Come evidenziato ieri da Manola Piras su Start Magazine, l’emendamento per salvare Carige è stato proposto nel decreto legge Crescita e porterebbe un “tesoretto” da 700 milioni di euro immediatamente utilizzabile attraverso una fusione con una piccola banca.
L’emendamento, presentato alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera a firma di Alberto Gusmeroli ed altri esponenti della Lega, prevede che le “attività per imposte anticipate” determinate dalle perdite pregresse (le c.d. Dta), si possano utilizzare subito anziché spalmate in dieci anni nel caso di aggregazione che porti ad avere una banca con meno di 30 miliardi di attività.
In altre parole, grazie alla possibilità di utilizzare le Dta, la banca incorporante realizzerebbe immediatamente un importante rafforzamento patrimoniale, ossia il miglioramento del principale indicatore di solidità, il Cet1, che solitamente si riduce sensibilmente per effetto dell’incorporazione di una banca in deficit di patrimonio.
L’emendamento n. 9.03 il cui titolo è “Incentivo all’aggregazione tra banche di medie e piccole dimensioni e scissioni bancarie”, pur essendo stato pensato per le banche medio/piccole ed in particolare per alcune banche popolari del sud (Popolare di Bari in primis), riveste particolare importanza anche per le Banche di credito cooperativo (Bcc) confluite nei neocostituiti Gruppi bancari cooperativi facenti capo alle due Capogruppo, Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca.
La norma, se definitivamente approvata, incentiverebbe da una parte le Bcc, che fino ad ora non avevano svalutato tutti i propri crediti ammalorati, ad operare una completa pulizia di bilancio con l’emersione delle Dta e, dall’altra, le Bcc sane ad incorporarle agevolmente nella consapevolezza che il proprio Cet1 non sarebbe eccessivamente penalizzato (capita spesso infatti che banche sane subiscano un brusco deterioramento della propria solidità patrimoniale in conseguenza dell’incorporazione di banche con consistenti portafogli creditizi deteriorati, a volte rilevati solo dopo che è stato avviato il procedimento di fusione).
Anche le Capogruppo, Iccrea e Ccb, risulterebbero agevolate nel loro dovere impositivo di “pulizia” e trasparenza dei bilanci delle Bcc affiliate, oltre che in quello, già raccomandato il 4 gennaio 2017 dalla Banca d’Italia, di favorire processi aggregativi al fine di rafforzare, anche prospetticamente, la stabilità dei singoli intermediari e dell’intero sistema del credito cooperativo.
Tale approccio, infine, potrebbe favorire un ulteriore innalzamento dei livelli di copertura del credito ammalorato che, non riflettendosi integralmente in un’erosione dei coefficienti patrimoniali, consentirebbe anche un approccio più “prudente” nei confronti di eventuali operazioni di cessione di Npl (Non performing loan), sia in termini di coerenza economica che di attenta gestione delle connesse situazioni di difficoltà dei clienti (senza accanimenti spesso evitabili). Processo, quello della cessione dei Npl, che anche alcune grandi banche italiane stanno ripensando in termini strategici .
Passata la campagna elettorale europea, tenuto conto che martedì 28 maggio l’emendamento dovrebbe essere discusso in Commissione, sarebbe opportuno che l’attuale maggioranza parlamentare, così come ha fatto con le modifiche apportate nel 2018 alla legge di riforma delle Bcc, si ricompattasse ed approvasse lo stesso nell’interesse e a tutela del credito cooperativo e delle banche medio/piccole in genere. Al fine di evitare discriminazioni nei confronti di quelle Bcc che, senza l’intervento patrimoniale delle Capogruppo o di altri soggetti, hanno recentemente incorporato (a volte con ingenti sacrifici) banche con importanti quantitativi di crediti deteriorati, sarebbe utile se la norma venisse estesa anche a quei piccoli intermediari che hanno già perfezionato la fusione ma che non hanno ancora presentato la propria dichiarazione dei redditi.