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Come va Open Fiber?

A che punto è il rifinanziamento di Open Fiber, la società della rete in fibra

Snodo cruciale per il riequilibrio finanziario di Open Fiber, la società della rete in fibra che per il 60% fa capo a Cdp tramite Cdp Equity e per il restante 40% al fondo infrastrutturale australiano Macquarie.

Lo scorso giugno soci e istituti di credito hanno raggiunto un accordo per 3,2 miliardi di euro necessari a realizzare il nuovo piano industriale, da finanziare in parte a debito e in parte con una nuova iniezione di capitale dei soci.

Come riporta oggi il Sole 24 Ore, “le banche creditrici, esposte per oltre 6 miliardi verso la società, avevano fatto presente già da qualche tempo che – in assenza di determinate condizioni – si sarebbero trovate costrette a considerare l’avvio di una procedura di ristrutturazione dopo la scadenza del 10 dicembre quando, secondo le stime, Open Fiber si sarebbe trovata di nuovo in affanno sul fronte della liquidità”.

“Quella scadenza sembrerebbe ora superata” sottolinea il quotidiano confindustriale. Secondo il Sole, il 6 dicembre è prevista la riunione del cda di Cdp per deliberare l’iniezione di nuovo capitale, con la finalità di “garanzia” per i negoziati con gli istituti di credito che non hanno ancora concluso la fase di definizione del prestito negoziato quest’estate con Open Fiber per l’importo aggiuntivo di 1,1 miliardi di euro con orizzonte temporale al 2029.

Riguardo le cifre in gioco, è Milano Finanza a fare i conti: Open Fiber dovrebbe ricevere 900 milioni dai soci, di cui 500 milioni da Cdp e 400 milioni da Macquarie, per garantire la liquidità fino ai primi mesi del 2025.

A seguire il board di Cassa depositi e prestiti in agenda venerdì, ci sarà la riunione del cda di Open Fiber presieduto da Paolo Ciocca.

Tutti i dettagli.

L’ACCORDO CONCLUSO LO SCORSO GIUGNO PER 3,2 MILIARDI PER OPEN FIBER

Come detto, lo scorso 7 giugno si è trovato l’accordo tra soci e banche per il finanziamento di Open Fiber da oltre 3 miliardi di euro in tutto, necessari a realizzare il nuovo piano industriale.

L’operazione per la messa in sicurezza della società della fibra è strutturata in due parti: un prestito ponte da 1,2 miliardi, sbloccando una parte del vecchio project financing del 2022, che seguirebbe le regole già stabilite, quindi una ripartizione di 70 e 30 tra leva ed equity. Allo stesso tempo, si prevede un prestito long term di circa 2 miliardi in tutto, con una suddivisione 55-45 tra banche e soci.

Al 30 giugno, la società guidata da Giuseppe Gola aveva già ricevuto 875 milioni in prestiti bancari e 375 milioni come nuove capitale dai soci.

La suddivisione dell’equity dovrebbe seguire l’attuale struttura societaria: l’azionista unico di Open Fiber è Open Fiber Holdings, scatola societaria partecipata al 60% da Cdp equity e al 40% da Macquarie. Quindi il 60% in capo a Cdp (intorno a 500 milioni) e il 40% in capo a Macquarie (circa 400 milioni), ricordava quest’estate sempre MF.

L’IMPEGNO DEI SOCI

Le modalità di contribuzione della Cassa non sono però neutre per quanto riguarda il rapporto tra i soci, puntualizza oggi il Sole 24 Ore.

“Macquarie, di suo, ha già deliberato a luglio un’operazione a equity (aumento di capitale/versamento soci in conto capitale) a favore di Open Fiber per circa 420 milioni, subordinata però alla condizione che si definisca il perimetro di copertura delle aree grigie – quelle a semi-fallimento di mercato dove la costruzione della rete è sovvenzionata con i fondi del Pnrr – nei lotti vinti da Open Fiber, questione che richiederà appunto ancora qualche mese di tempo prima di arrivare a un punto fermo” precisa il quotidiano confindustriale.

IL RITARDO SULL’ATTUAZIONE DEL PIANO ITALIA 1 GIGA

Oltre ai ritardi accumulati nel Piano Banda Ultralarga – Aree Bianche, cioè quelle definite “a fallimento di mercato”, la Open Fiber è in ritardo anche sull’attuazione del Piano Italia 1 Giga promosso dai fondi del Pnrr e attuato da Infratel per la banda ultralarga nelle aree grigie, quelle a parziale concorrenza, che dovrà essere completato entro giugno 2026.

Lo scorso aprile un emendamento approvato nell’ambito del decreto Pnrr dava la possibilità alle due aziende aggiudicatarie del Piano Italia a 1 Giga, cioè Open Fiber e Tim (oggi la nuova Fibercop) di sostituire i civici cosiddetti ‘fantasma’ con altri civici adiacenti.

Lo scorso ottobre sempre il Sole 24 Ore riportava che il Piano Italia a 1 Giga, si avvia a “perdere” 155mila civici, secondo l’emendamento al disegno di legge di bilancio. “Che complessivamente dovrebbero così uscire dai piani di investimento di Open Fiber e Fibercop. Con due risultati immediati e uno in arrivo come conseguenza diretta” rileva il quotidiano confindustriale.  Il provvedimento dovrebbe favorire nell’immediato il completamento del lavoro nei tempi previsti secondo la ripartizione dei lotti assegnati a Open Fiber (8) e Fibercop (7). Dopodiché dovrebbe assicurare risparmi per milioni di euro per le due società wholesale.

COSA FARÀ MACQUARIE

Tornando al rapporto dei soci di Open Fiber, secondo il Sole 24 Ore “allo stato quindi Macquarie non potrebbe seguire Cdp se la Cassa deliberasse un intervento a equity da 630 milioni, quota parte dell’immissione di fondi da 1,050 miliardi complessivi da parte dei soci concordata la scorsa estate nell’ambito del rifinanziamento complessivo del project financing per oltre 2 miliardi cui le banche dovrebbero contribuire con nuovo credito per il 55%”.

Pertanto, “La conseguenza sarebbe che Macquarie si diluirebbe nella holding di Open Fiber di riflesso al rafforzamento di Cdp, la cui quota aumenterebbe”.

Ed ecco che uno scenario simile comporterebbe una tensione tra i due soci, alla luce anche dell’eventuale discussione sulla rete unica. Ovvero il progetto di aggregazione di Open Fiber con la rete fissa ex Tim oggi FiberCop, su cui il governo ha confermato l’interesse, osserva il Sole.

OPZIONE PRESTITO-PONTE

Infine, “diverso sarebbe se l’intervento di Cdp prendesse invece la strada del prestito-ponte, in attesa che si chiarisca meglio la mappa dei numeri civici da coprire nelle aree grigie (processo che richiede un passaggio a Bruxelles) e che maturino quindi le condizioni per un’iniezione di capitale in contemporanea da parte dei due soci di Open Fiber Holdings” segnala il Sole 24 Ore, precisando che questa soluzione “andrebbe comunque verificata con le banche, che sono pure in attesa di capire come si risolverà la questione della copertura delle aree grigie”.

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