skip to Main Content

E-Cigarette Summit

Cosa si è detto all’E-Cigarette Summit UK 2021

Il mondo del tabacco è in fermento. E il motivo del contendere, ancora una volta, risultano essere le campagne dell’Oms con cui punta a ridurre al 5% i fumatori di sigarette entro nel 2040. Al ritmo attuale, infatti, ogni anno muoiono nel mondo circa otto milioni di persone per malattie legate al fumo, di queste…

Il mondo del tabacco è in fermento. E il motivo del contendere, ancora una volta, risultano essere le campagne dell’Oms con cui punta a ridurre al 5% i fumatori di sigarette entro nel 2040. Al ritmo attuale, infatti, ogni anno muoiono nel mondo circa otto milioni di persone per malattie legate al fumo, di queste l’80% sono i fumatori attivi. Più di 20mila al giorno. Che serva ridurle non ci sono dubbi.

Scienziati e mondo del tabacco litigano e si dividono, però, sulle modalità per raggiungere l’obiettivo: molti sostengono che le sigarette elettroniche possano rappresentare una valida exit strategy. Qualunque sia la scadenza, “le sigarette elettroniche rimangono l’aiuto più popolare per smettere, ma i tassi di consumo di ecig rimangono invariati dal 2013”, ha fatto notare Rosanna O’Connor, direttore del dipartimento Dipendenze e Inclusione del sistema sanitario inglese, intervenendo allo E-Cigarette Summit. Le istituzioni, a iniziare dall’Ue, vorrebbero approcci più intransigenti e meno flessibili, che colpiscano anche quel comparto, ignorando la tesi della riduzione del danno.

Colin Mendelsohn, autore del libro “Stop Smoking, Start Vaping” ha spiegato come “la maggior parte dell’opposizione alle sigarette elettroniche non si basa su prove ma su questioni ideologiche sottostanti, posizioni morali”. Ecco perché Robert Beaglehole, dell’università di Auckland, dopo quasi 50 anni di lavoro con l’Oms, ritiene prioritario che l’organizzazione promuova una politica di controllo del tabacco che includa la riduzione del danno, ovvero l’incentivazione a passare dai prodotti tradizionali a quelli tecnologici come le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato perché ad oggi “l’Oms ha perso l’orientamento. I Paesi che hanno abbracciato la riduzione del danno stanno rapidamente riducendo i tassi di fumatori, in Svezia e Giappone si registra una diminuzione del 30%. Vi chiedo di considerare la possibilità che vi sbagliate”, ha concluso Beaglehole rivolgendosi al direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

“Forze ostili e alleate” stanno “influenzando la transizione verso alternative a basso rischio al fumo”. È il ritratto dipinto da Clive Bates, esperto che dirige il Counterfactual Consulting, un’organizzazione di consulenza sulle policy, intervenendo al ‘Virtual E-Cigarette Summit UK 2021. Bates le chiama le “nuove guerre del tabacco”. Ed “evidenzia la necessità di spogliare la riflessione sulle nuove tecnologie disponibili e sulle strategie di lotta al fumo di sigaretta “di tutto il rumore sottostante”.

 

“Qualcuno – ha proseguito l’esperto – ha trovato un’associazione tra ‘vaping’ e frattura ossea. E questa diventa automaticamente un comunicato stampa che mostra che c’è un nesso di causalità. Ma quando si esaminano i limiti dello studio, si evince che sono significativi”. In questo caso “siamo di fronte a un abuso di correlazione e di causalità”. Altro esempio sono gli “annunci pubblicitari su qualcosa che viene proposto come un fatto, ma che in realtà non lo è”. Per Bates si tratta di”grandi bugie”, come per esempio i claim: “Nicotina uguale veleno per il cervello. Oppure: il vaping è sicuro come il paracadutismo senza paracadute”.

Bates ha ricordato: “Si è visto che il proibizionismo non funziona mai”. E a tal proposito ha citato il caso Bhutan, dove da inizio anni 2000 vige il divieto assoluto di fumo e di vendita del tabacco: il Paese “si trova ora di fronte a una sfida più grande: quella del traffico illegale di tabacco e dei suoi prodotti”, di un “mercato illecito che si è ampliato” nel tempo e, “come indicano gli studi”, vede al centro “i giovani bhutanesi”.

Fra le altre misure esaminate da Bates, la tassazione dei vaporizzatori: “Lo scienziato Michael Pesko ha sottolineato che una tassa federale sul vaping comporterebbe un aumento di mezzo milione di giovani fumatori e che per ogni capsula di e-cig eliminata, verrebbero venduti più di 5,5 pacchetti di sigarette. Chi può pensare che questa sia una vittoria?”, si chiede l’esperto, che invita a superare l’inerzia culturale e istituzionale, a superare logiche punitive e di stigma, e a considerare senza pregiudizio l’apporto che potrebbe arrivare dalle nuove tecnologie.

“Le nuove tecnologie – ha spiegato – vengono spesso accolte con opposizione. A mio avviso la domanda è: sono un’opportunità o una minaccia? L’assunto che portino necessariamente un rischio sconosciuto guida parte del dibattito e questo aspetto è spesso amplificato a livelli che mettono in ombra i pericoli dei rischi noti”. Bates ha poi fatto riferimento al caso Evali (lesioni polmonari associate a uso di e-cig e prodotti per il vaping) e all’allarme negli Usa legato alla presunta “epidemia da svapo”, che poi report delle autorità sanitarie hanno evidenziato essere correlata all’uso di liquidi contenenti Thc e perlopiù provenienti dal mercato illegale. “Niente a che fare con la nicotina”, sottolinea.

La consistenza del rischio Evali è stata presa in considerazione anche fuori dai confini degli States. Per esempio in Gb, come ricordato da Craig Copland, E-Cigarette Unit Manager – Vigilance and Risk Management of Medicines, dell’ente regolatorio britannico Mhra. L’esperto illustra come funzionano i processi di notifica nel Regno Unito dopo la Brexit e mostra dati provenienti dallo schema ‘Yellow Card’, il sistema attraverso cui si segnalano le reazioni avverse da una molteplicità di prodotti, non solo le sigarette elettroniche. In un decennio, secondo i dati citati, ci sono state intorno a 150 segnalazioni per il vaping. Per avere un termine di paragone, complessivamente la Mhra riceve 40.000 segnalazioni di ‘yellow card’ all’anno. Nel descrivere l’attività condotta sull’alert relativo al rischio Evali, l’esperto spiega che in Uk “sono state ricevute in totale 275 segnalazioni di reazioni avverse”, non sicuramente Evali. Del totale, il 36% arrivavano dal pubblico, il 19% da sanitari e il 45% dall’industria.

Back To Top