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Tim Open Fiber

Come sarà e quanto varrà la società per rete unica Tim-Open Fiber

Con la sigla del Mou da Cdp, Macquarie e Kkr per integrare la rete di Tim con quella di Open Fiber parte ufficialmente il progetto della società della Rete Unica. Ecco possibile assetto e valore della newco controllata da Cdp. Fatti, numeri e approfondimenti

 

È partito ufficialmente l’iter per la creazione della società della rete unica dall’integrazione delle infrastrutture di Open Fiber e Tim.

Il 29 maggio i cda di Open Fiber, Cdp, Tim, Macquarie (che detiene il 40% in Open Fiber) e Kkr (azionista al 37,5% di Fibercop, la linea secondaria di Tim) hanno dato il via libera alla lettera di intenti (Mou) per avviare il processo di integrazione delle reti di Tim e Open Fiber.

Ma da qui al 31 ottobre, termine ultimo indicato dal Mou, andranno sciolti alcuni nodi. In primis il perimetro (e la forza lavoro che comprende) della società compresa una parte del debito da definire, la governance della newco e terzo, al momento quello più complicato, la valorizzazione degli asset che vi confluiranno.

Perché proprio sulla valutazione degli asset (la Netco di Tim e Open Fiber), si sono già scaldati gli animi. Il primo nei giorni scorsi a sfoderare l’ascia è stato il socio Vivendi, primo azionista di Tim con il 23,75%.” Vivendi non appoggerà mai la cessione della rete ai valori che lei ha citato (tra 17 e 21 miliardi, ndr), e questo nel migliore interesse di Tim”, ha sentenziato il numero uno del gruppo francese Arnaud de Puyfontaine al quotidiano la Repubblica.

Anche se — secondo fonti di Reuters — la stessa Tim valuta attorno a 20 miliardi di euro gli asset di rete fissa oggetto del processo di vendita. Tale valutazione include la componente debito (12 miliardi) che sarebbe trasferito nella nuova società.

Dall’altra parte del negoziato c’è Cassa Depositi e Prestiti, che cura la regia dell’intera operazione. Al momento infatti lo scenario base è che Tim venda la NetCo a Cdp che poi la fonderà con Open Fiber. Dunque gli interessi di Vivendi, “Tim e Kkr collidono con quelli di Cdp e Macquarie” sintetizza Il Sole 24 Ore.

Ecco cosa è emerso dalle indiscrezioni stampa.

L’ASSETTO DELLA NEWCO PER LA RETE UNICA

Secondo la bozza del progetto visionata dal Messaggero, “risulta che Cassa Depositi e prestiti avrà il 70-77% della Newco, Macquarie il 12-15%, Kkr il 10-13%, Fastweb l’1-1,5%”.

“Non è escluso inoltre che Tim possa mantenere una piccola quota nella società il cui modello sarà quello già praticato da Open fiber cioè wholesale only”, evidenzia Adnkronos.

Tanto che secondo alcuni addetti sentiti dall’agenzia stampa un’eventuale partecipazione di Tim nella newco potrebbe essere il ‘veicolo’ per la rete unica. Si ricorda infatti che già nell’agosto del 2020 Tim e Cdp avevano siglato un Mou per la rete unica naufragato poco tempo dopo. All’epoca infatti il progetto prevedeva l’ingresso di Tim nella futura società della rete con una quota di maggioranza. Stavolta il gruppo guidato da Pietro Labriola ha ceduto sul controllo della futura società.

Sarà infatti Cdp (azionista al 60% di Open Fiber e al 10% di Tim) ad avere il controllo della società della rete unica.

Scelta quest’ultima premiata anche dal mercato, con il rialzo del titolo Tim giudicando positivamente il fatto che Cassa depositi e prestiti abbia il controllo dell’infrastruttura, in modo da facilitare l’approvazione da parte degli organismi politici e regolamentari.

LA GOVERNANCE

Nonostante l’iter sia lungo con tanti aspetti ancora da definire, secondo il Messaggero non c’è dubbio su chi guiderà la futura Rete unica: “Mario Rossetti, uomo Cdp alla guida di Open FIber”.

LA FORZA LAVORO

Per quanto riguarda la forza lavoro da far confluire nella nuova società, molto dipende dal perimetro che assumerà, sottolinea Adnkronos. Secondo fonti sindacali l’ordine di grandezza è di 20-25 mila dipendenti.

IL RIASSETTO DI TIM

La firma del Mou “è il primo passo di un piano coraggioso per Tim”, ha sottolineato l’ad di Tim, Pietro Labriola. “Dalla separazione dell’infrastruttura di rete fissa traiamo le risorse per investire nei sevizi e nello sviluppo dei rapporti con i clienti e del mobile, competendo più agevolmente nel mercato dei servizi digitali”, ha continuato Labriola.

Secondo il Messaggero c’è un’ipotesi di “separazione della rete in Netco in cui confluirà Sparkle mentre la parte commerciale verrebbe societarizzata in tre da Tim: Tim Brasil, che è già autonoma, l’Enterprise con dentro Noovle, Olivetti IoT, Telsy (dove ci sono le offerte di Cvc e Apax) e la parte mobile.

“Tim poi dovrebbe apportare la rete primaria e secondaria (Fibercop) compreso il backbon che è la rete di trasporto delle centrali di reti in una Newco nella quale Cdp e Macquerie apporterebbero le loro quote in Open Fiber” conclude Il Messaggero.

LA VALUTAZIONE DELLA NETCO DI TIM

E ora il tema più caldo al momento: quello della valorizzazione degli asset.

“In tema di valutazione, Intermonte assegna alla rete unica un valore di circa 25 miliardi, stimando l’Enterprise value di NetCo 16.7 miliardi (FiberCop 8,2, rete primaria 7 e Sparkle 1,5 miliardi) e quello di Open Fiber 8,6 miliardi mentre Equita ha una valutazione di NetCo pari a circa 21 miliardi (5 miliardi di Equity value). Bestinver valuta NetCo 16,6 miliardi e ServCo 15,1 miliardi (9,1 miliardi EnterpriseCo, 6,1 ConsumerCo)” segnala il Sole 24 Ore.

Valutazioni, queste ultime, che restano incerte, sottolinea il quotidiano confindustriale, dal momento non è chiaro il perimetro della Rete Tim, che potrebbe includere anche il backbone oltre alla rete d’accesso e a Sparkle, come già detto.

Per il Messaggero invece “Nel bozza del progetto si evince che l’equity value di Fibercop (rete secondaria) si potrebbe attestare a 4,7 miliardi con un enterprise value di 7,7 miliardi, mentre la rete primaria appartenente a Tim, avrebbe una valutazione tra 4 e 8 miliardi”.

LE CONSIDERAZIONI SU OPEN FIBER DI VIVENDI

Ma il numero uno di Vivendi tira in ballo la valutazione di Open Fiber quando il fondo Macquarie ha acquisito la sua partecipazione in Open Fiber.

“La valutazione di Open Fiber è stata di 5,3 miliardi per il patrimonio netto con in aggiunta 2 miliardi di debiti. Quindi 7,3 miliardi di enterprise value. Un multiplo, ha ricordato De Puytontaine di 29 volte. E la valutazione di 10 volte l’ebitda per Netco non regge così il confronto” segnala Il Sole 24 Ore.

“Vari analisti ieri hanno messo in guardia dal confronto tout court fra i due multipli. Intermonte scrive che «prendendo a riferimento il target di ebitda al 2025 di Open Fiber di circa 780 milioni, attualizzandolo a un tasso del 6%, questo implicherebbe un multiplo di 11x pagato da Macquarie e Cdp per rilevare le quote da Of». A questo multiplo «la Netco varrebbe sui 24-25 miliardi»” aggiunge il quotidiano confindustriale.

VERSO BRACCIO DI FERRO TRA CDP E VIVENDI?

Ma cosa ne pensa Cdp?

Partendo dalla valutazione della rete Tim a 20 miliardi  (con i 12 miliardi di debito annessi) Cdp insieme ai fondi Kkr e Macquarie dovrebbero sborsare altri 6 miliardi per finalizzare l’acquisto. “Una cifra non indifferente anche se non impossibile”, commenta Repubblica.

“Ma Cdp, essendo anche azionista di Tim, potrebbe riproporre la scissione che attraverso la Borsa assegna automaticamente un valore alle due società separate. L’esborso per Cdp e fondi sarebbe inferiore e il cerino rimarrebbe in mano a Tim (e a Vivendi) che si ritroverebbe nella ServCo circa 8 miliardi di debiti e 2 di ebitda, un rapporto difficile da sostenere” sottolinea ancora Repubblica.

Tuttavia, “Vivendi con il suo 24% in Tim può esercitare un blocco che sarebbe automatico in caso di assemblea straordinaria (necessaria se si scegliesse la strada della scissione) che necessita del sì dei due terzi dei presenti. Con la vendita dell’asset non sarebbe invece necessaria un’assemblea straordinaria”, segnala il Sole 24 Ore.

Analisti del settore a Startmag chiosano: “E’ improprio riferirsi a medesimi parametri valutativi per le due reti perché quella di Open Fiber è tecnologicamente superiore rispetto a quella di Tim di rame anche se ovviamente l’azionista di Tim, Vivendi, ha interesse a spuntare un valore più alto possibile per quella di Tim mentre Cdp deve contemperare le esigenze perché ha un ruolo di sistema oltre ad essere anche azionista di Open Fiber.

TIMING

Infine, sul progetto se ne saprà di più il 7 luglio, data della presentazione del nuovo piano industriale di Tim, quando Labriola avrà definito il riassetto con la separazione in due del gruppo.

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