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Euro

Come cambieranno i vincoli Ue sul debito?

Fatti, numeri e scenari sui vincoli Ue. L’articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Da Bruxelles arriva una buona notizia per Italia e Francia, oltre che per una mezza dozzina di paesi Ue con un debito pubblico sopra il 100% del pil: le norme fiscali Ue del Patto di stabilità e crescita (3% deficit/pil; 60% debito/pil), sospese nel marzo 2020 a causa della pandemia, non saranno ripristinate a partire dal primo gennaio 2023, come era previsto, ma sospese per un altro anno. Lo rivela il sito Politico, che dice di avere preso visione della bozza di 11 pagine con le linee guida che Commissione Ue intende applicare. Dunque, niente ritorno all’austerità vecchio stile, che ha provocato danni enormi negli anni prima della pandemia, soprattutto nei paesi del Sud Europa. La nuova linea della Commissione Ue sarà quella di una flessibilità sorvegliata, che consenta ad ogni paese Ue di fare gli investimenti necessari per la ripresa e l’attuazione del Green Deal, obiettivi considerati strategici, insieme al contenimento dell’inflazione e del caro-energia.

Se confermato, questo orientamento della Commissione Ue, prudente e di buon senso, potrebbe spegnere i contrasti tra i paesi frugali del Nord e quelli indebitati del Sud Europa sul ripristino dell’austerità tra dieci mesi. Un dibattito aspro, iniziato l’estate scorsa e da concludere in teoria entro i primi mesi di quest’anno, ma tuttora aperto: da una parte i paesi del Nord, Germania in testa, schierati per il ripristino delle norme fiscali dell’austerità; dall’altra quelli del Sud, guidati da Francia e Italia, a favore di una revisione dei vincoli fissati 30 anni fa dal trattato di Maastricht.

Di fronte alla mancanza di un accordo tra i due blocchi, per la Commissione Ue stava diventando impossibile indicare, entro la primavera, le linee guida per redigere i budget di previsione nazionali per il 2023. Non solo. Poiché il dibattito in corso, stando alle previsioni iniziali, si sarebbe dovuto concludere entro la prossima estate, nota Politico, «la Commissione non vede alcun motivo per fare rispettare pienamente le norme sul debito del Patto di stabilità e crescita quando potrebbero comunque cambiare presto». Da qui la svolta, che rinvia tutto all’anno prossimo. Un classico, quando la politica è in difficoltà.

Nel documento della Commissione Ue si prende atto che durante la pandemia i paesi Ue «hanno speso molto per prevenire la disoccupazione di massa e i fallimenti aziendali, spingendo verso l’alto i livelli di debito in tutta Europa». I paesi del Sud hanno tutti un debito nazionale superiore al 100% del pil: Grecia 200,7%, Italia 155,3%, Portogallo 130,5%, Spagna 121,8%, Francia 116,0%. Nel Nord, solo il Belgio è sopra quota cento, con un debito pari al 111,4% del pil, mentre la Germania non va oltre il 69,4%. Nel complesso, tuttavia, appare piuttosto elevato l’indebitamento medio dell’Ue a 27 (90,1%), mentre il debito dei 19 paesi della zona euro raggiunge il 97,7% del pil. Di fronte ai contrasti tra Nord e Sud, il documento fa sfoggio di equilibrismo: «In attesa della revisione della governance economica, la Commissione non applicherà il parametro di riferimento per la riduzione del debito, come è attualmente formulato. Tuttavia, continuerà a monitorare l’andamento del debito, in linea con i requisiti del trattato di Maastricht”.

A sostegno di questo indirizzo, Politico ricorda che Paolo Gentiloni, commissario Ue per l’Economia, ha dichiarato in un recente convegno alla Bocconi: «Abbiamo visto un decennio fa gli effetti negativi di un inasprimento delle misure di austerità fatto troppo presto. Credo che ora le regole dovrebbero essere riformate per garantire che gli alti livelli di debito siano abbassati in modo più graduale e realistico, senza soffocare la crescita». In buona sostanza, a Bruxelles si ammette apertamente che mantenere il vincolo del 60% come limite massimo del debito nazionale è fuori dal tempo, come lo è la regola demenziale che impone un rientro del 5% l’anno per i paesi sopra il 60%. Per questo, la Commissione promette ai paesi Ue una flessibilità concertata sul livello del debito, così da consentire gli investimenti per la ripresa e quelli per i progetti verdi previsti dal Green Deal Ue. Un’elasticità tanto più necessaria di fronte al quadro geopolitico, dominato dalle tensioni tra Russia e Ucraina, e all’impennata dell’inflazione e del costo dell’energia, che stanno ostacolando la crescita del pil dell’eurozona.

Una maggiore severità sarà invece riservata all’applicazione del limite del 3% di deficit/pil, al fine di contenere le spese correnti. In ogni caso, i paesi Ue non dovranno confondere la clemenza con la debolezza: «La Commissione Ue manterrà la facoltà di aprire una procedura per disavanzo eccessivo basato sul debito se il debito non viene sufficientemente diminuito».

Resta ora da vedere se la Germania darà via libera a questa linea. A Berlino, il nuovo ministro delle Finanze è il liberale Christian Lindner, che in un’intervista a Repubblica si è vantato di essere ordoliberista, un falco pro-austerità, ma anche molto interessato a fare i nuovi investimenti di cui la Germania ha bisogno. Così, prima fa il falco: «Non penso che la messa in comune dei rischi e l’ammorbidimento delle regole comuni faccia fare progressi». Ma poi si veste da colomba: «Certo, bisognerà trovare il modo di migliorare il Patto di stabilità, facendo in modo che l’abbattimento dei debiti non tolga margini agli investimenti in tecnologie avanzate, tutela ambientale e altre importanti priorità». Guarda caso, Lindner fa sapere che la Germania ha appena trasferito 60 miliardi, stanziati durante la pandemia, in un nuovo fondo per l’ambiente e la transizione, «soldi da spendere, ma per la rete dell’idrogeno, la decarbonizzazione dell’industria e il freno ai rincari energetici». Insomma, la Germania fa i suoi interessi. Bene se Italia e Francia faranno altrettanto.

 

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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