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Vivendi

Che cosa cambierà per Vivendi e Mediaset dopo la tosta sentenza Ue

Tutti gli effetti per Mediaset e Vivendi della sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue che ha accolto il ricorso del gruppo francese: ora Vivendi può aumentare la partecipazione in Mediaset ma c'è necessità di rivedere la legge Gasparri sugli incroci azionari nel settore media e tlc

Possibilità per Vivendi di aumentare la partecipazione in Mediaset con l’obiettivo potenziale di completare la scalata. Necessità di rivedere la legge Gasparri sui tetti agli incroci azionari tra televisione ed editoria.

Sono questi i due effetti indiretti della sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue. Ecco tutti i dettagli.

“La disposizione italiana che impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset è contraria al diritto dell’Unione”. Così la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla vicenda Mediaset-Vivendi.

“Tale disposizione – si legge ancora – costituisce un ostacolo vietato alla libertà di stabilimento, in quanto non è idonea a conseguire l’obiettivo della tutela del pluralismo dell’informazione”.

I giudici Ue sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto da Vivendi contro la decisione dell’Agcom, che aveva “congelato” al 9,9% le quote azionarie in Mediaset della società francese in forza della legge italiana sul Sistema integrato di comunicazioni. Vivendi contestava anche la compatibilità della legislazione nazionale con il diritto dell’Unione.

La Corte di giustizia europea ribalta, dunque, uno dei capisaldi della legge Gasparri e dà ragione a Vivendi nella causa contro Agcom e Mediaset.

Il divieto imposto dall’Authority al gruppo francese di detenere contemporaneamente il 24,5% di Tim e il 28,8% di Mediaset è contrario alla normativa europea, hanno scritto i giudici di Strasburgo in una sentenza di portata «storica», ha sottolineato il Corriere della Sera.

L’articolo 43 comma 11 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar) vieta a qualsiasi società i cui ricavi nelle comunicazioni elettroniche, anche attraverso società controllate o collegate, superino il 40% dei ricavi complessivi del settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni (Sic) ricavi superiori al 10% dei ricavi del Sic stesso.

Per questo l’Agcom aveva vietato a Vivendi di detenere il 29,9% dei diritti di voto in Mediaset, avendo già il 24% di Tim.

Secondo la Corte Ue questa norma costituisce «un ostacolo vietato alla libertà di stabilimento, in quanto non idonea a conseguire l’obiettivo della tutela del pluralismo dell’informazione».

È sulla base di quella norma del Tusmar che il Biscione fece leva a fine 2016 nel rivolgersi ad Agcom contro Vivendi, ricorda oggi il Sole 24 Ore: “Erano i giorni della “scalata” di Vivendi a Mediaset, seguita al gran rifiuto da parte dei francesi di acquisire, come da accordi, Mediaset Premium e all’immediato contenzioso. Dopo qualche mese Agcom è intervenuta per vietare a Vivendi di mantenere tutte le sue quote contemporaneamente in Tim (dove è primo azionista col 23,9%) e in Mediaset (dove è il secondo con il 28,8% e il 29,9% dei diritti di voto). Il gruppo francese ha cosi parcheggiato il 19,19% di Mediaset in Simon Fiduciaria. L’impatto è stato non da poco anche perché Mediaset, facendo leva su decisioni giudiziarie, ha sempre negato accesso e voto nelle assemblee a Simon. Vivendi ha fatto ricorso contro la delibera Agcom al Tar che a sua volta si è rivolto alla Corte Ue con un “rinvio pregiudiziale”. Ora il responso”.

L’effetto immediato della sentenza della Corte di giustizia Ue è di fatto l’abolizione del divieto di incrocio tra media e tlc, stabilito appunto dal Tusmar.

Questo può riaprire la partita sul riassetto di Mediaset, che Vivendi era già riuscita a bloccare in Tribunale a luglio.

“Quando il Biscione riprenderà il progetto – sottolinea il Corriere della Sera – i francesi potranno dire la loro votando in assemblea con l’intera quota”.

Ma frantumatosi il divieto di incrocio tra media e tlc il Biscione potrebbe anche cambiare strategia. Significativa infatti la nota ieri di Mediaset.

«Se si aprissero possibilità di convergenza tra i leader delle Tlc e dell’editoria televisiva», ha spiegato Mediaset, «valuteremo con il massimo interesse ogni nuova opportunità in materia di business Tlc già a partire dai recenti sviluppi di sistema sulla Rete unica nazionale in fibra».

Come dire: siamo pronti a investire come altri nella società unica della rete nazionale architettata dal governo con Tim e Cdp, ma ovviamente – per Mediaset – non può essere Vivendi il baricentro azionario della società unica visto che il colosso francese è ora primo azionista di Tim (con il 23,94%) e la rete dell’ex Telecom Italia sarà il perno della delineata AccessCo.

Insomma, come si vede la diatriba fra Mediaset e Vivendi non solo non finisce ma si allarga al campo della rete.

Per questo si attendono le mosse regolatorie e normative rispettivamente di Agcom e legislatore per definire nuovamente il campo da gioco.

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