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Copasir Difesa Europea

Le cineserie di Alpi Aviation viste dal Copasir

L'articolo di Giuseppe Gagliano.

 

Il cane da guardia dell’intelligence italiana, e cioè il Copasir, ha chiesto un monitoraggio più stretto – e in stile statunitense – delle acquisizioni aziendali dopo le accuse secondo cui la Cina ha tranquillamente acquistato un produttore di droni militari italiani che ha fornito le forze speciali italiane.

Nel suo ultimo rapporto annuale, la commissione di supervisione dell’intelligence parlamentare italiana (COPASIR) ha spinto il governo a rafforzare il monitoraggio delle acquisizioni, esortandolo a seguire l’esempio degli Stati Uniti e cioè del Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti, meglio conosciuto come CFIUS.

“(CFIUS) va oltre il controllo delle transazioni annunciate e monitora attivamente tutte le attività sul mercato che potrebbero essere deliberatamente omesse”, ha affermato il comitato nella sua relazione annuale.

L’allarme è stato spinto da un raid l’anno scorso da parte della Gdf su Alpi Aviation, una società di Pordenone che produce l’UAV Strix.

Con un peso di 10 kg con un’apertura alare di tre metri, la Strix può trasmettere video e immagini a infrarossi in tempo reale ed è stata utilizzata dalle forze speciali italiane in Afghanistan.

Gli investigatori hanno affermato che una quota del 75% dell’azienda è stata acquistata nel 2018 a un prezzo gonfiato da una società con sede a Hong Kong, a sua volta controllata da società statali cinesi, che prevedeva di trasferire la produzione in Cina.

La vendita avrebbe violato la legge italiana sul “Golden Power”, in base alla quale le società di difesa, così come le società strategiche, possono essere vendute solo al di fuori dell’Italia con il permesso specifico del governo.

La Gdf ha detto che l’azienda non ha notificato al governo italiano il cambio di proprietà, quindi ha anche infranto la legge italiana sulle esportazioni della difesa non avendo informato il governo quando ha temporaneamente esportato un drone per l’esposizione in una fiera di Shanghai del 2019.

Gli avvocati dello studio hanno negato le accuse, il che potrebbe portare a multe da parte del governo per violazione della regola del Golden Power, nonché accuse penali per esportazioni illegali di difesa.

Nella sua relazione annuale, pubblicato la scorsa settimana, la commissione parlamentare di intelligence ha affermato che le accuse di Alpi Aviation hanno dimostrato la necessità di un “rafforzamento” della regola Golden Power, il che significa un migliore monitoraggio delle acquisizioni.

Proprio come il CFIUS, i funzionari della Golden Power dovevano cercare in modo proattivo acquisizioni in cui il vero acquirente era nascosto, afferma il rapporto.

Inoltre, la relazione invita il governo italiano a monitorare l’attività prima di un’acquisizione, esaminando i potenziali acquirenti a cui è stato dato accesso alle sale dati dell’azienda italiana durante le fasi di due diligence, quando “informazioni molto sensibili e segreti industriali sono condivisi con entità straniere, nonostante un accordo di riservatezza”.

Il rapporto afferma che la legislazione italiana Golden Power era stata invocata per studiare 800 transazioni finanziarie proposte dal 2012, con un veto sulle acquisizioni utilizzate tre volte.

Ha avvertito che gli acquisti di piccole imprese e start-up avevano maggiori probabilità di sfuggire all’attenzione dei funzionari e ha anche affermato che la legislazione non era abbastanza dura da fermare l’influenza cinese sulla rete 5G italiana.

Il rapporto ha anche sollevato l’allarme sulla minaccia degli investimenti cinesi nei porti italiani, un’apparente confutazione della decisione di un governo italiano nel 2019 di aderire all’iniziativa Belt and Road cinese, che prevedeva tali investimenti.

Ha anche affermato che le università italiane potrebbero essere utilizzate come “cavalli di Troia” dagli agenti cinesi che cercano di accedere alla ricerca.

Ostacolate da scarsi finanziamenti, le università erano vulnerabili alle offerte cinesi di investimento, portando al “rischio reale che la tecnologia e il know-how venissero rubati”.

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