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Superbonus

Ecco i veri responsabili del buco da Superbonus

Cosa non convince della tesi del Foglio sulle responsabilità del buco da Superbonus per l'edilizia da addossare alla Ragioneria generale dello Stato. L'analisi di Gianfranco Polillo

 

Chi ha sbagliato sul bonus per l’edilizia, che sta dissanguando le casse dello Stato? Il Foglio non ha dubbi: la colpa è del Ragioniere generale dello Stato. Auspicabili le sue dimissioni. Magari fosse tutto così semplice e lineare. Colpire uno per educarne cento: non era questo uno dei tanti pensieri del Presidente Mao? A volte il radicalismo può essere anche di centro e non solo di destra o di sinistra. Ma gli effetti perniciosi non sono poi così dissimili.

Ciò che non convince nelle tesi del Foglio è la sua semplificazione giuscontabilistica. In ogni mese che passa, la percezione del disastro legato alle ristrutturazioni di civili abitazioni, villette, condomini e castelli si dilata a dismisura. Cifre per centinaia e centinaia di milioni di euro fanno la loro comparsa sui tableau degli analisti finanziari. Mentre le varie Procure della Repubblica sono mobilitate nella ricerca di truffe erariali di importi consistenti. Basterebbe questo per crocefiggere chi non ha colto, con il necessario anticipo, quel che stava bollendo in pentola.

Difficile, pertanto, difendere il principale imputato che Il Foglio, senza esitazione, addita alla pubblica opinione. Nella generale ed indiscutibile condanna vanno tuttavia collocati, a pieno titolo, ben altri protagonisti. Non dimentichiamo chi fu “il padre” di quella riforma (articolo de Il Foglio – 11 maggio 2023). Al secolo Riccardo Fraccaro: due intere legislature (2013 – 2022) spese sulla tolda di comando del MoVimento. Ex dipendente di una società che si occupava di energia, il che la dice lunga sui suoi interessi. Prima segretario della Camera dei deputati, poi Questore della stessa, con Roberto Fico presidente, quindi ministro dei Rapporti con il Parlamento ed infine sottosegretario alla Presidenza del consiglio, nonché segretario del Consiglio dei ministri con delega al CIPE ed all’aerospazio. Una potenza, nella fase in cui Giuseppe Conte, dismessi i panni del semplice mediatore tra Di Maio e Salvini, diveniva il capo dell’alleanza giallo-rossa.

La legge sul bonus del 110 per cento fu costruita attribuendo al contribuente italiano un suo “diritto soggettivo”. Quello di poter ristrutturare la propria abitazione, nel nome dei supremi interessi dell’ecosistema, ponendo i relativi costi, interamente, a carico dell’Erario. Come se quest’ultimo fosse un’entità astratta e non la risultante di quel bilanciamento tra entrate ed uscite, quindi tra diritti e doveri, che rappresenta il sale delle moderne democrazie. Senonché l’imperativo categorico della difesa dell’ambiente fece sì che all’esercizio di quel potere non fosse posto vincolo alcuno. Il che spiega perché quel finanziamento non fosse riservato ai soli ceti meno abbienti, ma esteso a tutti: case, condomini, ville e finanche castelli.

Chi avrebbe eccepito, ponendo vincoli, sarebbe stato asfaltato da quella maggioranza politica destinata a tradurre in pratica le magnifiche sorti progressive dell’intero Paese. Inutile aggiungere che, in simili circostanze, qualsiasi quantificazione preventiva della spesa sarebbe risultata impossibile. Qual era infatti la platea dei possibili beneficiari? Infinita. Quali i vincoli? Nessuno. Il ministro dell’Economia avrebbe dovuto eccepire. Ma a Via XX Settembre sedeva Roberto Gualtieri e credo che questo sia di per sé sufficiente. Poteva il Ragioniere dello Stato rifiutare una quantificazione impossibile? Certamente, salvo presentare contestualmente le sue dimissioni. E subire l’accusa di sedizione. Neppure Guido Carli, da governatore della Banca d’Italia, come disse in una famosa Assemblea della Banca, avrebbe osato tanto. Rispettoso, come sempre era stato del primato delle istituzioni rappresentative.

La verità è che il tecnico, di fronte alla protervia del potere politico, non ha strumenti reali di contrasto. La Ragioneria poteva del resto contare su altri filtri istituzionali. Il Servizio bilancio della Camera e del Senato, avrebbero potuto eccepire. Senonché la responsabilità politica della decisione ultima, salvo voto contrario della commissione Bilancio, rientrava nelle prerogative del sottosegretario di Stato all’uovo delegato. Quindi strada bloccata. Ed allora non rimaneva che ipotizzare un intervento del Presidente della Repubblica, cui spetta il controllo di costituzionalità delle leggi. E la mancata copertura finanziaria di un provvedimento contrasta con lo spirito e la lettera dell’articolo 81.

In altre occasioni questa prerogativa era stata esercitata, rinviando la legge in Parlamento con un messaggio motivato. Nel caso del bonus si è deciso diversamente. Non conosciamo le relative motivazioni. Sta di fatto che le responsabilità in questo vero e proprio attentato, nei confronti della finanza pubblica del Paese, sono diffuse. In primo luogo del Governo e della sua maggioranza parlamentare. E non è giusto cercare salvifici capri espiatori per assolvere i veri protagonisti dell’intera vicenda.

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