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volatilità

Cosa succede alle economie di Usa, Ue e Cina

L’economia statunitense è stata più resiliente di quanto molti operatori di mercato non avessero anticipato lo scorso anno: ma potrà continuare ad esserlo? Il commento di Stephen Dover, Head of Franklin Templeton Institute

La metafora della temperatura (troppo calda, troppo fredda o perfetta) è molto adatta anche per la situazione attuale nelle dinamiche del mercato. C’è un surriscaldamento che segnala preoccupazioni per l’inflazione e una possibile bolla? L’economia è troppo fredda, contraddistinta da un ritardo nella crescita e il rischio di stagnazione? O ci troviamo forse in quell’elusiva zona “Goldilock”, dove tutto è perfetto, almeno per ora. Abbiamo organizzato recentemente una tavola rotonda alla quale hanno partecipato economisti della nostra società, per ascoltare le varie view e opinioni in merito a tali questioni.

L’economia statunitense è stata più resiliente di quanto anticipato, principalmente a causa dei fattori seguenti:

  • Il calo dell’inflazione ha dato una spinta al reddito reale e al potere di spesa.
  • Un contributo alla spesa è stato generato anche dalle eccedenze dei risparmi accumulati durante la pandemia.
  • Vi è stata un’inversione dei problemi legati alla pandemia, ad esempio un rimbalzo della produzione di auto e delle vendite, con il mitigarsi delle carenze di chip.
  • Il mercato del lavoro è stato robusto, e potrebbe esserci un ulteriore rafforzamento generale se i lavoratori in sciopero nel settore delle auto otterranno gli aumenti salariali richiesti.

Vi sono rischi di rilievo riguardo alla possibilità che la resilienza economica degli Stati Uniti continui nel quarto trimestre e oltre. Molti motivi per la resilienza dell’economia statunitense iniziano a svanire. Per il quarto trimestre 2023, si prevede una ripresa dei rimborsi dei prestiti per gli studenti negli Stati Uniti, che potrebbe avere un effetto di zavorra sulla spesa. La minaccia persistente di uno shutdown del governo nel periodo più avanzato dell’anno potrebbe essere negativa per la crescita. Abitualmente l’impatto degli aumenti dei tassi d’interesse sulla crescita dell’occupazione comincia a risentirsi dopo uno o due anni. La Federal Reserve aveva iniziato ad alzare i tassi circa 18 mesi fa, indicando maggiori probabilità di un rallentamento andando avanti.

La crescita dell’economia in Europa e in Cina è apparsa più lenta di quanto anticipato. L’Europa ha dimostrato forti difficoltà nel riprendersi dallo shock subito dal commercio nell’anno passato dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il downside in Europa potrebbe riflettere l’impatto della politica più rigida della Banca Centrale Europea. La Cina ha dovuto affrontare molti problemi, tra cui un calo delle attività legate al settore residenziale, che hanno esercitato una pressione sui bilanci societari e del governo locale. Il periodo di debolezza della crescita cinese rafforza un impulso disinflazionistico per l’economia globale.

Per i prezzi del petrolio non si prevede alcun impatto di rilievo sull’inflazione core. Attualmente gli aumenti del prezzo del petrolio sono legati a variazioni dell’offerta dovute a tagli della produzione. Nel breve termine ciò darà impulso all’inflazione headline, ma è meno probabile che abbia un impatto sull’inflazione core. La situazione inoltre è diversa rispetto all’anno passato, quando i prezzi di tutte le materie prime erano saliti contemporaneamente. Nei prezzi di altre materie prime non stiamo vedendo quest’aumento concomitante.

L’incertezza relativa a uno shutdown del governo statunitense sottolinea la sfida a lungo termine della stabilità fiscale. Pur essendo stato evitato di stretta misura uno shutdown, sembra probabile un’altra battuta di arresto dovuta a una disfunzione nella capacità del Congresso di raggiungere un accordo di compromesso. Le spese per interessi in percentuale del bilancio sono enormi e aumenteranno, considerando che i tassi d’interesse sono saliti. Dal momento che le emissioni di obbligazioni governative sono posizionate in gran parte sul segmento breve della curva, a seguito della domanda più elevata per questi strumenti, con la scadenza delle obbligazioni il bilancio generale è esposto agli aumenti dei tassi. Ciò nonostante, siamo ancora convinti che il dollaro statunitense continuerà ad essere la valuta di riserva mondiale, soprattutto considerando che attualmente non vi sono alternative che soddisfano tutti i requisiti.

Con il rialzo dei tassi, spostare le partecipazioni nel portafoglio in obbligazioni al posto della liquidità appare interessante. Le obbligazioni generano total return producendo reddito, non solo in base alle variazioni dei prezzi. È un contributo stabile e consistente al rendimento del portafoglio. Inoltre le obbligazioni sono un asset che contribuisce alla diversificazione e andando avanti mostra una bassa correlazione prevista con le azioni. A questi livelli, cominciare a sostituire le partecipazioni liquide con opzioni obbligazionarie è allettante. Al momento attuale, è più allettante scegliere un investimento in obbligazioni rispetto alle azioni.
 

 

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