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Caltagirone, Iervolino e i patrioti lussemburghesi di Delfin difenderanno l’italianità di Mediobanca-Generali. Gulp

Dossier Mediobanca-Generali. Le mosse della lussemburghese Delfin della famiglia Del Vecchio. L'attivismo della famiglia Caltagirone. Le ambizioni di Iervolino (L'Espresso). Fatti, nomi, numeri e approfondimenti

 

Tornano a riaccendersi i riflettori intorno a Generali e Mediobanca. Sembra così di tornare a poco più di un anno fa, quando Leonardo Del Vecchio (morto poi a giugno 2022) e Francesco Gaetano Caltagirone hanno cercato di prendere le redini del board del Leone di Trieste.

Con due articoli, a firma di Giovanni Pons e di Walter Galbiati, il quotidiano la Repubblica ieri ha segnalato con decisione la possibilità di una scalata al cuore della finanza, su quel tratto di strada che da Milano porta a Trieste, sede del colosso Assicurazioni Generali.

I “patrioti della scalata” – così vengono definiti sul quotidiano diretto da Maurizio Molinari – ovvero Delfin, Caltagirone e i Benetton potrebbero cominciare a muoversi fin d’ora, in vista dell’appuntamento autunnale con il rinnovo del board di Piazzetta Cuccia.

Alla base di tanta attenzione il fatto che l’Ivass venerdì scorso ha accolto la richiesta di Delfin (con sede in Lussemburgo) di poter esercitare diritti di voto sopra la soglia del 10% nella compagnia assicurativa. La holding finanziaria della famiglia Del Vecchio, però, ha gettato acqua sul fuoco mentre i titoli di Generali e di Mediobanca sembra abbiano tratto giovamento da tanta attenzione. Ma andiamo con ordine.

COSA POTREBBE ACCADERE IN AUTUNNO CON IL RINNOVO DEL CDA DI MEDIOBANCA

Secondo Pons – che firma un articolo dal titolo chiarissimo “Assalto a Generali” – il tentativo di scalzare i poteri forti potrebbe cominciare con la scalata a Mediobanca. “Se Delfin, forte del nulla osta dell’Ivass, nei prossimi mesi incrementasse la sua partecipazione fin quasi al 20%, con un notevole esborso di denaro gli equilibri potrebbero ribaltarsi alla prossima conta delle azioni”. Il primo test avverrebbe, appunto, ad ottobre con il rinnovo dei vertici di Piazzetta Cuccia. “Le due partite sono intrecciate perché Piazzetta Cuccia ha in pancia il 13% di Generali e dunque controllare a monte significa avere un grande potere anche a valle” per questo “sono cominciate le manovre finanziarie. Caltagirone ha comprato azioni ed è salito poco sotto il 10%, alcuni rumor dicono che anche i Benetton, come avevano già fatto in Generali, abbiano messo insieme un pacchetto di azioni Mediobanca vicino al 5%. E poi altri imprenditori, come Danilo Iervolino, hanno spostato i loro interessi su Piazzetta Cuccia, in una sorta di manovra a tenaglia”. Non diversamente, dunque, da come si era comportato Del Vecchio, storico azionista di Generali, che nel 2019 aveva cominciato a comprare azioni Mediobanca, “scalando” l’istituto di Piazzetta Cuccia prima fino al 10% e poi fino al 20% del capitale.

In sostanza, oggi si starebbe organizzando un gruppo di soci che potrebbe prendersi il 40% del capitale per avere il controllo del cda, previo accordo magari con il board uscente per evitare quanto accaduto con l’ultimo rinnovo dei vertici di Generali che ha visto uscire vittorioso l’amministratore delegato, Philippe Donnet, e Mediobanca che lo sosteneva.

COME SI PUO’ SCALARE GENERALI

Galbiati, invece, mette sul tavolo le ipotesi per scardinare l’intreccio fra Mediobanca e Generali. Per controllare il Leone di Trieste, spiega, si possono prendere tre stare diverse: scalare Mediobanca, scalare direttamente la compagnia oppure ottenere alcune modifiche di legge che impediscano il voto di lista o il voto dei titoli presi a prestito.

Nel primo caso la memoria torna a ottobre 2020 quando si è presentato per la prima volta in assemblea Del Vecchio con la Delfin che aveva in pancia una partecipazione pari al 10% del capitale mentre oggi – guidata da Francesco Milleri – possiede il 20% di Mediobanca. Caltagirone ha invece in tasca il 10%, i Benetton starebbero sotto il 5% e un piccolo gruppo di altri imprenditori, tra cui Danilo Iervolino proprietario del settimanale L’Espresso, avrebbero un altro 5%. Se, come probabile, il board uscente presenterà una propria lista, questi possibili scalatori “dovranno convincere un’istituzione finanziaria riconosciuta a presentare una lista alternativa” per avere il consenso della Bce e poi per raccogliere più voti di tutti.

Del resto, ricorda Pons, quando Del Vecchio chiese alla Bce di poter salire oltre il 20% – e quindi di essere determinante per il controllo di Mediobanca – si sentì rispondere che sarebbe stato possibile solo a un soggetto vigilato da Banca d’Italia. Dunque, se Delfin e Caltagirone ed eventuali altri alleati del mondo imprenditoriale volessero presentare una lista per controllare la banca d’affari, dovrebbero mandare avanti un soggetto vigilato (ad esempio una Sgr bancaria) e poi – dopo aver vinto – fare in modo che nessuno dei sostenitori possegga oltre il 50% dei voti. Senza dimenticare la necessità di “un banchiere di standing disposto a fare da capofila” e un piano industriale “migliorativo” rispetto a quello appena presentato da Nagel. A meno che non si opti per una lista del board uscente con alcuni amministratori indicati da Delfin e Caltagirone, ipotesi di cui – riferisce Pons – le parti starebbero già discutendo (e il nome più citato sarebbe quello di Vittorio Grilli).

Se invece si optasse per scalare direttamente Generali, in questo solco si collocherebbe la richiesta all’Ivass da parte di Milleri così da evitare il replay di quanto accaduto ad aprile 2022 con la conferma di Donnet e la sconfitta di Caltagirone (che a settembre 2021 aveva siglato un patto di consultazione con Del Vecchio). “E’ chiaro che se Delfin salisse fino al 20%, come è autorizzata a fare (ci vorrebbero 2,8 miliardi per rastrellare il 10%) – scrive Galbiati -, potrebbero cambiare gli equilibri. E in una convocazione straordinaria, con un colpo di mano, si potrebbe arrivare a destituire l’attuale cda”.

Infine, c’è la strada che porterebbe in Parlamento: Caltagirone più volte ha mostrato il suo favore per le due proposte di legge volte a cambiare le norme per la presentazione delle liste del cda, sia in Mediobanca sia in Generali, o a vietare che i titoli presi in prestito possano essere utilizzati per votare la propria lista. Se finora il colpo non è riuscito “ora però il vento è cambiato e l’obiettivo di Caltagirone di creare ‘una grande multinazionale con sovranità italiana’ può trovare molto più ascolto a Palazzo Chigi”.

L’OK DELL’IVASS A DELFIN E LA PRECISAZIONE DELLA HOLDING SU GENERALI

Forse per evitare ulteriori rumors Delfin ha diramato una nota per precisare che la richiesta presentata all’Ivass il 17 aprile scorso 2023 e accolta il 30 giugno per poter esercitare diritti di voto per più del 10% in Generali, “si è resa necessaria – ai sensi di legge – in conseguenza del piano di acquisto di azioni proprie avviato da Assicurazioni Generali nell’agosto del 2022 e implementato nei mesi successivi, piano che ha determinato il superamento involontario, da parte di Delfin, della soglia del 10% dei diritti di voto esercitabili in Assicurazioni Generali, alla luce della sospensione dei diritti di voto per le azioni proprie acquistate dalla società”. Questa richiesta, dunque “non sottintende alcuna particolare strategia di Delfin, se non quella di agire in conformità alle regole rispetto alla propria posizione quale azionista della compagnia assicurativa triestina”.

Poche ore prima l’Ansa aveva riferito che, secondo fonti finanziarie, nella richiesta all’Ivass di salire sopra la soglia del 10% in Generali c’era la volontà della Delfin di voler essere azionista di lungo periodo nel Leone alato.

I COMMENTI ALLE MANOVRE SU MEDIOBANCA E GENERALI

Oggi sulla vicenda tornano parecchi quotidiani ma la lettura di Repubblica è al centro dell’attenzione di La Verità secondo cui il giornale fondato da Eugenio Scalfari “vede patrioti pure in Generali” e “lo fa in chiave sovranista (complice l’affondo di Caltagirone)”, ha scritto Claudio Antonelli. Insomma, secondo il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro il via libera dell’Ivass porta La Repubblica a riaccendere le speculazioni intorno allo scontro che ha visto Del Vecchio e Caltagirone battagliare contro il management di Mediobanca. Risultato? Il titolo Generali arriva al +5,6% e chiude a +3,38% mentre quello di Mediobanca sale fino al +2% e termina le contrattazioni a +1,55%.

Per La Verità “la scelta di Repubblica, cioè aprire il giornale con tale notizia, non appare di natura giornalistica” e anzi “l’informazione rilevante non è l’autorizzazione a salire ma sarebbe stata il diniego”.

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