Il senatore della Lega Alberto Bagnai, con un’interrogazione parlamentare del 18 luglio 2019 (Senato n. 3-01032), ha chiesto al Ministero dello sviluppo economico (Mise) delucidazioni circa i tempi di emanazione del decreto ministeriale – atteso per il 31 marzo scorso – con il quale lo stesso Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) e sentita la Banca d’Italia, deve disciplinare i controlli finalizzati a verificare che l’esercizio del ruolo e delle funzioni delle capogruppo dei Gruppi bancari cooperativi (Gbc) risultino coerenti con le finalità mutualistiche delle Banche di credito cooperativo (Bcc).
Il governo, che ha risposto positivamente attraverso il ministro per i rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, sembrerebbe dunque voler stringere i tempi sul decreto attuativo – introdotto dall’attuale maggioranza parlamentare con la Legge n. 136/2018 che ha convertito, con modificazioni, il Dl 23 ottobre 2018 n. 119 – che disciplinerà la vigilanza cooperativa sulle capogruppo dei Gbc e che definirà le modalità di questa particolare vigilanza, specificandone l’ambito e i soggetti abilitati. Sul possibile ruolo e funzione delle capogruppo e sui potenziali soggetti che potrebbero essere abilitati al controllo della capogruppo si è già fatto cenno proprio qui su StartMag il 27 marzo scorso.
I TIMORI DI BAGNAI
Dopo aver richiamato l’art. 45 della Costituzione – con il quale si riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata e si prevede che la legge (a) ne promuova e favorisca l’incremento con i mezzi più idonei e (b) ne assicuri, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità – il senatore leghista ha chiesto di “verificare che le agevolazioni fiscali di cui le banche aderenti godono (direttamente connesse al favor del legislatore per la funzione sociale della cooperazione) non si traducano, direttamente o indirettamente, in un vantaggio competitivo per società capogruppo che invece operano secondo una logica tradizionale di massimizzazione del profitto”.
Il dubbio di Bagnai è che, nell’esercizio delle proprie attività, le capogruppo dei Gbc – costituite con i capitali del credito cooperativo formati con utili che hanno usufruito di benefici fiscali – anziché ispirarsi ai principi cooperativi della mutualità, perseguano (direttamente e/o indirettamente) finalità lucrative o progetti industriali che si pongano al di fuori dell’area mutualistica, generando un problema di tutela della concorrenza ed il rischio di far perdere i benefici fiscali alle Bcc affiliate.
L’OGGETTO SOCIALE PREVISTO DAGLI STATUTI ICCREA E CCB
La preoccupazione leghista può nascere esclusivamente da fatti concludenti che rischiano di collidere con gli statuti delle neo costituite capogruppo Iccrea Banca (Iccrea) e Cassa Centrale Banca (Ccb) che, coerentemente allo spirito della riforma e pur riguardando banche aventi la forma di spa, prevedono espressamente, nel proprio oggetto sociale, l’obbligo di ispirarsi ai principi mutualistici e di sviluppare i territori di competenza e lo scambio mutualistico con i soci, ossia con le Bcc (le quali, è bene ricordare, sono controllate dalla capogruppo per effetto del contratto di coesione ma detengono partecipazioni di ampia maggioranza della stessa capogruppo).
L’oggetto sociale di Iccrea Banca, al comma 4.3 prevede:
“La Società supporta le Banche Affiliate e le altre società componenti il Gruppo nell’esercizio delle rispettive attività, assicurando la stabilità e la solidità del Gruppo, salvaguardando i principi mutualistici e localistici di riferimento e sostenendo la capacità delle Banche Affiliate di sviluppare lo scambio mutualistico con i soci e l’operatività nei territori di competenza”.
Ancora più chiaro ed inequivocabile è il comma 4.2 dello statuto sociale di Ccb:
“Nell’esercizio della propria attività, la Società si ispira ai principi cooperativi della mutualità senza fini di speculazione privata. Essa ha lo scopo di favorire i propri soci e quelli delle altre società appartenenti al Gruppo Bancario Cooperativo, perseguendo lo sviluppo dei territori di competenza, il miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche e promuovendo lo sviluppo della cooperazione e l’educazione al risparmio e alla previdenza nonché la coesione sociale e la crescita responsabile e sostenibile dei territori nei quali opera il Gruppo Bancario Cooperativo”.
I CONTRATTI DI COESIONE E I DOVERI DELLE CAPOGRUPPO
Altrettanto espliciti, con riferimento alle finalità mutualistiche che devono essere perseguite dai Gbc, risultano i contratti di coesione sottoscritti dalle Bcc con le due capogruppo nazionali.
Oltre a disciplinare i principi fondanti e gli obiettivi dei Gbc ispirati a principi cooperativi e mutualistici, i contratti di coesione prevedono chiaramente il dovere della capogruppo di preservare e sviluppare lo spirito cooperativo e la funzione mutualistica del gruppo e il dovere della capogruppo di salvaguardare e promuovere le funzioni e le finalità mutualistiche delle Bcc.
Peraltro, come più volte ricordato, tra i vari doveri della capogruppo verso le Bcc elencati nei contratti di coesione c’è anche quello di promuovere la competitività e l’efficienza delle Bcc attraverso un’offerta di prodotti, servizi, soluzioni organizzative e tecnologiche adeguata alle esigenze del mercato; dovere specificamente richiamato nelle disposizioni attuative di Bankitalia del 2 novembre 2016.
RUOLO E FUNZIONE DELLA CAPOGRUPPO DI UN GBC
Chiarito ed assodato che le capogruppo devono perseguire finalità mutualistiche e non lucrative, il complesso delle norme che interessano i Gbc, nonché ragioni di ordine logico e sistematico, dovrebbero condurre alla conclusione che le capogruppo devono tendere a non massimizzare il proprio profitto o, peggio ancora, quello delle società strumentali (nomen omen), e concentrarsi, invece, sulla redditività mutualistica delle Bcc (intesa come efficienza e competitività delle Bcc) che, peraltro, come ricordato dal senatore Bagnai, godono ancora di alcune agevolazioni fiscali connesse alla indivisibilità delle riserve e, per contro, presentano maggiori difficoltà di capitalizzazione rispetto alle altre banche non cooperative.
D’altro canto, la stessa normativa fiscale, agevolando la tassazione delle cooperative, dovrebbe favorire una maggiore allocazione di utili presso le Bcc piuttosto che presso la capogruppo società per azioni o presso le società strumentali, fornendo, di fatto, un vantaggio competitivo al Gbc perfettamente lecito, ed anzi fortemente voluto dalla legge di riforma in coerenza alle previsioni di cui all’art. 45 della Costituzione, rispetto a quello indebito di concentrare reddito presso la capogruppo, per giunta attraverso operazioni aventi finalità lucrativa o non mutualistica che nulla hanno a che fare con la mutualità cooperativa e delle quali sembrerebbe preoccuparsi Bagnai. Ovviamente, a tal proposito andranno opportunamente individuate chiare ed eque modalità compensative volte a tutelare le Bcc detentrici di quote di partecipazione nel capitale della capogruppo proporzionalmente più elevate (rispetto al proprio Cet1).
In effetti, in ogni gruppo societario il bilancio che interessa maggiormente investitori, creditori e terzi in genere è, solitamente, quello consolidato, e non certo quello della capogruppo o delle società strumentali.
Su tali aspetti, di cui si è già avuto modo di dire più di un anno fa, non c’è stato il necessario ed auspicabile dibattito all’interno del settore, specie nei due Gbc.
Ne consegue che – pur in assenza dell’emanazione del decreto del Mise che deve fissare il controllo governativo del rispetto della mutualità cooperativa delle capogruppo di un Gbc – operazioni che fossero poste in essere dalle attuali capogruppo non ispirate ai principi cooperativi della mutualità, ossia con finalità lucrative/speculative, o che non favoriscono le Bcc o i territori nei quali opera il Gbc, si porrebbero in contrasto sia con l’oggetto sociale che con il contratto di coesione ed esporrebbero le stesse ad una doppia azione: di responsabilità da parte dei propri soci (Bcc) e contrattuale verso i contraenti per inadempimento (le stesse Bcc).
IL SOSPETTO CARIGE
Tornado alla interrogazione parlamentare, è possibile che il dossier Carige attualmente all’esame di Ccb possa aver allertato Bagnai circa i rischi di perdita delle agevolazioni fiscali per le Bcc connessi ad un possibile (indebito) vantaggio competitivo della capogruppo a danno degli altri gruppi bancari (non cooperativi).
D’altronde come rilevato da Enrico Orfano, giornalista del “Corriere del Trentino” (Corriere della Sera), intervenuto il 19 luglio scorso a commento dell’interrogazione parlamentare di Bagnai, viene da chiedersi se “l’ingresso nel capitale della spa Carige, di cui tanto si parla in questi giorni, rientrerebbe nelle finalità mutualistiche”.
Il dubbio potrebbe essere fondato ma la questione è più ampia e richiede un approfondimento sulla documentazione relativa all’operazione in oggetto e sulle ragioni che indurrebbero la capogruppo trentina ad intervenire volontariamente su una banca spa in difficolta per acquisire una quota di minoranza; elementi al momento noti solo agli esponenti di Ccb, ma di indubbio rilievo ed interesse anche per tutti i soci facenti parte di tale gruppo.
Nello stesso tempo, come ha avuto modo di osservare il 20 luglio scorso Claudia Cervini su Milano Finanza “In molti si chiedono che cosa li abbia portati oggi a valutare un’operazione così insidiosa come quella di Banca Carige. … La sfida è certamente ambiziosa, ma la valenza strategica è ancora oscura. Secondo indiscrezioni, sulla discesa in campo si è spesa soprattutto Bankitalia. Va notato che in Liguria il credito cooperativo non si è mai sviluppato veramente e potrebbe essere un’occasione per presidiare meglio la Regione. La partita Carige potrebbe essere anche un modo per accreditarsi presso il sistema bancario italiano, dopo la recente costituzione del gruppo cooperativo. E per crescere più velocemente nel risparmio gestito e nella bancassurance”.
A parte la crescita nel risparmio gestito e nella bancassurance, ammesso che l’operazione rispetti i principi mutualistici del gruppo Ccb e gli interessi delle Bcc aderenti, appare difficile immaginare che l’accreditamento verso soggetti terzi od operazioni strategiche coinvolgenti soggetti diversi dalle Bcc (peraltro in aree non di competenza del Gbc) possano rientrare tra le attività contemplate dall’oggetto sociale o tra i doveri della capogruppo previsti nel contratto di coesione, ovvero in quelle funzioni della capogruppo che il decreto del Mise dovrà disciplinare a breve per una corretta vigilanza cooperativa. Funzioni che in assenza di tale decreto andrebbero comunque svolte con assoluta prudenza e tenendo a cura gli interessi dei soci Bcc.