astenersi da qualche battuta contro il governo e i padroni) al populismo e alla demagogia. Apprezzai anche il coraggio con cui, durante una riunione unitaria chiamata ad approvare l’intesa raggiunta, nell’autunno del 2016, dalle segreterie confederali sull’assetto delle relazioni industriali (che sapeva di antico) fu l’unico a svolgere un intervento critico che iniziava con queste parole: ‘’In questi giorni è stata fatta circolare una proposta contrattuale  tanto strampalata che per poterla spiegare è stata agganciata alla moda del momento, ovvero ispirare il contratto nazionale di categoria al “modello tedesco”, ignorandone le caratteristiche e  le notevoli differenze rispetto al sistema italiano. Il contratto tedesco non è nazionale, non dura un anno e riguarda poco più del 30% dei lavoratori. Se non si hanno le idee chiare si rischiano di importare i vizi e non le virtù degli altri modelli’’.

Il suo maggior successo fu il rinnovo del precedente contratto di categoria di forte impatto innovativo, ma rimasto isolato, tanto che la piattaforma attualmente in discussione costituisce un  incomprensibile atto di resa alle posizioni della Cgil e una clamorosa rivalutazione del contratto nazionale. Forse è da lì che ha inizio la sua sconfitta.

Di lui si dice in giro che ha un brutto carattere, che scrive troppi libri e che travalica, nell’opinione pubblica, il ruolo del sindacalista per tracimare in politica. Si vede che l’aurea mediocritas è ritenuta una virtù anche nel gruppo dirigente dei sindacati. Mi auguro che non finisca così. Altrimenti la Cisl perderebbe un ottimo leader. E sarebbe la seconda volta dal 2008 ad oggi, quando la confederazione si privò di Giorgio Santini, inducendolo a candidarsi alle elezioni per non succedere a Raffaele Bonanni.

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