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Mercato Unico Europeo

Come cambiare i trattati Ue?

Draghi: cambiare i trattati Ue, basta con il voto unanime. Macron e Merkel lo dissero cinque anni fa. Risultato: zero. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

«Cambiamo i trattati europei: le istituzioni Ue sono inadeguate. Dobbiamo superare il principio dell’unanimità, serve un federalismo pragmatico». Così Mario Draghi davanti al Parlamento europeo di Strasburgo. Un messaggio forte, volto a superare le enormi lentezze decisionali dell’Unione europea, in costante ritardo di fronte alle emergenze di ogni tipo: guerra, fonti di energia, caro gas, difesa comune, pandemia, transizione climatica. Gli esperti di retroscena assicurano che Draghi ha parlato d’accordo con Emmanuel Macron, che presiede il semestre europeo e ribadirà le stesse proposte il 9 maggio, giorno conclusivo della Conferenza sul futuro dell’Europa (Cofoe), lanciata un anno fa in pompa magna per raccogliere dalla base dei 27 paesi Ue i suggerimenti per il cambiamento e le riforme.

Per dodici mesi, invero, i lavori di questa Commissione sono stati praticamente ignorati da tutti, politici e media. Eppure, giurano ora a Bruxelles, i suoi suggerimenti sono pronti, e sono davvero tanti. Venerdì e sabato scorsi l’aula di Strasburgo ha approvato la bozza del documento finale, che contiene «325 proposte per raggiungere 49 obiettivi individuati su 9 temi, sulla base di 178 raccomandazioni dei comitati dei cittadini europei, dei contributi dei comitati nazionali, nonché di migliaia di idee e suggerimenti inviati attraverso la piattaforma digitale multilingue», creata per l’occasione. «Un importante risultato politico», hanno commentato cinque partiti (Ppe, S&D, Renew Europe, Verdi e Sinistra), pronti ad assicurare un’ampia maggioranza per la loro approvazione. Critici invece il gruppo di destra Identità e democrazia e i conservatori di Ecr, che voteranno contro.

È scontato che il documento finale sarà approvato a larga maggioranza dal Parlamento Ue. Il quale, come è noto, conta ben poco, addirittura nulla quando sono in gioco le questioni più impegnative. In questi casi, la decisione finale è sempre nelle mani del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo, dove vige il vincolo dell’unanimità di voto per l’approvazione. Un vincolo introdotto dall’Atto unico, che nel 1986 ha modificato il trattato di Roma del 1956, e rafforzato nel 2009 dal trattato di Lisbona: in entrambi i documenti sono indicati i settori strategici, aumentati di numero nel 2009, in cui il voto unanime è obbligatorio. In buona sostanza, su tutto: dalla politica economica a quella estera, dalle politiche sociali alla difesa comune, fino al gradimento per l’ingresso di nuovi Stati.

Che il voto unanime sia inadeguato ai tempi e provochi lentezze decisionali, facendo dell’Europa un vaso di coccio geopolitico, lo hanno detto in tanti prima di Draghi. Molto prima. Su ItaliaOggi ne ho scritto più volte. Ecco un breve ripasso. Nel 2017, appena eletto all’Eliseo per la prima volta, Emmanuel Macron sfila davanti al Louvre sulle note dell’Inno alla Gioia per rimarcare il suo europeismo, poi vola a Berlino per incontrare Angela Merkel, la numero uno in Europa. Era il 15 maggio di cinque anni fa: tema principale del colloquio, i trattati Ue, che Macron vorrebbe cambiare «per rifondare l’Europa». Merkel, dopo averlo ascoltato, lo accontenta con una frase sibillina: «Dal punto di vista tedesco è possibile cambiare i trattati, se serve». L’ovvio sottinteso era: se davvero fosse servito, l’avrebbe stabilito lei, non altri.

Iniziò così una singolare gara europea, durata cinque anni, tra chi voleva riformare i trattati, Macron in testa, e chi tirava sempre il freno, la Merkel, che solo alla fine dei suoi 16 anni di cancellierato allenterà il freno e si dirà d’accordo su alcune riforme, compreso il superamento del voto unanime. Ma andiamo per gradi.

A testimoniare i continui tentativi di Macron ci sono due passaggi, considerati storici: il suo discorso alla Sorbona del 26 settembre 2017 («Pour une Europe souveraine, unie, démocratique») e il Trattato di Aquisgrana, sottoscritto insieme alla Merkel il 22 gennaio 2019, con il quale Francia e Germania rinsaldarono l’asse franco-tedesco per guidare l’Ue, e possibilmente, nelle intenzioni di Macron, per cambiare i trattati su alcuni temi, come il bilancio europeo, la difesa comune e l’immigrazione. Ma, di cambiare i trattati, la Merkel non ha mai voluto saperne, per anni.

Il motivo? Gli articoli chiave, specie in materia economica, erano e sono tuttora un copia-incolla dei principi dell’ordoliberismo, un dogma politico tedesco che rifiuta la spesa pubblica in deficit. Una linea imposta in modo ferreo da Berlino all’intera Europa fino all’ottobre 2020, quando Florian Hahn, portavoce della Merkel per la politica europea, a sorpresa suggerì in modo chiaro che l’Ue, in materia di politica estera e di sicurezza, doveva abbandonare il voto unanime per passare a un voto di maggioranza. Un cambiamento reso necessario, a suo dire, non tanto dalla pandemia allora in corso, ma dal contesto geopolitico mondiale, dove l’Europa non contava nulla rispetto a Usa e Cina, ai ferri corti dopo l’elezione di Donald Trump.

Che quello fosse anche il pensiero della Merkel, fu la stessa cancelliera a dirlo qualche mese dopo, il 21 aprile 2021, in un discorso alla Cdu in cui, dopo avere confermato il suo ritiro, disse agli eredi politici che era giunto il tempo di cambiare i trattati Ue, e indicò come: voto a maggioranza qualificata invece del voto unanime; riforma della concorrenza per creare campioni industriali europei in grado di sfidare i giganti di Usa e Cina; meno vincoli per la politica fiscale; dare un indirizzo comune alla politica estera, creando un Consiglio di sicurezza Ue, composto a rotazione dagli Stati membri e dotato del voto a maggioranza, la cui rapidità è necessario in certi frangenti, come sta dimostrando l’aggressione militare della Russia in Ucraina. Suggerimenti sensati, benché tardivi. Ma, come al solito, finora non se n’è fatto nulla. Un pessimo biglietto da visita per il futuro.

 

Articolo pubblicato su Italiaoggi.it

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