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Bcc

Bcc, ecco le richieste di Camera e Senato al governo

Le richieste di Lega e Pd al governo per tutelare le banche di credito cooperativo (Bcc) e le iniziative di Camera e Senato

Il governo non perda ulteriore tempo e si metta al lavoro per le Banche di credito cooperativo, penalizzate dalla riforma del credito cooperativo e dalle regole bancarie della Bce che mettono i bastoni fra le ruote proprio agli istituti di credito più piccoli. A chiederlo sono deputati leghisti e democrat con un ordine del giorno al decreto legge per il salvataggio della Banca Popolare di Bari che ha ricevuto il via libera di Montecitorio due giorni fa con 412 voti a favore, nessuno contrario e 28 astenuti, e che ora approda al Senato.

Peraltro sia la Camera sia il Senato, si ricorda nell’odg, nelle scorse settimane hanno evidenziato “l’urgenza di adottare alcuni puntuali interventi normativi” nei confronti delle Bcc per consentire la migliore attuazione proprio della legge 49 del 2016 che ha riformato il sistema del credito cooperativo.

LA QUESTIONE BCC

Il problema nasce infatti con questo provvedimento che ha obbligato le 227 Bcc a confluire nei due gruppi bancari cooperativi che si sono formati, Iccrea e Ccb. In tal modo sono divenute significant ossia significative sotto il profilo del rischio e rientrano nel gruppo delle grandi banche sottoposte al Meccanismo di vigilanza unico che fa capo all’Eurotower. Il paradosso è che le Bcc sono considerate significant, spiegano a Start Magazine gli addetti ai lavori, per effetto dell’adesione ad un gruppo bancario cooperativo e questo comporta che una piccola Bcc con anche solo quattro o cinque sportelli è assoggettata alle stesse regole previste per i colossi bancari europei, con tutto quello che ne consegue in termini di possibilità di (non) finanziare pmi, artigiani e famiglie.

Insomma, come ha scritto lo scorso giugno sul Fatto quotidiano Marco Bindelli, vice presidente e consigliere delegato ai rapporti con il credito cooperativo e le capogruppo del Banco Marchigiano Credito Cooperativo, “le Bcc vengono considerate, dal punto di vita dei controlli, degli oneri normativi e dei vincoli cui sono sottoposte, alla stessa stregua di colossi europei come Société Generale, Bbva o Deutsche Bank”. Peraltro, ha rilevato, mentre Stati Uniti e Germania – per fare un esempio – “hanno ben compreso l’importanza di avere piccole banche territoriali efficienti e si sono attivati per non penalizzarle” in Italia, che in Europa vanta il maggior numero di pmi, “non c’è stata sino a oggi, a eccezione di qualche miglioria apportata dall’attuale maggioranza alla riforma delle Bcc, alcun tentativo di valorizzare meccanismi virtuosi di concessione di credito alle pmi meritevoli”.

Ora “considerare significant le 227 Bcc italiane confluite nei due gruppi bancari cooperativi porta al paradosso che il numero delle banche italiane direttamente vigilate dalla Bce è quasi il 60% contro l’1% della Germania”. Tra l’altro, ha ricordato Bindelli, “anche quando non erano considerate significant, ed erano vigilate dalla Banca d’Italia, le Bcc “figuravano tra le banche più svantaggiate in quanto enti a mutualità prevalente che scontano vincoli e limitazioni di carattere operativo”.

COSA DICE L’ODG

L’ordine del giorno dei deputati leghisti chiede al governo di valutare se è il caso di “convocare e avviare senza indugio” un confronto – anche tramite un tavolo apposito – “di natura sia politica sia tecnica per individuare le modalità più adeguate ed efficaci per risolvere la questione della coerenza delle attuali norme bancarie rispetto alle finalità mutualistiche e al loro esclusivo ruolo di servizio allo sviluppo inclusivo e partecipato delle economie locali”.

Inoltre si impegna l’esecutivo a valutare se sia opportuno “adottare con urgenza le puntuali modifiche normative necessarie per l’ordinata ed efficace attuazione della legge di riforma delle Banche di credito cooperativo, quali quelle già note e sollecitate dal Parlamento e relative al Fondo temporaneo delle Bcc, alla disciplina delle azioni di finanziamento prevista dall’articolo 150-ter del Tub, agli interventi volontari effettuati a tutela della stabilità finanziaria del settore, all’applicazione coordinata dell’istituto del Gruppo Iva con altri istituti”.

Nell’ordine del giorno i parlamentari del Carroccio ricordano il fatto che le banche di credito cooperativo – in seguito all’attuazione della legge 49/2016 – sono diventate significant “nonostante nessuna di esse abbia assunto nel frattempo i profili strutturali ed operativi di una banca significant”. Ovviamente tale qualifica “espone concretamente le singole Bcc ad una maggiore severità dei requisiti prudenziali rispetto a quelli che sarebbero coerenti e adeguati per proteggerle dai rischi che esse assumono in funzione del loro tipico business fondato sull’erogazione del credito per finalità produttive e sul finanziamento delle famiglie”. In tutto questo si collocano i problemi che potrebbero derivare dalla nuova normativa europea in materia di risanamento e risoluzione delle banche che “accresce i requisiti per le banche classificate come significant in materia sia di fondi propri e altre passività sia di capacità di assorbimento totale delle perdite” e dal fatto che la classificazione come significant esclude le Bcc “dalle misure di proporzionaità derivanti dalle attese modifiche introdotte nel 2019 nel Regolamento 575/2013 che prevede ora la categoria di “ente piccolo e non complesso”.

Senza dimenticare che il recepimento degli accordi di Basilea 2017 “determinerà un ulteriore e rilevante inasprimento dei requisiti prudenziali delle banche” così come “ulteriori costi di conformità, oneri operativi e inasprimenti dei requisiti nell’erogazione del credito” arriveranno dalla imminente nuova normativa e in materia di “finanza sostenibile”.

Secondo i deputati leghisti, infine, “appare al momento sottostimata la stretta creditizia che si determinerebbe nel sistema delle imprese italiane, soprattutto le più numerose (quelle di dimensioni minori), che – nel caso delle Bcc – rappresentano componenti rilevanti delle compagni sociali e comunque i loro principali portatori di interesse, con conseguenze anche sulle dinamiche del mercato del lavoro”.

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