Di solito la chiusura di un giornale e il licenziamento di tanti giornalisti è una cattiva notizia, almeno per chi lavora in una redazione.
Ma la decisione di BuzzFeed di chiudere la sua parte di news e tagliare il 15 per cento dell’organico potrebbe essere un ottimo segnale per il futuro del web e dell’informazione: è la fine di un modello fondato sui click, il crollo della doppia dittatura del traffico e dei social, cioè dell’idea che i contenuti siano semplici supporti pubblicitari, anche quelli giornalistici.
Nel suo libro Mercanti di verità, l’ex direttrice del New York Times Jill Abrahmson ha raccontato l’ascesa del modello BuzzFeed, che nel 2006 inizia a intossicare il web con quei contenuti che poi sarebbero diventati la norma: celebrità, gattini, gag, titoli a effetto per attirare l’attenzione.
Dopo aver contribuito a creare Huffington Post, sito di news e opinioni ancora quasi tradizionale, nel 2006 Jonah Peretti capisce che è meglio sfruttare le opportunità che il web offre, invece che lamentarsi dei rischi.
Diventa un modello di cinismo e creatività e impone un modello di business poi seguito da editori in teoria molto più seri: contenuti gratuiti, pensati per intercettare l’attenzione dell’utente senza scrupolo alcuno, al fine di vendere pubblicità. Con i social a fare da vetrina.
Nel 2012, BuzzFeed sceglie di puntare anche sul giornalismo: ha il traffico, cerca anche l’impatto e il prestigio. Peretti si affida a Ben Smith, oggi co-fondatore del nuovo sito Semafor.
Oggi BenSmith ricorda con orgoglio un tempo già mitizzato in cui il sito dei gattini competeva con quelli di antico prestigio, nell’illusione che ci fosse un pubblico interessato tanto all’ultima principessa dei film Disney quanto agli scandali del sistema giudiziario americano.
Cosa è andato storto? Ben Smith parla vagamente di una svolta delle piattaforme social “tra 2015 e 2017” con l’affermarsi di una visione “più oscura dei social” e il distacco delle piattaforme dal modello di web che BuzzFeed aveva contribuito a creare.
Non è molto chiaro, ma tra 2015 e 2017 c’è il 2016 con l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Se BuzzFeed è andato in crisi, sembra dire Smith, è colpa di Trump e dei social.
Di sicuro la situazione di BuzzFeed oggi pare drammatica, ha chiuso il 2022 con una perdita di 201,3 milioni di dollari su un fatturato di 436,7.
Il modello si è inceppato, i social non portano più abbastanza traffico, l’insieme della galassia dei siti di BuzzFeed ha visto un calo del tempo dedicato dagli utenti del 21 per cento nel 2022.
Dove sono finiti 624 milioni di ore prima usate per guardare contenuti di scarso livello informativo pensati solo per accalappiare l’utente in cerca di svago?
Difficile che siano state usate per leggere il New York Times, più probabile che siano state usate su TikTok, chissà.
Comunque sta finendo un’epoca, quella dei contenuti pensati per spostare traffico da una piattaforma a un sito, quindi su misura della piattaforma invece che del lettore. Facebook è in declino, Twitter è diventato sempre meno ordinato e caotico da quando è arrivato Elon Musk (da qualche giorno nessuno ha più la spunta blu, che ora è a pagamento: io l’avevo da dieci anni, senza averla mai chiesta, e di certo non pagherò).
Prima Instagram poi TikTok hanno dato il colpo di grazia: social pensati come sistemi chiusi, che scoraggiano l’uso dei link perché vogliono trattenere il traffico, non farlo defluire altrove.
Un intero modo di concepire i contenuti e in particolare il giornalismo all’improvviso non ha più senso, o almeno non ha più un modello di business.
Se non c’è il traffico e manca la pubblicità fondata sui grandi volumi abbinata, che incentivo c’è a produrre contenuti spazzatura? O a produrre così tanta spazzatura da poter pagare anche un po’ di giornalismo serio, come ha fatto BuzzFeed imitata da tante altre testate, anche in Italia?
Senza più questo modello di business, cade anche l’interesse a usare ChatGpt e in generale l’intelligenza artificiale per produrre contenuti fotocopia utili solo per fare click, visto i click non sono più remunerativi.
Il modello BuzzFeed, fondato sulle piattaforme, ha divorato sé stesso. Nel deserto che sta lasciando, forse, ci sarà spazio di nuovo per contenuti sensati e che cercano di offrire un valore all’utente, invece che limitarsi a solleticare le parti meno razionali del suo cervello.
In fondo è anche la mia scommessa con questi Appunti, che un po’ di gente interessata a contenuti diversi ci sia. E voi cosa dite?
(Estratto di un articolo pubblicato nella newsletter Appunti di Stefano Feltri, ex direttore del quotidiano Domani)