Caro direttore,
ti scrivo per dirti che sto davvero apprezzando la serietà con cui il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti sta cercando di stringere i cordoni della borsa.
Sembra finalmente di essere tornati ai tempi delle cure di Mario Monti o Mario Draghi, quando cioè il presidente del Consiglio più che premier veniva inteso come un bonus pater familias che, da solo, si faceva carico delle sorti di questo nostro povero Stato (e poco importa che sotto il primo ci sia stata la faccenda degli esodati per via di un banale errore di calcolo nella riforma delle pensioni o che sotto il secondo abbiamo avuto il Green Pass che dal punto di vista giuridico è qualcosa che diversi dotti giuristi non hanno mai digerito).
Tempi eccezionali richiedono uomini eccezionali. E tra un’emergenza e l’altra noi italiani ci permettiamo il lusso persino di scegliere il governo: oggi di destra, domani di sinistra, dopodomani chissà. Ma, appunto, Giorgetti, coi suoi continui inviti alla calma sul fronte della spesa, con le mille e più dichiarazioni pubbliche sulla necessità di spending review (a proposito: ma perché sono pubbliche? Anziché offrire lo spettacolo di una maggioranza sempre più dilaniata e divisa su tutto, come mai non chiama a via XX Settembre Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini e non affronta il discorso direttamente con loro?), ci scalda i cuori con quel teporino rassicurante dato dalla presenza paterna di chi si lambicca il cervello per farci arrivare a fine mese lasciandoci liberi di avere la testa proiettata al black friday, alle compere natalizie e a cosa fare per Capodanno,
Ricorderai, direttore, che c’era chi diceva che Giorgetti fosse stato voluto nel governo Meloni da Draghi per assicurare e rassicurare l’Europa che il nuovo governo avrebbe comunque rispettato le scadenze e gli impegni del Pnrr (tutti soldi europei, tra l’altro, che prima o poi andranno per lo più restituiti). E a mettere in riga le sue dichiarazioni quotidiane stavo iniziando a crederci sul serio.
Senonché ieri sera ero a cena con un po’ di colleghi giornalisti ed è venuto fuori che dal dicastero dell’Economia (o quasi: Ita Airways è una società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) sono già decollati gli inviti per i direttori delle grandi testate per il 15 ottobre, quando si terranno grandi festeggiamenti – o quasi, l’invito sembra menzioni espressamente un light lunch: siamo pur sempre in tempi di finanziaria – con tanto di “guest star” d’eccezione e pullman dedicati per arrivare in loco (Cinecittà). Motivo? Celebrare il compleanno della nuova compagnia resuscitata dalle ceneri di Alitalia.
Non bastassero i 12,6 miliardi di euro spesi in nemmeno 50 anni per tenere in volo Alitalia (sì, lo so che alla Commissione europea abbiamo detto che si tratta di tutt’altra cosa, ma c’è qualcuno che ci ha mai creduto davvero, a iniziare da tutti quei giudici che hanno ordinato al nuovo soggetto di reintegrare i dipendenti della società liquidati assieme al vecchio logo e alle vecchie livree?), ora noi italiani dobbiamo pure accollarci le spese del catering di questo compleanno.
E va bene, che sarà mai uno spettacolino privato, a porte chiuse, un rinfresco, una guest star, magari un’orchestrina… dirai tu. Potrei anche essere d’accordo, se qualcuno mi spiegasse cosa c’è da festeggiare in una compagnia che sta in piedi solo perché noi italiani ci siamo accollati la bad company, ovvero le sue passività e che per continuare a volare dovrà essere comunque acquisita da un vettore estero, con buona pace di chi sosteneva che fosse oltraggioso, per uno Stato che vive di turismo come il nostro, perdere la compagnia di bandiera.
Non ci vedo davvero nulla per cui rallegrarsi. O forse si tira un sospiro di sollievo per essere arrivati almeno a questo compleanno? Che cosa dire poi delle innumerevoli cause di lavoro e tensioni sindacali che hanno stritolato la giovanissima compagnia? Cause per lo più perse da Ita Airways?
Insomma, direttore, forse sarò io che sono prevenuto: del resto dopo 12,6 miliardi spesi per Alitalia, è normale essere un pochino pessimisti. Ma sinceramente non vedo motivi per mangiare la torta e intonare “buon compleanno a te”. Anche perché se sfumasse l’acquisizione da parte del gruppo Lufthansa più che un compleanno bisognerebbe già organizzare altre esequie per una compagnia aerea italiana.
Ma, soprattutto, fino a quando non se la compreranno i tedeschi (e dopo mi immagino tanti altri compleanni festeggiati in grande stile…), Ita Airways è una società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze: cioè dal dicastero di Giorgetti che pure continua coi suoi mantra sul risparmio.
Intendiamoci, direttore, il mio non è né un invito al depauperamento francescano né un rigurgito di grillismo in tarda orda: però se sei nel pieno della spending review, se continui a minacciare i tuoi alleati di governi che se non riducono la spesa dei loro dicasteri provvederai tu in prima persona, non puoi farti sorprendere mentre il tuo ministero organizza – o meglio una società controllata dal tuo ministero – festeggiamenti per 700 persone. La forma è sostanza, anche in politica, persino nei conti pubblici. Financo il tecnicissimo Draghi lo sapeva bene e se ricordi accettò di diventare presidente del Consiglio senza retribuzione (e chissà quanto avrà rosicato Silvio all’epoca, lui che era solito a simili coup de théâtre, per non averci pensato quando era a Palazzo Chigi). Quindi se tu inviti gli alleati di una maggioranza già di per sé disunita e litigiosa a stringere la cinghia, devi dimostrare di essere pronto a fare altrettanto.
Anche perché questi festeggiamenti in abito da sera tra i rottami della vecchia compagnia schiantata al suolo sotto il peso dei debiti trasferiscono solo cupe immagini da fine impero. Non certo rampanti istantanee di un nuovo vettore pronto a librarsi verso chissà quale futuro.
Speriamo che i tedeschi gestiscano tutto con maggior rigore. Almeno. Ma forse basterebbe anche solo un po’ più di serietà.
Tu che ne pensi?
Tuo
Claudio Trezzano
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