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Deutsche Bank Filiali

Che cosa insegna il caso Deutsche Bank. Parla Sileoni (Fabi)

Le reazioni della borsa al piano lacrime e sangue di Deutsche Bank. L'analisi degli esperti. E il commento della Fabi con uno sguardo all'Italia

 

“Se qualcuno pensa di poter realizzare anche in Italia lo pseudomodello alla Deutsche Bank di far pagare ai lavoratori la colpa delle nefandezze fatte, farà un grosso errore e farà conti con il sindacato”.

E’ l’auspicio-consiglio di Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il maggior sindacato dei bancari.

CHE COSA SUCCEDE A DEUTSCHE BANK IN BORSA

Neppure in Borsa piace la ristrutturazione da lacrime e sangue annunciata dal gruppo bancario tedesco. Partenza difficile, infatti, oggi, per Deutsche Bank in Borsa a Francoforte: il titolo, che già ieri ha ceduto oltre il 5% dopo l’annuncio del piano di ristrutturazione, in mattinata segna un calo del 4% a 6,5 euro.

I MOTIVI DELLA BORSA FREDDA SU PIANO DEUTSCHE BANK

Perché i mercati restano scettici. Il Sole 24 ore ha indicato i principali motivi: “Ancora troppo alto il target del rapporto costi-ricavi al 70%, sia pur se ridotto dal 93%, quando altre banche concorrenti stanno tra il 50% e il 60%. Poco ambiziosi i RoTE dell’investment banking e di gruppo rispettivamente al 6% e all’8% tra tre anni. Il CET1 che cala al 12,5% lascia aperti i dubbi sull’opportunità o meno di un aumento di capitale”. Non solo: “Carente in dettagli la C.R.U. (Capital release unit) dove verranno trasferiti 74 miliardi di RWA e 288 miliardi di esposizione leverage ma che, al contrario di una classica bad bank che costa e assorbe capitale, non si capisce bene come libererà 5 miliardi di capitale tra tre anni, da ridistribuire agli azionisti con buy back e dividendi. E troppo in ritardo rispetto alla concorrenza l’investimento da 13 miliardi in information technology per il 2022, di cui quei 4 miliardi sui controlli interni appaiono veramente tardivi alla luce di continui scandali sul riciclaggio di denaro sporco e coupon/dividend washing”.

L’APPROFONDIMENTO DEL PIANO DEUTSCHE BANK

Il piano Sewing comporterà enormi oneri di ristrutturazione che Deutsche stima in 7,4 miliardi al 2022. La gran parte, 5,1 miliardi, verrà sopportata nel 2019, che perciò terminerà con perdite ingenti (nel secondo trimestre il rosso è atteso a 2,8 miliardi), ha sottolineato Mf/Milano Finanza: “Per trovare le risorse, tuttavia, la banca non ricorrerà ad aumenti di capitale, ma agirà sui requisiti patrimoniali, riducendo il Cet1 ratio, e non distribuirà dividendi per due anni. Dal 2022, grazie alla reinvenzione, Db conta di distribuire 5 miliardi ai soci fra buyback e cedola, riconquistando una stabile redditività con un ritorno sul capitale tangibile dell’8%. Ce la farà? Per gli analisti il piano è solido, ma potrebbe risultare ottimistico date le difficoltà d’esecuzione. Gli esperti di Bofa, per esempio, sono scettici sulla possibilità di Deutsche di sopportare i costi di ristrutturazione senza chiedere ulteriori sforzi agli azionisti”. Dubbi riflessi nell’andamento del titolo ieri e oggi a Francoforte.

IL COMMENTO DI SILEONI (FABI)

Il caso Deutsche Bank tiene banco anche in Italia: “Ciò che sta succedendo in Deutsche Bank rappresenta “il fallimento del modello di business e la riorganizzazione annunciata tende principalmente a trovare una soluzione di sopravvivenza al proprio interno per evitare il rischio di essere acquisiti da entità statunitensi o europee”, ha detto all’Agi, Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) commentando la decisione della più grande banca d’Europa di ridurre di 18.000 persone la propria forza lavoro e riorganizzando completamente la propria attività.

“La Bce in Italia si preoccupa per gli Npl e ha obbligato le banche a svendere i prodotti. Le società che hanno acquistato crediti deteriorati faranno danni incalcolabili al territorio”, ha spiegato Sileoni, aggiungendo che in Db “il conto viene fatto pagare ai 18mila lavoratori che non hanno alcuna responsabilità della situazione venutasi a creare in questi anni. Se qualcuno pensa di poter realizzare anche in Italia questo ‘pseudomodello’ di far pagare ai lavoratori la colpa delle nefandezze fatte, farà un grosso errore e farà conti con il sindacato”, ha concluso il segretario generale della Fabi.

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