Costruttori e immobiliaristi stanno per tirare un sospiro di sollievo a Milano: si sta sbloccando, infatti, l’impasse sul provvedimento ribattezzato Salva Milano da alcuni osservatori interessati.
La commissione Ambiente della Camera ha approvato l’emendamento al provvedimento sulla rigenerazione urbana che dovrebbe sbrogliare la complessa questione legata alle inchieste di abuso edilizio che sta paralizzato il settore immobiliare milanese, secondo i mugugni delle imprese del comparto.
La misura è di fatto un’interpretazione autentica della legge urbanistica del 1942 per chiarire come vanno lette ed eseguite le pratiche in merito ad alcune regole urbanistiche su cui sono sorte differenti interpretazioni del comune di Milano e della Procura. Il nodo in particolare riguardava la scelta di consentire la realizzazione di costruzioni sopra i 25 metri con una semplice Scia senza passare dalla procedura più articolata relativa a un piano attuativo.
IL NODO DEL CONTENDERE SECONDO IL SOLE 24 ORE
Il nodo della questione così fu sintetizzato dal Sole 24 ore con le prime iniziative della magistratura: “La procura di Milano e il nucleo economico finanziario della Gdf di Milano hanno acquisito le carte di 40 progetti edilizi, per i quali il Comune di Milano ha rilasciato l’autorizzazione a costruire tramite Scia, la segnalazione certificata di inizio attività. Per gli inquirenti infatti non sarebbe questo il metodo appropriato per realizzare grandi costruzioni, anche dopo la demolizione di un edificio preesistente, se si superano i 25 metri di altezza e una superficie di almeno 3 metri cubi per ogni metro quadrato: in questo caso, dice la procura, non saremmo di fronte ad una «ristrutturazione», ma ad una costruzione nuova vera e propria, e come tale andrebbe trattata, utilizzando il rilascio di un più complesso permesso o realizzando un nuovo piano attuativo”
LE NOVITA’ IN ARRIVO PER MILANO SECONDO IL CORRIERE DELLA SERA
“Sofferta, frutto di un lavoro complicato durato mesi, arriva la norma «interpretativa» che modifica le regole edilizie sulla rigenerazione urbana, ma soprattutto salva i grattacieli, e il Comune, di Milano. Centocinquanta progetti, torri di decine di metri cresciute al posto di vecchi edifici, bloccati dalla Procura con il rinvio a giudizio dei tecnici del Comune, perché realizzate in difetto di autorizzazione. Come se fossero (e al costo di) una semplice ristrutturazione edilizia”, è questo il succo della questione secondo Il Corriere della sera, che così ha ricostruito la cronaca delle ultime ore: “La norma voluta dalla maggioranza, con un emendamento di Aldo Mattia (FdI) al disegno di legge sulla rigenerazione urbana da lui presentato a luglio (dopo il tentativo fallito di inserirla nel decreto Salva Casa) insieme a Pierluigi Cortellazzo (FI), Giampiero Zinzi (Lega) e Martina Semenzato (Noi moderati), era ieri sera all’esame della Commissione Ambiente alla Camera e, salvo imprevisti, sarà approvata dall’Aula di Montecitorio in settimana. Le perplessità del ministero dell’Economia per i riflessi sui conti pubblici (per i minori oneri pagati dalle imprese) è stata superata con un comma che li esclude”.
GLI EFFETTI DELLA MISURA LEGISLATIVA IN CANTIERE
L’intervento avrà concretamente l’effetto di regolarizzare le opere edilizie realizzate e da realizzare a Milano e nei contesti fortemente urbanizzati, alleggerire la posizione dei tecnici del Comune meneghino di fronte alle accuse della Procura, e probabilmente quello di complicare un po’, se la norma restasse tale, le ristrutturazioni edilizie ordinarie in tutto il resto del Paese.
L’emendamento – aggiunge il Corriere della sera – “stabilisce che i piani particolareggiati (che a Milano mancavano) non sono obbligatori se si tratta di realizzare un edificio, anche con caratteristiche e volumetria completamente diversi dal preesistente, in «ambiti edificati ed urbanizzati». Lo stesso le procedure per determinare l’impatto urbanistico delle nuove costruzioni, gli standard territoriali. Cambia anche l’ambito della ristrutturazione edilizia, che si attua con una semplice segnalazione certificata, senza autorizzazioni preventive. Diventa tutto possibile, purché nel «medesimo lotto di intervento». Ma tutte le ristrutturazioni anche quelle conformi tornano a essere soggette alle norme sulle dotazioni territoriali e i parametri urbanistici”.
IL COMMENTO DELL’ESPERTO IN DIRITTO URBANISTICO
«Le norme interpretative hanno sempre margini stretti di costituzionalità», ha commentato Pierluigi Mantini, ordinario di Diritto urbanistico al Politecnico di Milano, sollevando qualche dubbio. «Chi definisce “gli ambiti edificati e urbanizzati”? E poi si torna indietro sulle semplificazioni per le ristrutturazioni conformi all’esistente». Intanto, ieri, il Gip di Milano ha contestato al Comune il mancato incasso di 15 milioni di euro per soli cinque dei cantieri incriminati. Al processo, tra le parti civili c’è anche una signora che ha perso due ore di sole al giorno per una torre di 83 metri che gli è spuntata davanti.
L’APPROFONDIMENTO DI MILANO FINANZA
In seguito agli accertamenti del Mef, che avevano messo in stand-by l’iter la scorsa settimana, per salvaguardare gli aspetti di finanza pubblica legati alla misura, il testo – secondo quanto scrive Mf/Milano Finanza – prevede che al fine di escludere l’insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico dei conti pubblici le misure relative alla cessione dei crediti edilizi si applicano esclusivamente alle spese sostenute per interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione di edifici per i quali risultino approvati i relativi piani attuativi o piani di lottizzazione convenzionata e risulti comprovata l’avvenuta presentazione entro la data del 29 dicembre 2023, della richiesta del titolo abilitativo legittimante all’esecuzione dei lavori.
IMMOBILIARISTI IN AMBASCE A MILANO
A Milano si attende quindi di riattivare i 150 progetti autorizzati e poi bloccati dalle inchieste giudiziarie, con alcuni sviluppatori che sono intanto corsi ai ripari introducendo nei rogiti clausole di risarcimento degli acquirenti da attivare in caso di esito negativo delle inchieste, ha sottolineato Mf/Milano Finanza: “Una situazione che va avanti da diversi mesi e che si auspicava si risolvesse in un primo momento in primavera e successivamente in estate, la normativa doveva entrare infatti nel decreto Salva-Casa del ministro Matteo Salvini, ma lo scontro tra le forze di maggioranza aveva fatto nuovamente slittare i tempi per la definizione del testo. Intanto ha fatto discutere negli scorsi giorni la decisione del Comune di Milano di chiudere lo Sportello Unico dell’Edilizia per evitare contatti tra dipendenti, cittadini e professionisti. Stando a quanto comunicato dallo stesso sindaco Beppe Sala, il blocco dei cantieri milanesi ha già portato mancati introiti di oneri di urbanizzazione per 130 milioni di euro rispetto all’anno scorso, con una perdita secca del 70%”.
IL PUNTO SECONDO STEFANO FELTRI (APPUNTI)
Le manovre parlamentari e politiche sono – secondo Stefano Feltri, già direttore del quotidiano Domani e ora curatore della newsletter Appunti – un “tentativo trasversale di Fratelli d’Italia e Pd di sanare per legge giganteschi progetti immobiliari a Milano che la Procura considera illegali e che ha sequestrato: Hidden Garden, Torre Milano e Park Towers, e poi la settimana scorsa anche Scalo House. Ci sono quindici inchieste, enormi cantieri bloccati, mesi di lavorio sotto traccia in Parlamento per smantellare le inchieste per via legislativa, ma in silenzio, come se si volesse evitare di rendere anche questa vicenda parte della più grande questione dello scontro quasi quotidiano tra governo Meloni e magistratura. O meglio, delle polemiche del governo Meloni contro i giudici”.
Secondo Stefano Feltri, “la faccenda della cosiddetta legge Salva Milano non può essere parte di quel filone perché c’è anche il Pd questa volta che appoggia il principio, c’è il sindaco di Milano Beppe Sala Sala e non solo. Prima il Giornale della famiglia Angelucci, ora il Foglio dell’immobiliarista Valter Mainetti hanno lanciato una campagna non contro il sindaco di Milano di centrosinistra, ma contro i magistrati che lo mettono in difficoltà. Il direttore del Foglio Claudio Cerasa ha invocato un “patto trasversale per difendere la politica dalle esondazioni dei pm”, in una battaglia che si combatte proprio a Milano”.
LE LAMENTELE DEL FOGLIO
Ha scritto di recente il quotidiano Il Foglio: “E’ passata l’estate e, intanto, i magistrati hanno alzato il tiro. In una delle inchieste (sarebbero una dozzina in tutto) è finita l’archistar Stefano Boeri, autore del progetto “Bosco Navigli” per il quale gli sono stati contestati i reati di lottizzazione abusiva e irregolarità edilizie. Lo schema seguito dalla procura è sempre lo stesso, cioè l’affermazione del principio in base al quale per costruire un edificio, quand’anche non si tratti di un’opera nuova ma del rifacimento di una vecchia, se si superano i 25 metri di altezza e un indice di cubature pari a 3, occorre far approvare un piano attuativo. Quest’ultimo presuppone un percorso amministrativo più ampio e complesso di una semplice Scia (l’autocertificazione usata in buona parte dei casi oggetto di indagine) o di un permesso di costruire (quello che sarebbe stato richiesto per il progetto di Boeri) che viene sempre rilasciato dal Comune ma con una procedura semplificata. Insomma, in discussione c’è proprio il modus operandi di Milano, che da “modello” da imitare è diventato un caso giudiziario nonostante, questo è quanto viene eccepito soprattutto dai costruttori, esistano leggi nazionali che rendono pienamente legittimo operare senza piani attuativi, come la legge 76 del 2020 approvata dal governo Conte II”.
GLI EFFETTI PER LE CASSE DI PALAZZO MARINO
Per la Procura di Milano si tratta di un “vile prezzo” pagato dalla collettività. Per l’ufficio Gip del tribunale è “indebita remuneratività” a vantaggio di “un’operazione speculativa a favore dell’investitore privato“. I numeri che – secondo l’agenzia di stampa La Presse – emergono incrociando le carte delle inchieste per abusi edilizi sui cantieri di Milano (una ventina quelle in corso o già concluse) fotografano un ‘buco’ da circa 14,4 milioni di euro nelle casse di Palazzo Marino.