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Bcc, Iccrea sfotte Ccb e il governo nicchia

Cosa sta succedendo nel credito cooperativo (Bcc). La stilettata di Pastore (Iccrea) a Cassa centrale banca (Ccb) e il problema delle Bcc banche significant

La riforma del credito cooperativo ha modificato la struttura e l’immagine di un mondo vecchio di 130 anni. E ha pure innescato confronti e riflessioni che potrebbero portare ad ulteriori significativi cambiamenti. Almeno è quanto lasciano presagire le parole di Mauro Pastore, direttore generale di Iccrea, una delle due capogruppo formatesi dopo il 2016, e il dibattito che si sta animando sul problema delle banche significant. Ma andiamo con ordine.

L’AVVISO DI PASTORE SUL FUTURO DELLE BCC

In un’intervista al Corriere Economia Pastore, classe 1965, dg di Iccrea Banca da giugno 2019, spiega chiaramente la sua previsione per l’avvenire del mondo cooperativo: “Penso a un gruppo che nel prossimo futuro possa consentire alla singola Bcc di continuare a essere l’attore principale in quasi tutti i piccoli e medi comuni in cui ci troviamo ad operare, coniugando efficienza e sostenibilità nel lungo periodo. Però, perché ci sia un lungo viaggio, occorre che le banche siano profittevoli e che abbiano una gestione del rischio che sia quantomeno a livello della media delle altre. Tutto questo ci potrà consentire di salvaguardare un modello di credito di cui il Paese ha fortemente bisogno”.

E poi, tanto per essere ancora più palesi, a proposito della scissione che ha portato alla nascita delle due holding, Cassa Centrale Banca e Iccrea: “Ho fatto di tutto perché ciò non accadesse, lo ritengo un errore – ha affermato Pastore che dal 2010 ha guidato la maggiore Bcc, quella romana -. Un errore ma non irreparabile, io auspico che sia temporaneo. Quando sento dire che per le banche medie c’è bisogno di aggregazioni, allora dico che un giorno si dovrà ragionare pure tra questi due gruppi”.

Rilanciando l’intervista a Pastore, il quotidiano l’Adige ha fatto notare qualcosa che sembra andare ancora in questa direzione: “Nessuno lo dice a microfono aperto ma nel mondo del credito cooperativo trentino, invischiato nelle diatribe, anche legali, sulle fusioni e sul ruolo dei soci nella nuova governance del sistema dopo l’avvio del gruppo nazionale di Cassa Centrale Banca, è voce comune: questione di tempo, poi si arriverà ad un unico, grande gruppo bancario nazionale del credito cooperativo. Con il rischio dovuto ai vincoli del patto di coesione che le lega al gruppo che le Casse rurali (e le Bcc nel resto d’Italia) finiscano con l’essere mere filiali di strategie decise altrove”.

IL CREDITO COOPERATIVO IN CARIGE

Per quanto riguarda l’apertura all’esterno, Ccb nei mesi scorsi ha partecipato al salvataggio di Banca Carige, diventando il secondo azionista di maggioranza (8,34%) con l’opzione di acquistare tutte le quote del Fondo interbancario (79,99%) entro due anni. In tal modo Ccb si trasformerebbe nel primo azionista di Carige. Ccb – del credito cooperativo – si è dunque inserita nel business di una banca spa. Iccrea non ha seguito la stessa strada e alla domanda del Corriere Economia sul perché la sua holding si sia smarcata, Pastore ha nicchiato: “Non ho studiato il dossier, non so rispondere”. Una stilettata a Ccb, secondo molti osservatori del mondo del credito cooperativo.

BINDELLI: ECCO I PROBLEMI DEL CREDITO COOPERATIVO

Cosa stia succedendo all’interno del credito cooperativo lo spiega a Start Magazine Marco Bindelli, vice presidente e consigliere delegato ai rapporti con il Credito Cooperativo e le Capogruppo del Banco Marchigiano-Credito Cooperativo (gruppo Ccb). “L’errore non è aver costituito il gruppo Ccb ma sta nel fatto che le due capogruppo non stanno rispettando i propri doveri. Il primo dovere – chiarisce – è quello di intervenire sulle Bcc in difficoltà invece di incentivare fusioni tra Bcc che vanno bene (ricordo che con la nascita dei Gruppi bancari cooperativi le fusioni devono essere autorizzate dalla capogruppo), non fosse altro per rispetto di quelle che vanno bene e che hanno sottoscritto l’accordo di garanzia reciproca”. Dunque, si domanda Bindelli, come fanno le capogruppo ad intervenire sulle Bcc in difficoltà? “Con gli strumenti offerti dalla legge di riforma, ossia con le azioni di finanziamento di cui all’art. 150-ter del Testo unico bancario che le capogruppo fanno finta di non conoscere. Ovviamente, nel caso di Ccb c’è l’aggravante dell’operazione Carige, ossia la distrazione di risorse finanziarie a favore di una Banca spa”.

TURCO: IL GOVERNO E’ ATTENTO ALLE REGOLE SULLE BCC

Nel frattempo il fermento nel credito cooperativo non sfugge a Palazzo Chigi. “Il Governo ha seguito con attenzione il dibattito alla Camera sulle Bcc in occasione del percorso di conversione in legge del decreto sul sistema bancario del Mezzogiorno e ha accolto gli ordini del giorno presentati da diverse forze di maggioranza e opposizione. In tal senso, si avverte la necessità di affrontare il tema anche insieme a Federcasse coinvolgendo il Parlamento e le Autorità di settore” ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mario Turco, che nei giorni scorsi ha partecipato al convegno “L’accesso al credito per le Pmi. Le novità dopo la riforma del Credito Cooperativo” organizzato dalla Banca di Taranto-Bcc Credito Cooperativo in collaborazione con la Confcommercio Taranto. Turco ha condiviso “la preoccupazione delle imprese socie e clienti delle Bcc per una possibile riduzione dei prestiti, a causa di un approccio normativo europeo che è andato via via penalizzando chi fa credito nei territori con finalità mutualistiche” e ha fatto sapere che è in corso un’interlocuzione “per valutare la possibilità di affrontare la questione dell’adeguatezza della normativa rispetto al ruolo delle banche di credito cooperativo affinché il principio di proporzionalità risk based sia realmente e quotidianamente applicato così come l’analisi delle possibili soluzioni per considerare anche formalmente le Bcc ciò che sono ovvero banche ‘less significant’”.

IL PROBLEMA DELLE BCC “BANCHE SIGNIFICANT”

E’ infatti particolarmente d’attualità – e non di poco conto – la questione che coinvolge le 227 Bcc che sono state obbligate dalla riforma a confluire in Iccrea e Ccb. Con questa operazione, infatti, le banche di credito cooperativo sono diventate significant – ossia significative sotto il profilo del rischio – e rientrano nel gruppo dei grandi istituti sottoposti al Meccanismo di vigilanza unico che fa capo alla Bce. Il paradosso però, spiegano a Start Magazine gli addetti ai lavori, è che le Bcc sono considerate significant soltanto a causa dell’adesione ad un gruppo bancario cooperativo e questo comporta che una piccola Bcc con anche solo quattro o cinque sportelli venga assoggettata alle stesse regole previste per i colossi bancari europei, con tutto quello che ne consegue in termini di possibilità di (non) finanziare pmi, artigiani e famiglie. Un problema che è sentito anche in Parlamento: basti pensare a un ordine del giorno al decreto Milleproroghe dei deputati leghisti e di due deputati Pd con cui si chiede al governo di valutare se è il caso di “convocare e avviare senza indugio” un confronto – anche tramite un tavolo apposito – “di natura sia politica sia tecnica per individuare le modalità più adeguate ed efficaci per risolvere la questione della coerenza delle attuali norme bancarie rispetto alle finalità mutualistiche e al loro esclusivo ruolo di servizio allo sviluppo inclusivo e partecipato delle economie locali”.

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