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Cnr: Carrozza resterà in carrozza?

Che cosa succederà ai vertici del Consiglio nazionale delle ricerche? Il governo sostituirà (con Messa) l'attuale presidente Carrozza che scade oppure confermerà Carozza? Fatti, nomi, indiscrezioni e ricostruzioni nella lettera di Francis Walsingham

Caro direttore,

lo sai che tra meno di tre mesi terminerà il mandato quadriennale di Maria Chiara Carrozza al vertice del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche)? E lo sai che a questa prospettiva dai laboratori e dalle aule degli istituti e dei centri del più importante ente pubblico di ricerca italiano si leva un unico, corale, incontenibile sospiro di sollievo, tanto grandi sono state le speranze suscitate all’inizio della sua presidenza quanto enormi le successive delusioni registrate?

Piccolo riepilogo per i lettori che sanno poco o nulla di Cnr e di Carrozza.

Maria Chiara Carrozza, classe 1965, già Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, cresciuta politicamente prima all’ombra di Massimo D’Alema e poi di Pierluigi Bersani, che la candida alla Camera dei Deputati nel 2013, è scelta da Enrico Letta come Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca nel suo effimero governo; lo stesso Letta nell’aprile del 2021, all’inizio del governo Draghi, la propone in quota Pd come Presidente del Cnr.

È proprio Mario Draghi che serve alla Carrozza su di un piatto d’argento la prima delle grandi occasioni mancate della sua presidenza: con la finanziaria del 2022 Draghi fece del piano di rilancio del Cbr una delle prime riforme alla cui realizzazione era legata la corresponsione delle tranche del Pnrr. E in effetti nel giugno del 2022 Carrozza presentava trionfalmente all’Accademia dei Lincei un faraonico progetto di riforma, che, secondo le sue intenzioni, avrebbe finalmente rigenerato il carrozzone sgangherato della ricerca italiana, rendendolo competitivo e attraente anche rispetto alle omologhe e ben più efficienti strutture europee, dal Max Plank tedesco al CNRS francese.

A distanza di due anni e mezzo, di questo progetto di riforma rimane assolutamente nulla. Anzi, neppure se ne parla più. E nessuna delle roboanti proposte formulate nel piano ha avuto alcun seguito, a parte una modesta riorganizzazione interna realizzata nel segno di accentrare il potere nelle mani della presidente, del suo onnipotente direttore generale Giuseppe Colpani e di un cerchio magico di funzionari fedelissimi, in parte proveniente dall’Università di Roma Tor Vergata (da dove viene lo stesso direttore generale), in parte formato in ossequio ai più vari potentati accademici, sindacali, militari e familiari.

Nel frattempo, il personale ricercatore e tecnico-amministrativo del Cnr continua a reclamare a gran voce una drastica revisione delle modalità di gestione della ricerca all’interno dell’ente, ricevendo per tutta risposta solo assenza di ascolto e atteggiamenti autoritari.

Ovunque nel mondo la ricerca è tanto più efficace in ogni campo quanto più è libera dai lacci e lacciuoli della burocrazia, ma in questo senso al Cnr, per opinione unanime di tutto il personale, negli ultimi anni le cose sono andate di male in peggio: nel maggiore ente pubblico di ricerca italiano la creatività, la capacità propositiva, l’attitudine a realizzare progetti innovativi sono state svilite da un’amministrazione sempre più soffocante, caratterizzata da un’esasperante lentezza, da un’insostenibile formalismo attento solo alle apparenze, da una continua mortificazione del merito a favore di logiche correntizie, favoritismi, parentele, con il risultato di intralciare continuamente l’effettivo raggiungimento dei fini stessi per cui esiste il Cnr: promuovere e realizzare attività scientifica di qualità.

Il mancato compimento del piano di rilancio è certamente la prima e principale delle cause della delusione suscitata dalla presidenza Carrozza, ma non è l’unica. A caratterizzare questi quattro anni vi sono infatti molte altre occasioni mancate.

Deludente è stata sino ad ora la gestione del Pnrr: il Cnr come principale ente pubblico di ricerca italiano ha goduto di notevolissimi finanziamenti, solo nell’ambito delle infrastrutture di ricerca ha ricevuto poco meno di 100 milioni di euro. Tuttavia nell’attuale fase di realizzazione dei progetti e della loro messa a terra, la soffocante macchina burocratica dell’ente sta generando gravi ritardi e mortificando i risultati raggiunti.

Altrettanto grandi sono state le delusioni nell’ambito della gestione del personale: nei quattro anni di presidenza Carrozza non è stato bandito neppure un concorso per far entrare nell’ente nuovi ricercatori e tutte le risorse, peraltro ingenti, ricevute sono state invece impiegate per la stabilizzazione di precari e per lo scorrimento di graduatorie, in alcuni casi vecchie anche di molti anni, con il risultato che da quasi due lustri non vengono effettuati nuovi concorsi, con l’età media del personale ricercatore dell’ente destinata a divenire sempre più alta contro tutte le evidenze che indicano che più i ricercatori sono giovani, maggiormente è fertile la loro attività scientifica.

Ed ora che finalmente si parla di fare nuovi concorsi, il numero proposto ammonta a poche decine, un vero insulto ove si consideri che si tratterà, in media, di destinare più o meno un ricercatore a ciascuno dei novanta Istituiti che compongono il Cnr. Gli effetti di questa disastrosa gestione del personale non sono omogeneamente distribuiti in tutto l’ente, poche aree si sono mantenute miracolosamente al riparo da essa, ma in molte la sofferenza registrata è particolarmente acuta.

Qualche esempio? Tutti i posti del Dipartimento delle Scienze Umane e Sociali e Patrimonio Culturale guidato da Salvatore Capasso saranno appaltati – con tutta probabilità – a Napoli e dintorni, all’interno di uno scambio che riflette la scelta di consegnare il settore umanistico a potentati accademici all’ombra del Vesuvio, sotto la regia del vice-presidente del Cnr Lucio D’Alessandro, rettore della partenopea Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, prossimo alla pensione ma molto attivo nell’assicurarsi un futuro nel capoluogo campano.

Si vocifera anche di incarichi speciali per chi si è dimostrato più bravo a insabbiare la vicenda dell’unità operativa del Cnr a Capo Granitola, nel Trapanese, che sarebbe stata una delle residenze di Matteo Messina Denaro.

A fronte di un quadro così desolante e difficilmente oppugnabile, Carrozza non si è data per vinta e, nonostante la palese disaffezione che il personale dell’ente dimostra nei suoi confronti, si è messa in cerca di appoggi per ottenere l’incarico per un secondo mandato: dimentica della sua provenienza politica, cerca ora di riciclarsi con l’attuale governo. Eccola alla corte di Fratelli d’Italia, alla cui kermesse di Pescara ha partecipato nello scorso mese di giugno, come ha raccontato Start Magazine. Ha un buon rapporto con il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso. Anche in Europa le sue frequentazioni politiche e parapolitiche sono di segno molto diverso di quelle di un tempo.

Allo stesso tempo Carrozza mantiene freneticamente i rapporti con istituzioni dalle quali attende maggiormente appoggio per la sua riconferma, in particolare la Confindustria e la CRUI, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, entrambi soggetti che hanno il diritto di nominare un proprio rappresentate nel consiglio di amministrazione del Cnr, ma anche l’Accademia dei Lincei. In particolare, verso quest’ultima, che in passato le aveva sempre dimostrato freddezza e ostilità, Carrozza sta conducendo una vera e propria campagna martellante che la vede spesso presente nelle austere stanze della maggiore accademia scientifica italiana.

Voci di corridoio ben informate indicano però che la presidenza del Cnr – secondo i desiderata di ambienti governativi – andrà a Maria Cristina Messa, già ricercatrice al San Raffaele di Milano e poi Rettrice all’Università di Milano Bicocca, gradita a Forza Italia, partito del ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, che alla fine dovrà operare la scelta, sulla base di un rosa formata dal comitato di selezione incaricato di predisporre i nominativi per le posizioni di presidenti e dei componenti di designazione governativa dei cda degli enti di ricerca. Il comitato riflette molto attentamente le posizioni del governo e in esso figura, guarda caso, anche Enrico Felice Gherlone, Rettore dell’Università San Raffaele di Milano, la stessa istituzione da cui proviene la Messa.

La Carrozza in un primo momento era sembrata accettare questo avvicendamento, in cambio del suo trasferimento, avvenuto lo scorso mese di maggio, dalla Scuola S. Anna a Milano Bicocca, appunto, con la prospettiva di diventare in breve tempo Rettrice; ma il corpo accademico della Bicocca non ha preso molto bene questo baratto, consumatosi sulla sua testa, e avrebbe puntato i piedi, facendo capire che la strada verso un nuovo ermellino per l’attuale presidente del Cnr non sarebbe stata necessariamente tutta in discesa.

Ecco, quindi, cosa sembra aver indotto Carrozza a tornare sui suoi passi e a mettere in atto un tentativo di restare al vertice del Consiglio nazionale delle ricerche.

Grazie dell’attenzione, caro direttore, e cordiali saluti

Francis Walsingham

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