Il ministro cinese per l’edilizia abitativa e lo sviluppo urbano-rurale Ni Hong, oggi, in conferenza stampa ha illustrato i piani del governo per rivitalizzare il settore immobiliare cinese, da anni ingarbugliato in lunga e sanguinosa crisi. Il governo concederà più crediti agli sviluppatori immobiliari in difficoltà e intende ristrutturare 1 milione di appartamenti nelle baraccopoli. Saranno stanziati più fondi per i progetti abitativi presenti nella “lista bianca” del governo (progetti che beneficiano di finanziamenti del governo), con prestiti pari a 550 miliardi di dollari, che saranno disponibili entro la fine dell’anno, per completare gli appartamenti non terminati e garantire la consegna delle case.
Ma a quanto pare, non basta. Il mercato non ha fatto un piega, ed anzi, sulle borse le azioni del settore immobiliare cinese si sono inabissate. Sulla borsa di Shenzhen il settore immobiliare tracolla:
In sostanza, questo piano del governo non cambia le carte in tavola: i crediti servono a ristrutturare e completare le case non ancora finite e lasciate a metà, ma non stimolano la domanda di case. Non aiutano a smaltire le case in eccesso, costruite e lasciate vuote. In altre parole, Pechino sta agendo ancora dal lato dell’offerta, e parzialmente, senza sostenere la domanda. Ecco perché i mercati non si fidano.
La disoccupazione ufficiale in Cina è al 5,3%, ma quella giovanile è molto più alta, al 18,8% (dato di agosto). E sono i giovani che movimentano di più il mercato immobiliare.
L’avvitamento non si ferma, dunque: la bolla immobiliare pesa ancora moltissimo sull’economia cinese. Si attende a questo punto qualche mossa della banca centrale, che ha detto oggi di avere in progetto un intervento da 500 miliardi di yuan con cui erogare finanziamenti alle società immobiliari in difficoltà. Vero è che qualche timido segnale di ripresa c’è, nelle ultime due settimane sono aumentate le compravendite immobiliari del 3%. Ma non è una inversione di tendenza.
Il tutto ha un forte peso sull’economia europea, nella misura in cui la debolezza del mercato interno cinese accentua il peso dell’export. Più è debole la domanda interna, più la Cina produce per l’export, deprimendo le economie dei paesi importatori come quelli europei. Questo modello, come sappiamo, è destinato a implodere, ma Xi Jinping prosegue sulla sua strada. Si attende l’evento che gli farà cambiare idea.