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Vivendi

Che cosa succede fra Lega e Forza Italia su Mediaset e Vivendi?

La Lega in commissione Affari Costituzionali al Senato hanno votato contro l'emendamento (pro Mediaset) anti-scalata al dl Covid. Il testo governativo (secondo la maggioranza concordato con l'opposizione) e la sorpresa di Forza Italia sul voto della Lega. Tutti i dettagli

I componenti della Lega in commissione Affari Costituzionali al Senato hanno votato contro l’emendamento anti-scalata al dl Covid. E così divampa una polemica politica che coinvolge Mediaset, oggetto del progetto governativo condiviso dall’opposizione – secondo la maggioranza – per questo Forza Italia è stupita del voto leghista.

Ha scritto il Fatto Quotidiano diretto da Marco Travaglio: “Un emendamento che la relatrice Valeria Valente del Pd ha presentato ieri sera al decreto Covid in Senato – testo, però, elaborato al Mise da Stefano Patuanelli e benedetto dal collega Roberto Gualtieri e dal premier Giuseppe Conte – serve di nuovo a bloccare per qualche tempo l’ assalto dei francesi alla società di famiglia di Berlusconi: a spingere per questa soluzione è anche l’Autorità per le comunicazioni (Agcom), rinnovata in estate all’insegna dell’ennesimo Patto del Nazareno, per così dire“.

Ecco tutti i dettagli.

IL CASO DELL’EMENDAMENTO

“La relatrice del decreto Covid, Valeria Valente, ha depositato ieri sera un emendamento per proteggere le aziende italiane televisive ed editoriali. L’emendamento è condiviso dalla maggioranza e dall’opposizione e nasce dallo stimolo dei ministri Gualtieri e Patuanelli”. Lo riferiscono fonti parlamentari della maggioranza. “Obiettivo – proseguono – dell’intervento normativo è colmare il vuoto lasciato dalla sentenza della Corte Ue sul caso Mediaset-Vivendi attribuendo all’Agcom potere di veto su possibili operazioni. Nel dettaglio l’emendamento prevede un regime transitorio di 6 mesi durante i quali, invece di far scattare gli automatismi previsti dal Tusmar (il Testo unico che impone delle soglie di partecipazione a chi opera sia nelle tlc che nei media), l’Agcom potrà avviare un’istruttoria”.

CHE COSA PREVEDE L’EMENDAMENTO

Arriva l’emendamento al decreto Covid “anti scalata” per le società che operano nelle telecomunicazioni. La norma, a quanto si apprende, è stata depositata ieri sera in Senato dal relatore Valeria Valente e, alla luce della sentenza della Corte Ue sul caso Mediaset-Vivendi prevede che, nelle more di una più generale disciplina di settore, per sei mesi l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia tenuta ad avviare un’istruttoria nel caso in cui un soggetto “operi contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (Sic), anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un’influenza notevole”. L’istruttoria è “volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo”: all’esito di essa l’Agcom adotta, “eventualmente”, i provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di effetti distorsivi, previsti dall’articolo 43 comma 5 del testo unico della radiotelevisione.

IL TESTO PRESENTATO IN SENATO

“L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – prevede il testo depositato in Senato – è tenuta ad avviare un’istruttoria, da concludersi entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento, volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, sulla base di criteri previamente individuati, tenendo conto, fra l’altro, dei ricavi, delle barriere all’ingresso nonché del livello di concorrenza nei mercati coinvolti”. “La disposizione – si legge nella relazione illustrativa – ha lo scopo di intervenire per dare tempestiva attuazione alla sentenza della Corte di giustizia UE del 3 settembre 2020, C-719-18” che, pronunciandosi nell’ambito dello scontro in atto tra Mediaset e Vivendi, ha bocciato la disciplina prevista dal comma 11 dell’articolo 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi, “che vieta a qualsiasi società i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche (Tlc), anche tramite società controllate o collegate, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni (Sic), ricavi superiori al 10% di quelli del Sic in Italia”. Quella norma, viene spiegato, è “considerata dalla Corte Ue accettabile in linea di principio, ma è stata valutata in concreto inidonea, sotto il profilo della proporzionalità, a perseguire il fine di garantire il pluralismo dei media, giacché fissa soglie di mercato che, non consentendo di determinare compiutamente se e in quale misura un’impresa sia effettivamente in grado di influire sul contenuto delle attività editoriali dei media, non sono indicative di un rischio concreto di influenza sul pluralismo dei media”. Un intervento di revisione organica del testo unico sulle telecomunicazioni è già previsto “nell’ambito degli adempimenti europei previsti dalla proposta legge di delegazione europea 2019 attualmente all’esame del Parlamento” ma si è deciso di introdurre una disciplina transitoria, che durerà sei mesi dall’entrata in vigore del decreto Covid, nelle more dell’adozione della nuova legge. La norma transitoria elimina gli automatismi bocciati dalla Corte Ue e introduce l’istruttoria dell’Agcom “qualora un soggetto si trovi ad operare contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e nel Sic, anche attraverso partecipazioni societarie in grado di determinare un’influenza notevole ai sensi dell’articolo 2359, comma secondo del codice civile. “Solo all’esito di tale accertamento in concreto saranno eventualmente adottati dall’Agcom i rimedi” previsti dal testo unico sulle telecomunicazioni. Senza questa norma transitoria, spiega in conclusione la relazione illustrativa, il rischio sarebbe lasciare un vuoto normativo che crei “un varco a possibili violazioni del pluralismo determinate da eccessi di concentrazioni”, fermo restando che al “pluralismo dei media” è stata di recente estesa la possibilità per il governo di esercitare il golden power.

IL POST DI CANGINI

“La realtà supera la finzione e svela la vacuità di certa retorica politica. In commissione Affari costituzionali del Senato, la Lega ha appena votato contro la norma che difende le aziende nazionali di telecomunicazioni da scalate straniere (caso Mediaset-Vivendi). Matteo Salvini, evidentemente, ha cambiato slogan: da “prima gli italiani” a “prima i francesi”. Lo ha scritto su Facebook il senatore di Forza Italia Andrea Cangini.

LA NOTA DI GASPARRI

“Credo che la Lega in Commissione non abbia compiutamente valutato la situazione. Penso che anche il documento del Copasir, presieduto dal leghista Volpi, che ha lanciato in questi giorni l’allarme sul rischio colonizzazione dell’economia italiana da parte di investitori stranieri farà capire che anche in economia vengono davvero ‘prima gli italiani’ e consentirà nel prosieguo del dibattito valutazioni più approfondite”. Così il senatore azzurro Maurizio Gasparri, commenta il voto contrario della Lega in Commissione Affari Costituzionali all’emendamento anti-scalata. “Questo emendamento – prosegue Gasparri – non è ad aziendam o ad personam ma risponde a un indirizzo generale di difesa del sistema produttivo italiano. Bisogna ripensare i limiti dell’Antitrust di fronte ai giganti della rete e delle telecomunicazioni. Anche il Copasir ha parlato della occupazione di una colonizzazione dell’economia italiana”.

LA POSIZIONE DI SALVINI

La Lega si asterrà sull’emendamento “pro-Mediaset” al decreto Covid: lo ha ribadito il leader della Lega, Matteo Salvini, prendendo la parola nell’aula del Senato prima della votazione della discussa norma sulle scalate. “Ci tengo a intervenire personalmente, è da giorni che leggiamo di tutto e di più su un emendamento e su questo presunto scambio a cui io non credo, questo presunto inciucio Conte-Berlusconi, Forza Italia e maggioranza di governo, siccome io non credo a queste cose e ne ho parlato oggi stesso con il presidente Berlusconi”.”Mediaset – ha proseguito Salvini – è una grande azienda italiana che va difesa a prescindere da simpatie politiche o partitiche. Se una azienda italiana come può essere Telecom o qualsiasi altra è bloccata nella sua operatività da qualcuno che italiano o straniero ha altre mire, se serve tutelare la concorrenza e il mercato in un settore delicato come l’informazione pubblica e privata, va fatto. Serve tutelare ogni piccola o grande azienda italiana da possibili scalate? Sì, serve farlo con una riforma organica cui come Lega e centrodestra non vediamo l’ora di dare un contributo ma gli emendamenti che arrivano alle 11 di sera non sono il modo migliore per risolvere problemi”.”Pensiamo a parti invertite: se una operazione del genere l’avesse fatta un relatore della Lega, come avrebbe reagito qualcuno in quest’aula, quante ipotesi di inchieste – ha detto ancora il leader leghista – sarebbero partite? Si vuole dare tempo per arrivare alla riforma? Si vuole impedire che una una sentenza vada a bloccare l’operatività di grandi aziende italiane? Va bene ma una grande riforma non si fa con un emendamento”.”Non abbiamo altri ragionamenti o retropensieri, per dare fiducia sul fatto che arrivi in quest’aula questa riforma ci asterremo e ci rifiutiamo di credere a tutte le ricostruzioni che girano sui giornali e siti. Saremo maggioranza in quest’aula e le riforme se non le fate voi le faremo noi”, ha concluso.

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