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Bcc

Carige, ecco le ultime polemiche su Bcc e Cassa centrale banca

Il commento di Marco Bindelli, vice presidente e consigliere delegato ai rapporti con il Credito Cooperativo e le Capogruppo del Banco Marchigiano-Credito Cooperativo (gruppo Ccb)

 

In questo periodo di anomala crisi governativa ferragostana, l’unica notizia finanziaria che tiene banco sembra essere l’operazione di salvataggio di Banca Carige Spa.

Dopo il via libera della Banca centrale europea (Bce) al progetto elaborato dal Fondo interbancario dei depositanti (Fitd) che prevede l’intervento di Cassa centrale banca (Ccb) ed in attesa delle determinazioni (non scontate) dei soci liguri che dovranno decidere se accettare di diluire le proprie quote a favore della Capogruppo trentina, sono intervenuti illustri accademici, esperti bancari e giornalisti economici.

IL PROF. FRANCESCO CAPRIGLIONE SU IL SOLE 24 ORE

Il 18 agosto scorso, sul principale quotidiano economico nazionale di Confindustria, il Sole 24 Ore, è intervenuto il prof. Capriglione proponendo un’analisi critica dell’operazione deliberata da Ccb ed evidenziando dubbi di legittimità costituzionale della riforma delle Banche di credito cooperativo (bcc) a seguito dell’intervento del quale si discute. L’ex Condirettore centrale addetto alla consulenza legale della Banca d’Italia, ha anche sottolineato alcune violazioni di norme bancarie e la necessità di apportare modifiche legislative compensative alla legge di riforma su cui era già intervenuta positivamente l’attuale (ex?) maggioranza ed ai contratti di coesione sottoscritti dalle Bcc e dalla capogruppo trentina.

Difficile aggiungere ulteriori elementi all’analisi giuridica e regolamentare dell’ex avvocato dell’organo di vigilanza, sia per la puntualità della disamina che per lo spessore accademico e professionale dell’autore.

ANGELO DE MATTIA E IL PROF. MARIO COMANA SU MF

De Mattia, nel suo scritto del 20 agosto, riferendosi ad autorevoli posizioni espresse che avanzavano dubbi sull’operazione da parte di Ccb (il riferimento al prof. Capriglione è fin troppo evidente) concludeva che “è da ritenere tuttavia che la materia sia stata approfondita”. L’ex consulente dell’allora Governatore di Bankitalia Antonio Fazio aggiungeva poi che “nei limiti in cui questo intervento concorre con altre operazioni per potere meglio sostenere le finalità in questione appare difficile contestarlo e addirittura muovere da qui per sollevare dubbi di costituzionalità della riforma delle bcc, implicitamente ammettendo che l’operazione di Cassa Centrale è in armonia con la legge ordinaria di riforma che si vorrebbe impugnare”.

Di fatto, De Mattia non spiega quali siano le finalità mutualistiche e cooperative perseguite con l’operazione Carige dalla capogruppo del Gruppo bancario cooperativo (Gbc) con sede a Trento.

Sarebbe, inoltre, interessante anche per chi opera nel credito cooperativo da oltre 25 anni ed ha partecipato attivamente alla costituzione del gruppo di Ccb, conoscere come questo intervento concorra con altre operazioni (quali?) al sostenimento delle finalità mutualistiche e cooperative del gruppo.

La cosa nota ed incontrovertibile è che la Capogruppo verserà 163 milioni di euro (63 come capitale e 100 per il subordinato) al di fuori del credito cooperativo, mentre ci sono Bcc in difficoltà alle quali basterebbe molto meno per essere risanate, peraltro con il rischio di indebolire la garanzia per i soci clienti delle Bcc che hanno aderito al gruppo.

Inoltre, “aiutando” i soci privati di Carige a valorizzare i loro asset ed evitando che il sistema bancario possa pagare una liquidazione importante, il Fondo di garanzia del credito cooperativo non verrebbe coinvolto in caso di necessità.

Come De Mattia, anche il prof. Mario Comana, nella sua analisi pubblicata ieri (21 agosto) da MF, parte dall’assunto che la matrice cooperativa del gruppo Ccb non venga comunque lesa, indipendentemente dal fatto che l’operazione possa comportare violazione di norme primarie e/o secondarie.

Il professore della Luiss, pur senza porsi il problema della coerenza giuridica con la normativa vigente, fornisce una pregevole giustificazione industriale in cui si danno per scontati una serie di eventi positivi senza però considerarne i relativi rischi.

A titolo di similitudine viene richiamata l’operazione di Ubi Banca che ha portato all’incorporazione di tre delle quattro good bank nate dalla risoluzione delle banche per effetto della frettolosa applicazione del bail in (tra queste anche Banca delle Marche), dimenticando tuttavia di citare i numerosi sportelli delle banche incorporate chiusi da Ubi Banca subito dopo la fusione.

Sicuramente per i marchigiani l’esempio non appare incoraggiante e foriero di speranze, a meno che non venga espressamente garantito dalla capogruppo che, in tutti i casi di sovrapposizione che si avranno a seguito della fusione in Ccb, saranno chiusi solo gli sportelli della ex Carige. Ipotesi, tuttavia questa, che a detta del prof. Comana, dovrebbe risolversi in altro modo: “dove c’è sovrapposizione, non sarà difficile stabilire regole del gioco come hanno sempre fatto tutti i gruppi, fino a ieri numerosi, che avevano più aziende bancarie nelle stesse aree”.

Inoltre, sempre per il prof. Comana, una delle principali ragioni che avrebbe indotto la capogruppo trentina ad intraprendere l’operazione è proprio quella di avvalersi “della struttura dell’attuale Carige, che non è un insieme di sportelli ma una rete articolata, dotata delle opportune strutture di governo e di controllo. Non una commodity ma un asset ben definito e da qui deriva la valorizzazione dell’azienda genovese”. La questione della ripartizione degli sportelli Carige tra capogruppo e Bcc, nonché dei relativi rapporti di concorrenza all’interno del gruppo, non sembrerebbe chiara nemmeno con la ricostruzione del professore della Luiss.

Infine, l’ordinario di Economia degli intermediari finanziari, immaginando la futura compagine societaria post fusione, valuta entusiasticamente addirittura “la compresenza di un’anima squisitamente privatistica in un gruppo cooperativo”, senza però spiegare come questa componente riuscirà ad accettare le finalità mutualistiche e cooperative che lo statuto sociale della capogruppo (oltre alla legge di riforma e alla regolamentazione bancaria) impone al Gbc.

CHE COSA HA SCRITTO  IL FATTO QUOTIDIANO

In poche righe e con lo stile che contraddistingue Il Fatto Quotidiano, il giornalista economico Carlo Di Foggia, che in più occasioni si è occupato della riforma delle Bcc, ha scritto ieri (21 agosto) che “il salvataggio di Carige segna un primo passo verso la fine del credito cooperativo come lo conosciamo: una novità dirompente, ma relegata a polemica di settore”.

Dopo una breve analisi numerica dell’operazione Carige per conto di Ccb, Di Foggia conclude: “Si è detto che questa mossa di stampo sovietico (ndr. la riforma delle Bcc) era l’unica possibile, perché molti piccoli istituti erano in crisi. In realtà si sono perpetuati conflitti di interesse e faide locali in una holding che ha il ruolo di direzione e coordinamento delle Bcc aderenti, con facoltà di emanare disposizioni vincolanti. Bankitalia si è raccomandata di agire sempre con finalità mutualistiche, che con la remunerazione del capitale hanno poco a che fare. L’emergenza è sparita, ma sembra essere servita per consegnare un pezzo rilevante del credito italiano alle logiche delle Spa, cioè al mercato. Oggi le holding puntano a espandersi, domani potranno essere prede”.

Non c’è dubbio che i sospetti evidenziati da Il Fatto Quotidiano preoccupano molte Bcc aderenti sia al gruppo Ccb che a quello facente capo ad Iccrea, ossia a quelle componenti del credito cooperativo che hanno creduto alle finalità della riforma proposte e sponsorizzate dall’organo di vigilanza, dalle associazioni di categoria e dalle candidate capogruppo.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Alla luce di quanto sopra esposto, anche bypassando le questioni giuridiche e regolamentari affrontate dal prof. Capriglione e pure ipotizzando (in astratto) che l’operazione Carige sia priva di rischi e quindi assolutamente conveniente per il gruppo Ccb, analogamente a quanto espresso alcune settimane fa qui su StartMag, rimane il dubbio della opportunità di affrontare un investimento così importante in questo particolare momento in cui il gruppo appena costituito, ossia in una rilevante fase di assestamento dove peraltro dovrà affrontare l’importante esame dell’Asset quality review (Aqr), necessita di azioni di efficientamento e di importanti investimenti tecnologici.

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