L’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense, legge di punta del Presidente Biden, mira a stimolare gli investimenti nella produzione nazionale di energia cercando di promuovere anche il passaggio verso l’energia pulita. Promulgata nell’agosto 2022, è un disegno di legge da 369 miliardi di dollari che prevede crediti d’imposta per le tecnologie di transizione energetica; stime recenti prevedono ulteriori investimenti per 400 miliardi di dollari, cifra che potrebbe aumentare ancora. Dalla sua entrata in vigore ad oggi, abbiamo assistito ad un notevole aumento dei progetti nel campo dell’energia e delle tecnologie pulite, nonché degli investimenti nel settore manifatturiero. Le dichiarazioni di investimento nella produzione di tecnologie pulite sono aumentate del 60%, superando i 114 miliardi di dollari. La maggior parte di questi investimenti è destinata alla produzione di batterie e componenti per pannelli solari, che hanno a loro volta contribuito alla creazione di circa 80.000 posti di lavoro, soprattutto nelle zone rurali.
Potenziali implicazioni del risultato elettorale
Se la vicepresidente Kamala Harris ed i democratici dovessero vincere alle prossime elezioni, ci aspettiamo che la nuova amministrazione porti avanti queste iniziative. Per contro, durante la campagna elettorale, Donald Trump ha lasciato intendere di voler abrogare l’IRA in caso di vittoria.
L’esito elettorale va quindi considerato in ottica di investimento in questo specifico settore: ad oggi il mercato prezza due possibili scenari, che implicherebbero un’abrogazione totale della legge o il permanere dell’attuale status quo. L’abrogazione totale della normativa appare tuttavia improbabile per una serie di motivi politici, economici e di consenso rispetto alle politiche pubbliche già varate e ad oggi in vigore. Considerando, infatti, la creazione di posti di lavoro e la crescita economica generate dall’IRA, il fatto che molti programmi nel settore delle tecnologie pulite siano stati avviati anche per spostare le filiere produttive dalla Cina agli Stati Uniti e le preoccupazioni legate al deficit di bilancio, riteniamo che un’eventuale amministrazione Trump farà verosimilmente degli aggiustamenti alla normativa o ne effettui, in caso, un’abrogazione parziale piuttosto che totale.
I rischi associati a quest’ultima possibilità non sono però da sottovalutare, in quanto si assisterebbe in ogni caso a una riduzione dei crediti d’imposta, un taglio dei programmi di finanziamento e alla revisione della regolamentazione relativa al clima. In un simile scenario, i settori che riteniamo potranno essere più a rischio sono quelli dei veicoli elettrici, dell’eolico offshore, dell’idrogeno verde e, in parte, delle energie rinnovabili. Tuttavia, potrebbero esserci delle differenze tra la retorica e l’azione effettiva dei repubblicani e, sebbene una vittoria di Trump verrebbe inizialmente percepita come negativa per i produttori di tecnologie pulite, non crediamo che questo possa compromettere un tema d’investimento pluridecennale come quello della transizione green dei sistemi energetici americani.
Opportunità di investimento
Un tema chiave per gli investimenti, di cui parliamo ormai da diversi anni, è legato al così detto “superciclo” di investimenti di capitale negli USA; oltre all’IRA, infatti, l’amministrazione Biden ha introdotto anche altre misure a sostegno di questo tema, come l’Infrastructure Investment and Jobs Act e il Chips Act. In sostanza, si tratta di politiche che mirano a rivitalizzare le infrastrutture americane obsolete e a rilocalizzare negli Stati Uniti l’industria manifatturiera, compresa la produzione di semiconduttori.
A prescindere quindi dall’esito delle elezioni, i settori e le politiche pubbliche che godono di un sostegno bipartisan – come i progetti legati alle infrastrutture energetiche, l’energia nucleare, l’onshoring delle filiere produttive, una futura tassa ambientale a sostegno della produzione nazionale, etc. – avranno maggiori probabilità di essere approvate ed attuate. In generale, la tendenza verso un maggiore protezionismo è destinata a proseguire con entrambi i candidati. In particolare, Trump ha in programma di inasprire le misure protezionistiche innalzando i dazi su tutte le importazioni statunitensi e, per compensare questo impatto, riteniamo che sosterrà gli investimenti nelle filiere produttive nazionali, compresi quelli nell’onshoring delle forniture di tecnologie green, un settore attualmente dominato dalla Cina.
Guardando ai settori maggiormente attrattivi in questo ambito, ci aspettiamo che l’aumento del carico energetico richiederà maggiori investimenti su larga scala per ammodernare le reti elettriche statunitensi, schiudendo quindi opportunità interessanti per gli investitori. Con l’obiettivo di trarre vantaggio da questo trend, abbiamo ad esempio investito in industrie elettriche quali Eaton e Schneider Electric, così come in società industriali esposte al segmento delle infrastrutture, tra cui è presente il fornitore di riscaldamento e raffrescamento commerciale Trane Technologies.
Queste aziende hanno già beneficiato di un’accelerazione della crescita sulla scia dei cosiddetti “megaprogetti” infrastrutturali statunitensi, ossia progetti con un valore dichiarato superiore al miliardo di dollari. In generale le energie rinnovabili, in particolare il solare e l’eolico onshore, svolgeranno un ruolo sempre più essenziale nell’aiutare gli Stati Uniti a soddisfare il proprio crescente fabbisogno energetico. Le fonti rinnovabili sono ad oggi l’opzione a più basso costo e la fonte di energia più rapida da portare in rete in quasi tutti gli Stati americani, oltre a non essere soggette alla volatilità tipica dei prezzi dei combustibili. L’avvio del ciclo di allentamento che porterà a un calo dei tassi d’interesse e, rispettivamente, dei costi dei fattori produttivi in questo comparto, che avevano subito un’impennata dopo il Covid, sosterrà i rendimenti dei progetti rinnovabili contribuendo a mitigare i potenziali cambiamenti dell’IRA sotto un’eventuale amministrazione Trump.