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Cdp, Autostrade e gli strabismi tafazzisti

Che cosa si dice e non si dice sul futuro assetto di Autostrade per l'Italia

Lo Stato gestirà Autostrade per l’Italia. Torna lo Stato nelle autostrade. Il governo caccia i Benetton e si riprende la proprietà di Autostrade.

Sono le più frasi più ripetute dopo l’esito della trattativa fra governo e Atlantia su Autostrade per l’Italia.

Dunque lo Stato avrà la proprietà e la gestione di Autostrade per l’Italia, la concessionaria autostradale finora di Atlantia?

Vediamo.

Secondo lo scenario delineato dal governo nel comunicato di Palazzo Chigi, sarà Cdp il perno azionario della futura Aspi con circa il 33% (un dato non contenuto finora in alcun documento pubblico anche se non smentito).

Cassa depositi e prestiti è controllata con l’82,,77% dal ministero dell’Economia e delle Finanze ed è partecipata per il 15,93% dalle fondazioni bancarie.

E’ sufficiente questo per sostenere che Aspi sarà controllata e gestita dallo Stato, ossia da un ministero? Non pare proprio.

Cdp è una società per azioni di diritto privato che gestisce il risparmio postale.

Con la stessa logica si può sostenere che Enel – siccome ha come azionista il Mef con il 23,59% – è controllata e gestita dallo Stato?

No.

E si può sostenere che un altro campione nazionale come Leonardo poiché tra i soci c’è il Mef detiene il 30,20% è di proprietà statale e ha una gestione statale come una qualsiasi direzione ministeriale?

No.

E si può dire – chessò – che Snam e Terna siccome sono partecipate da Cdp Reti (51% Cassa depositi e prestiti) sono di proprietà e sono gestite dallo Stato?

No.

Eppure quando si parla di Cdp. si tende – in Parlamento, tra i partiti e nei media – a parlare di Stato tout court.

E poi, investire in reti autostradali – ossia in infrastrutture – non rientra nella missione originaria della Cassa visto che si parla di reti e appunto di infrastrutture?

Beninteso: il 16 agosto 2018 Start Magazine, in un editoriale, stimmatizzò le idee chaviste su revoche e altre amenità (ripetute sciaguratamente e dolosamente per quasi 2 anni).

Ma un assetto azionario con Cdp al 33% e fondi italiani e stranieri – in un veicolo che avrà il 55%, come scrive oggi il Sole 24 Ore – non ha lo stesso profilo di un ente statale o di un’Anas qualsiasi.

Tanto più che pure i turbo liberisti di Confindustria ora amano le società statali, come si può arguire dalle prime pagine del Sole 24 Ore.

Cdp, peraltro, già ora ha numerose partecipazioni rilevanti nelle società infrastrutturali di trasmissione del gas (Snam), dell’elettricità (Terna), come detto, della banda ultra-larga (Open Fiber), nonché in società attive nella realizzazione di infrastrutture (WeBuild, Trevi).

In Francia e Germania – con le pervasive e incisive Caisse des dépôts et consignations e Kfw – pochi si sognano di maramaldeggiare su campioni nazionali che stanno contribuendo a non far collassare le economie.

Ma in Italia è sempre in voga un certo strabismo tafazzista.

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